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[IT-alien] I started a garden: nel giardino ritrovato di Her Skin
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Il 30 settembre, via WWNBB, è uscito “I started a garden”, secondo punto di approdo per Her Skin. Il nome che troviamo celato dietro il moniker è quello della cantautrice Sara Ammendolia, da alcuni anni presenza attiva nell’ambito indipendente italiano. La ventiseienne modenese ama suonare dal vivo e oltre a essersi esibita in svariati festival, dal Primavera Sound allo Sziget e Ypsigrock, fino in India, ha recentemente preso parte al progetto di Alessandro Baronciani “Quando tutto diventò blu”.
Il nuovo Lp è il risultato di una elaborazione lunga tre anni e segue “Find a place to sleep” del 2018. Durante la fase di scrittura dei brani, l’autrice è cambiata notevolmente, vedendo trasformare non solo il mondo esteriormente, ma anche la stessa visione delle cose: “I started a garden è un album sulle lezioni che ho imparato, le persone che ho amato, il tempo che mi ci è voluto per guarire. Forse ho capito che tutto ciò che seppellisci e ti lasci alle spalle diventa un seme per qualcosa che succederà domani”. L’immagine floreale racchiusa nel titolo e che ritorna nell’ultima traccia (“It’s hard to breathe/I started a garden”) lascia trasparire proprio la necessità di acquisire una nuova maturità e consapevolezza, la volontà, in definitiva, di germogliare.
Ma è anche una declinazione simbolica dell’avere oggi vent’anni, trovarsi nel pieno delle scelte da affrontare e delle decisioni da prendere. In questo senso le tracce dell’album raccolgono un flusso di pensieri che circoscrive la confusione intrinseca di una determinata fase della vita e la difficoltà di trovare il proprio posto. I brani appaiono a tratti scarni e essenziali (come in “Bones”) eseguiti con il solo accompagnamento della chitarra, mentre in altri casi mostrano una produzione più articolata (“Confident”, “Heavy-hearted”) arrivando a definire deliziosi tasselli pop (“Suitable”). Dall’intensità malinconica di “Older”, attraverso il crescendo intimista di “Forget me” (Cause I tried, and I tried I thought I had everything under control), il cerchio si chiude nel finale onirico della title-track, dove Her Skin prova a chiarire il senso del titolo: “Ho iniziato un giardino/ Ho pensato che sarebbe stato d’aiuto/ Ho finito per essere circondata da piante”.
Le canzoni dell’album mostrano un’anima delicata e sono incorniciate da una voce emozionante e cristallina che avevamo già apprezzato nei singoli precedenti (tra cui la romantica “Bad Dates” e un altro brano a tema floristico, “Pricly Pear”, ovvero “fico d’India”). Del resto, come dichiara Her Skin, “anche parlando piano si può sfogare la rabbia e dire cose che feriscono”. Se sul piano musicale i principali riferimenti si possono rintracciare oltreoceano (Phoebe Bridgers, Big Thief), emerge l’assimilazione di influenze molteplici che vanno dal grunge al folk: “in un modo o nell’altro tutto quello che ascolto riesco ad assorbirlo e a spargerlo ovunque”.
(Eulalia Cambria)