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Non ricordo un anno della mia vita senza musica, e anche quest’anno non fa eccezione. C’è stata musica per ogni incontro, banalità, evento, quotidianità, felicità, amarezza e nuova consapevolezza.
Nel 2022 c’è stata anche della musica composta, musicisti che hanno collaborato con me e un piccolo album a mio nome. “Samizdat” é la mia parola dell’anno. Ma è stato anche l’anno di un surreale gatto nero grosso come un maiale e di un buffone con la giacca a scacchi, del Professor W. e de “Il Maestro e Margherita”.
Ecco cosa le mie orecchie si sentono di consigliarvi di ascoltare, tra dieci dischi e una ristampa usciti quest’anno: dischi di genere, scelti con cura critica ma senza pretese enciclopediche; dieci dischi ascoltati, per scelta, con una meditazione ormai d’altri tempi.
- Širom – The Liquified Throne Of Simplicity
Un disco fuori dal tempo e fuori dal mondo, il terzo lavoro del trio sperimentale sloveno è una ridda di suoni, timbri e pulsazioni per una musica che è contemporaneamente di tutti e di nessuno. Echi folk, world, e di psichedelia; si passa in velocità ma con mirabile equilibrio da toni mitteleuropei a sonorità nordafricane, il tutto con un’espressività con pochi eguali.
- Paolo Angeli – Rade
Nuova suite del musicista sardo e della sua “chitarra sarda preparata” che unisce la musica sperimentale ad un’epica post rock. I profumi mediterranei impregnano questo gran disco di un notevole musicista nostrano.
- Ye Vagabonds – Nine Waves
La terza prova del duo folk irlandese si gioca abilmente tra composizioni originali e rivisitazioni di brani tradizionali della musica irish: a colpire è la loro genuinità e trasporto emotivo. Un punto esclamativo nella musica celtica contemporanea.
- Anders Koppel – Mulberry Street Symphony
Partitura scritta dal compositore danese per orchestra e trio jazz, è un album che rimanda all’epica urbana e al respiro abbagliante e vorticoso della musica di George Gershwin. Eseguita dall’Orchestra di Odense con il trio composto dal sassofonista Benjamin Koppel, dal contrabbassista Scott Colley e dal batterista Brian Blade. Uno dei dischi jazz dell’anno.
- Éliane Radigue – Occam XXV
Il nuovo studio drone elettroacustico della veterana musicista francese è uno spettrale lavoro per organo: quarantacinque minuti di immersione nell’altrove, alla ricerca di nuove consapevolezze e di preziosi armonici.
- Immanuel Wilkins – The 7th Hand
Giunto alla seconda prova per la Blue Note, il sassofonista di Philadelphia guida il suo quartetto in un album di feroce convinzione e sorprendente maturità, nonostante la giovane età. Molto del jazz contemporaneo passa per questo disco.
- Kali Malone – Living Torch
Siamo ancora dalle parti della musica drone: “Living Torch” è la nuova composizione per trombone, clarinetto e sintetizzatore della musicista americana. La Malone è una delle voci più interessanti del panorama sperimentale contemporaneo e lo ribadisce qui, tra bordoni ghiacciati di synth e vaporose brume strumentali.
- Tamino – Sahar
Intrigante prova del musicista belga dalle origini mediorientali. Oltre a mettere sul piatto una delle voci maschili più belle dell’anno, Tamino sa sia scrivere buoni pezzi pop che lasciarsi andare a finezze sofisticate, il tutto unito ad un non banale intimismo. Un bel disco di cantautorato moderno.
- Snowdrops – Missing Island
Nuovo album per il trio francese di musica contemporanea: “Missing Island” è una riuscita continuazione del loro discorso musicale dalle atmosfere oniriche e le sonorità a metà tra la classica moderna e la colonna sonora, trovando un buon bilanciamento tra pianoforte, violino, organo e ondes martenot.
- Horace Andy – Midnight Rocker
Il leggendario cantante giamaicano bussa alla corte di Adrian Sherwood: il risultato è una sequenza di brani reggae uno più bello dell’altro, realizzati con la perizia e la nonchalance di chi ormai ne ha viste tante; e lo stesso si può dire della versione dub dell’album, “Midnight Scorchers”. La classe non è acqua – e non è in vendita.
Ristampa dell’anno
Piero Umiliani – Paesaggi
L’italiana Four Flies Records colma una mancanza che durava da più di trent’anni ristampando un gioiello della library music italiana. Edito per la prima volta nel 1971 e uscito dal mercato dal 1980, “Paesaggi” si districa tra jazz, lounge e ambient in un poetico commento sonoro di un’Italia, sia urbana che provinciale, che non c’è più. Un album realizzato dalla penna di uno dei nostri più grandi compositori, con l’aiuto una band – i Marc 4 – di musicisti di tutto rispetto.