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“Tutti i giochi pirotecnici brillano,
illuminano il cielo e poi scompaiono,
ma che fuoco d’artificio è stata la Factory”
Peter Hook
Sono passati trent’anni esatti da quando la Factory, impresa senza fini di lucro made in Manchester, ha dichiarato bancarotta. Fernando Rennis, penna di SentireAscoltare, Billboard e Il Sole 24 Ore, ce la racconta a 360 gradi fra band pionieristiche, vicende drammatiche e occasioni sprecate, nel nome di un’estetica all’avanguardia che ha influenzato il mondo musicale fino a oggi. Senza dimenticare il regalo fatto da Tony Wilson e sodali ad un’intera comunità frustrata dal governo Thatcher, l’Hacienda. Ovvero, “posizionare Manchester al livello culturale di New York e Parigi“.
Il libro di Rennis si avvale di interviste operate con Peter Hook, il grafico Peter Saville, giornalisti e discografici pienamente coinvolti o influenzati dalla Factory come Simon Raymonde di Bella Union e Tim Putnam della Partisan Records. Prima ancora ripercorriamo la storia dell’etichetta nei suoi tratti fondamentali: idealismo, libertà e partecipazione; formata da un collettivo le cui individualità sono accomunate da una smodata passione per la musica ma ognuna diversa dall’altra. Ma soprattutto c’è una bella parte critica dedicata a tutti gli artisti che hanno pubblicato per l’etichetta oltre ai colossi Joy Division, New Order e Happy Mondays; l’influenza di gruppi come gli ESG su LCD Soundsystem o dei Section 25 sui Pavement è cosa forse sconosciuta ai più e a cui viene reso il giusto tributo in “Un Glorioso Fallimento”. Il focus si sposta poi su moda, sport, urbanizzazione.
“Conta più l’arte che i soldi” era il leit-motiv di Tony Wilson. Perchè, come sintetizza Fernando, è stato più importante il lato umano; “la Factory, per la sua storia e i suoi personaggi, è un qualcosa che rappresenta il nostro quotidiano fatto di continue piccole morti e resurrezioni, glorie e fallimenti”.
https://open.spotify.com/playlist/7wmPfbB6ZmJcZsV26ip264
Foto in Home: Tony Wilson, di Kevin Cummins