Tess Parks, Covo Club di Bologna, 23 Settembre 2022
Questo racconto ambientato al Covo ha in realtà origini nel lontano 10 Gennaio 2014, quando Alan Mc Gee – lo storico boss della Creation – venne come ospite a Bologna per presentare la nuova label 359 Records portando con sè John Lennon McCullagh e Pete MacLeod, ma soprattutto il sette pollici di esordio di una ragazza con i capelli lunghi di schiena che guarda il mare, con le braccia aperte come Noel Gallagher nell’iconica foto a Maine Road. Il lato A si chiama “Somedays”.
Questa sera Tess Parks, canadese di stanza a Londra, la suona come primo bis in una versione lenta e inesorabile: quasi volesse farla durare per sempre. Sta godendosi questo ritorno e lo evidenzia in tutto il concerto bolognese, grande professionalità e un trasporto nella musica da farla apparire glaciale con quel suo sguardo perso nel vuoto. Eppure il nuovo “And Those Who Were Seen Dancing” (Fuzz Club) è davvero un grande album che la rilancia dopo le precedenti collaborazioni con Anton dei Brian Jonestown Massacre, ampliando lo spettro psichedelico con reminescenze di Cool Britannia: un titolo quale “Good Morning Glory” – più sulle tracce dei Verve di “A Northern Soul” in realtà – e la t-shirt celebrativa del tour “Be Here WOW” stanno lì a dimostrarlo.
La svolta nella visione di Tess è evidente già dall’opener “WOW” con il suo afflato soul e le tastiere che dettano i giochi; continua con “I See Angels”, venata di psichedelia metropolitana à la Death in Vegas e termina in “Happy Birthday Forever”, quest’ultima un inno che sembra uscito da “Screamadelica”: niente male per un’artista che potevamo etichettare fuori dai radar. La versione live non restituisce forse le finezze dell’album ma ipnotizza, assembla chitarre Telecaster e Fender Jaguar, procede in un mantra diretto da un batterista di sangue italianissimo. E la gente del Covo dalla timidezza iniziale risponde in delirio, accogliendo con entusiasmo anche i brani dalle collaborazioni con Newcombe, che nella resa dal vivo sono quelli che mi hanno maggiormente impressionato, specie una perla rock’n’roll come “Please Never Die” e la lisergica “Cocaine Cat”.
Non mancano canzoni estratte da “Blood Hot” del 2013 come “Gates Of Broadway” e “Life Is But A Dream” (ancora in solo chitarra e voce) a chiudere una bella oretta e venti di set, quando l’erede di Hope Sandoval dei Mazzy Star si lascia andare a un sorriso. E noi con lei.
Foto in Home di Holger Nitschke