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Nel 2020 Taylor Swift era tornata sulle scene in punta di piedi, un ritorno in linea con la situazione di quell’anno, in cui ogni giorno le abitudini quotidiane erano messe in discussione per combattere un’epidemia più grande di quel che l’uomo potesse pensare: boschi, laghi, infanzia, incanto, racconti, estate e autunno sono stati tutti elementi i quali hanno delicatamente forgiato l’immaginario che ha utilizzato negli album “Folklore” ed “Evermore” che precedono il suo attuale decimo album in studio, “Midnights”; dopo una carriera di interminabili record e successi pop (raggiungendo vette di classifiche, ottenendo la positività della critica, e l’ottenimento di svariati premi) la cantautrice, in un momento di difficoltà globale, percepiva l’esigenza primordiale artistica di bussare alla porta di una vecchia e cara amica che l’aveva accompagnata nel suo straordinario percorso musicale: la penna. L’affiatamento fra le sue straordinarie capacità di cantautorato e il semplice comune oggetto ha dato vita a due lavori che rinunciavano, nel loro intento originario, alle vette delle classifiche e alla fama per creare una sfera intima, calorosa e pacifica dove l’unica regola che chiedevano ai suoi ascoltatori era quella dilettarsi con poesie e racconti. I testi delle canzoni non erano di natura autobiografica ma un amalgamarsi di eventi, situazioni e sentimenti che vedeva protagonisti bambini e adulti abitare e vivere una piccola città incastrata in una sfera di cristallo da agitare, una di quelle che si ritrovano sugli scaffali di negozi di articoli per la casa, che fa sognare, seppur per pochi secondi, ma fa sognare.
Tuttavia, seppur abbia raggiunto un certo spessore artistico sia per la produzione che per i testi, Taylor Swift con la pubblicazione di “Midnights” torna sui passi del suo smisurato successo commerciale, spogliandosi di ogni finzione letteraria adottata, per dare alla luce un album di canzoni autobiografiche sorte da reminiscenze e fugaci quanto vividi ricordi di notti insonni durante l’arco della sua vita.
Il disco nella sua totalità si presenta omogeneo e scorrevole all’ascolto, ed è dominato da synth che abbracciano un po’ un gusto retrò, con velate contaminazioni di elettronica prodotte da Jack Antonoff che impone il suo marchio di fabbrica con conseguente formula per l’immediato successo.
In questo flusso di coscienza di tredici canzoni non vi sono tracce che emergono particolarmente sia da un punto di vista e di scrittura che di produzione musicale; tutto è giusto, fluido, ma nulla di sostanzioso emerge dalla massa, e che ciò sia un difetto o meno è solo da lasciare all’interpretazione delle orecchie di chi ascolta.
All’interno dei suoi testi ritroviamo la Taylor ribelle, a tratti banale, esplicita e l’onnipresente romantica; vi si ritrovano temi delicati e di un certo spessore sociale come il disturbo alimentare e la distorsione della percezione del proprio corpo addirittura censurati nel suo video ufficiale di “Anti-Hero” (primo singolo estratto dall’album): le intenzioni di certo non erano cattive, perché riportano la visione della Swift della propria esperienza con i media e affrontano il becero voyeurismo che da anni assilla le star dilaniando la loro salute mentale solo per fini di gossip e fake news, ma questo è un macro argomento che in questa sede sarebbe complesso discuterne.
Questa cantautrice che illustra ogni forma di sé al grande pubblico attraverso “Midnights” è ben lontana dall’atmosfera intima e fatata dei ritmi di “Folklore” ed “Evermore”, e compie un passo indietro da ogni punto di vista, sia poetico che musicale; seppure vi siano tracce scritte bene come “Sweet Nothing”, “Snow On The Beach” e “Maroon”, non vi si riconosce nulla di nuovo o affascinante nel suo percorso di autrice di canzoni. Altre tracce come “Karma”, invece, rappresentano solo ed esclusivamente la mediocrità di questo ritorno all’origine che delude ampiamente le aspettative degli amanti dei suoi lavori di nicchia.
È un album che i suoi seguaci più accaniti ameranno a prescindere, ed è un prodotto standard che riprende qualche caratteristica dei suoi precedenti in canzoni come come “Reputation” per quanto riguarda la sua controfigura , “Lover” per la produzione (anche in questo album infestata dal marchio di Jack Antonoff) e “Speak Now” per i temi (all’epoca giustificata perché diciannovenne).
Taylor Swift sembra apparire come una poetessa intrappolata nei cliché di fama e successo che non le permettono di svincolarsi, ma d’altronde si sa: il rischio è l’elemento essenziale per cambiare la storia della musica e qui la cantautrice non ne prende alcuno; è la sovrana indiscussa delle classifiche e questo è un territorio più che confortevole per Taylor, che continua a fissare record su record.
Gli amanti della musica aspettano con ansia il ritorno dell’autrice di “Cardigan” ed “Exile”, che per ora vive di successi e gloria in un altro emisfero.
63/100
(Giovanni Di Somma)