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Ospitiamo il punto di vista ben argomentato delle amiche di Art A Part of Cult(ure) su un tema molto importante: il fondamentale è parlarne, anche mettendo l’accento sull’opportunità o meno di queste forme di protesta perché resta fermo che le motivazioni di azione in ottica di sensibilizzazione ambientale sono e rimangono meritorie.
Il purè (sì, proprio il purea di patate) e una zuppa sprecati – in tempi in cui si aggrava una crisi alimentare – in una forma di protesta che prende di mira l’arte nei musei: un’ennesima azione ambientalista si fa… accademia.
A cadere nel calderone delle iniziativa dimostrative ecologiste è stato, stavolta, Il Pagliaio, un dipinto ad olio di Claude Monet (esposto al Museo Barberini di Potsdam, in Germania), che due attivisti di Last Generation hanno imbrattato al grido, piuttosto condivisibile nella sostanza, per la verità, di: “Le persone stanno morendo di fame, di freddo. Siamo nel pieno di una catastrofe climatica. (…) Ho paura perché la scienza ci dice che non saremo in grado di sfamare le nostre famiglie nel 2050. C’è bisogno di purè di patate su un quadro per farci ascoltare? Questo quadro non avrà alcun valore se ci troveremo a lottare per il cibo. Quando inizierete finalmente a sentire?”.
Lo scorso 14 ottobre un’iniziativa di questo tipo, ma da parte di Just Stop Oil e alla National Gallery di Londra, era stata rivolta, con un lancio di zuppa in scatola, contro I Girasoli di Vincent Van Gogh che, protetti dal vetro, e non hanno subito danni. Motivazioni dell’atto: “Cosa vi interessa di più? L’arte o la vita? Siete più interessati a proteggere un dipinto o il pianeta?”
Stessa sorte, nel luglio di quest’anno, per mano – è proprio il caso di dirlo – del collettivo Ultima Generazione, per La Primavera di Sandro Botticelli agli Uffizi di Firenze; qui gli attivisti hanno incollato i loro palmi al vetro protettivo del celeberrimo quadro chiedendo: “Quante opere d’arte potranno esserci in un futuro devastato?”.
A luglio la colla colpisce Forme Uniche della Continuità nello Spazio del futurista Umberto Boccioni, esposta al Museo del 900 di Milano; il 21 agosto c’era stato un blitz alla Cappella degli Scrovegni di Padova; sempre ad agosto, alla Gemäldegalerie di Berlino è assaltato da due esponenti di Last generation il Riposo dopo la fuga in Egitto di Lucas Cranach: colla anche qui, e un motto scritto su magliette indossate: “fermatevi con questa follia dei fossili”.
Non dimentichiamo l’azione ai Musei Vaticani, con incollaggio delle mani di due giovani attivisti alla base del gruppo scultoreo del Laocoonte: “Come lui non veniamo ascoltati”. L’affermazione fa riferimento al racconto mitologico – narrato da Virgilio nel secondo libro dell’Eneide – del sacerdote troiano di Apollo, Laocoonte, e dei suoi figli Antifate e Timbreo, assaliti e stritolati da serpenti marini per volontà vendicativa di Atena, che punì l’uomo per essersi opposto all’ingresso del celebre Cavallo di Troia nella città, che attraverso questo stratagemma sarà infine espugnata dai Greci, dopo un decennio di guerra sanguinosa per il controllo dell’Ellesponto.
In altri musei inglesi sono stati oggetto di simili attenzioni Thomson’s Aeolian Harp di William Turner (Manchester Art Gallery), Peach Trees in Blossom di van Gog, The Hay Wain, di John Constable e dell’Ultima Cena di Giampietrino e Boltraffio (alla Royal Academy di Londra) copia di quella di Leonardo.
E non dimentichiamo l’azione collosa degli Extinction Rebellion (il 9 ottobre 2022) sul Massacro in Corea in prestito alla National Gallery di Victoria, in Australia, per la mostra Picasso Century.
Uno dei manifestanti, adulti rispettivamente di 49 e 59 anni, ha detto: “il crollo della società finirà per metterci tutti sulla linea di tiro”, evidentemente convinto che Picasso stesso avrebbe convenuto con lui e apprezzato il gesto che per chi invece conosce bene il pensiero e l’attivismo di Picasso sa che avrebbe contestato perché semplicistico e didascalico.
In più occasioni, i militanti, negli articolati gruppi e sottogruppi sia in Italia sia internazionali, hanno ammonito sui rischi di un pianeta al collasso: “Per questo chiediamo alla cultura di schierarsi con noi e di fare pressione al governo”.
Ma quel mondo è già schierato!
Le comunità dell’Arte e della cultura, opinion leaders, giornalisti, influencer e leoni da tastiera dei Social e, in generale, la collettività si sono divisi tra chi giudica positivamente queste performances e chi negativamente. Qui ci domandiamo se non siano state rivolte ad un oggetto simbolico protagonista delle loro gesta, ovvero l’Arte, assolutamente toppato.
Premesso che molti di noi, me per prima, sono coinvolti in associazioni e azioni virtuose a riguardo dell’ambiente, e che credono nella validità della grande onda ecologista, nella necessità di politiche e azioni incisive a riguardo del Pianeta– la nostra casa e vita, ma condivisa e in comodato d’uso e non di abuso – e nella validità della missione del ribellismo green, reputiamo però che atti come questi contro l’arte usata come emblema da attaccare, siano fondati su un equivoco e tradiscano una profonda non conoscenza della materia.
Che valore possiamo dare a questo loro quesito, “cosa vale di più, arte o vita?”, che parrebbe piuttosto uscire dalla bocca di censori, tradizionalisti se non reazionari, e populisti?
Una grande artista come Marlene Dumas ha detto (Venezia, 2022): “l’arte esiste per aiutarci a vedere di più e non di meno” ; prima di lei, Pino Pascali, nel 1967 affermò: “(…) l’arte è trovare un sistema per cambiare”.
Dunque, pur se in buona fede e a fin di… bene, queste incursioni – che, sia chiaro, non mi scandalizzano ma, semplicemente, mi deludono – sono controproducenti per la causa perché si sono rivolte verso l’oggetto sbagliato (oltretutto, tra le opere d’arte scelte, quelle di van Gogh, così dentro l’università della Natura e per tutta la sua fratturata esistenza bistrattato; e di un protagonista dell’Impressionismo, che patì la reprimenda sociale per la sua rivoluzione visiva e che, anche lui, abbracciò Natura e Luce trasformandone l’essenza nella sua pittura!), anzi: è proprio che non si può ridurre “a ricerca della verità ad oggetto. È esattamente ciò che vuole questo potere, quelle multinazionali” che questi militanti dicono e credono di combattere con tale inefficacia e sicumera.
Meglio sarebbe stato, semmai, un procedere contro filiali di banche, sedi di multinazionali, allevamenti intensivi, disboscamento selvaggio – come ben sapeva la ragazza sull’albero, Julia Butterfly Hill –, industria del lusso – come analizzò lucidamente la canadese Naomi Klein –, l’art System, piuttosto; o spostare la rivalsa su personificazioni di un più preciso potere politico (il neo Re d’Inghilterra, Carlo, per iniziare: ben fatto! [1]).
Perché l’arte non è complice di nessuno e di nulla in questa deriva turbocapitalista; non è un monumento all’/dell’Establisment, non è Status Symbol, emblema di Status quo e dell’indifferenza della Società, non è territorio di benpensanti e di/del del potere, non è un nemico ma è esattamente il contrario: l’Arte e gli artisti lottano da sempre, in un modo tutto loro, per esprimersi e osservare più o meno criticamente il mondo; e comunicano etica ed estetica non omologate, proponendo una prospettiva problematica sulla realtà.
L’arte ha da sempre avuto e ha i suoi problemi per farsi capire, rispettare, apprezzare, proprio per questo suo essere precognitrice, sperimentale, libera, non merita di vedere aumentate le sue difficoltà in un modo tanto ingenuo.
Non solo: non ha alcun senso nemmeno l’assioma espresso in una delle azioni in musei, cioè “avete più a cuore l’Arte che l’Ambiente” prima di tutto perché un ambito e un amore NON escludono gli altri, poi perché si creano pericolosi precedenti (chiunque, per qualunque motivo, potrà fare la stessa cosa, sfruttando l’Arte per campagne che non è detto siano sempre basate su principi e diritti democratici); infine, perché la dichiarazione tradisce la non pertinenza del pretesto scelto d’imperio per sensibilizzare sul problema.
E che se ne parli, che provochi comunque un polverone, non sarà sufficiente, non sarà utile e non sposterà di un millimetro le decisioni o non-decisioni dei governi e degli interessi delle multinazionali.
Per fermare la crisi climatica e ambientale che minaccia la sopravvivenza della nostra e di molte altre specie l’arte non va usata e abusata ma va rispettata e abbracciata perché non si è mai contrapposta alla vita, perché, in sintesi, è “una verifica, un’indagine sulla realtà che cambia continuamente… e l’artista percepisce questi cambiamenti e li ritrasmette nell’opera” (Giuseppe Penone).
Per sapere altro:
Note
1. al Museo delle Cere di Londra, il 24 ottobre scorso, due attivisti di Just Stop Oil hanno lanciato una torta di cioccolato contro le statue di cera di Carlo III e Madame Tussauds per chiedere la sospensione della concessione di licenze e di permessi per l’estrazione di petrolio e gas.
Barbara Martusciello
art a part of cult(ure) è il magazine online nato con l’intento di promuovere, diffondere, valorizzare l’arte contemporanea e più in generale la complessità della cultura nelle sue molteplici manifestazioni.
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