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Addio a Piergiorgio Branzi e alla sua fotografia “compromettente”, perché, come ebbe a dire:
“Potrà sembrare un’affermazione azzardata ma, a mio giudizio, fotografare è un’operazione compromettente. Compromettente perché quel fondo di bicchiere che conosciamo, e che capta quel lampo di luce che racchiude un frammento di realtà, è rivolto verso l’esterno, ma l’immagine proviene dal nostro intimo più profondo e nascosto: e ci racconta e ci smaschera.”
Giornalista, reporter, corrispondente per la Rai dal 1960 e dal ’62 dall’allora URSS, per volere lungimirante del Direttore, Enzo Biagi (da quell’esperienza nacque Diario moscovita), collaboratore del grandioso settimanale “Il Mondo” di Mario Pannunzio, firmò uno dei più incisivi e importanti reportage fotografici sulle condizioni sociali dell’Italia del dopoguerra. La girò in bici, da Nord a Sud, e ne tornò con delle serie di immagini straordinarie.
Fu nella cerchia della prestigiosa Associazione Fotografica La Bussola, da cui fuoriuscì per contrasti con Cavalli e in generale per un’attenzione sociale e politica che Branzi aveva e non era condivisa dai sodali di quel gruppo fotografico.
L’amicizia che invece resistette fu con Giacomelli, supportata anche da simile sensibilità estetica. Altro rispecchiamento della visione la trovò nei grandi fotografi francesi che confermò vivendo a Parigi per qualche tempo, affascinato dalla città e dalla sua realtà che lo incuriosiva e restituì in scatti memorabili. Affermò, a tal proposito:
“Parigi è come una femmina. Ti resterà il desiderio di conoscerne la natura profonda, anche se al tuo fianco da tutta una vita”.
Branzi ad un certo punto della sua carriera attaccò la sua Leica al chiodo: per via del suo impegno giornalistico che lo assorbì in modo quasi esclusivo; realizzerà, tra l’altro, grandi inchieste e documentari in Europa, Asia, Africa; riprese la macchina in mano – ma si dedicò pure alla pittura e all’incisione – per portare a termine un reportage sui luoghi pasoliniani, poi continuando a contribuire alla ricerca fotografica anche più sperimentale e collaborando per una ventina degli ultimi anni con Contrasto e Fondazione Forma per la Fotografia.
Si riconosceva in una scelta di essenzialità toscana, di primato del segno:
“Preferisco il bianco nero (…) anche perché noi toscani consideriamo il disegno l’etica stessa di ogni espressione figurativa.”
Piergiorgio Branzi, nato a Signa (Firenze) il 6 settembre 1928, se ne è andato questo 27 agosto 2022.
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