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Nata nel Gennaio 2013, Dio Drone è un punto di riferimento per tutti gli ascoltatori di musiche ‘estreme’ in Italia. Di base a Firenze, in questi dieci anni ha catalizzato il grande panorama underground metal e non solo, collezionando svariate decine di uscite e portando ai suoi festival grandi nomi.
Lo scorso 21 Gennaio, al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino, la Dio Drone crew ha spento queste dieci candeline, lasciando un numerosissimo pubblico nell’oscurità in cui godersi le vibrazioni generate da una line up di alto livello, composta da Gasparotti, Petrolio, Jealousy Party e Iggor Cavalera dei Sepultura.
Abbiamo raggiunto Naresh Ran, mastermind di Dio Drone, per fare il punto della situazione su questo anniversario, ricordando alcuni dei momenti più particolari di questo decennio e su un panorama che, all’estero come in Italia, è sempre vivo e pulsante.
In dieci anni, DioDrone ha ospitato svariate decine di artisti, tra uscite discografiche e concerti, dell’underground italiano (ma non solo) più ‘estremo’. Tutto questo però riuscendo a mantenere una coerenza e una riconoscibilità molto forti. Esiste ancora un nutrito e sano panorama underground quindi, a differenza di quello che dicono in molti?
Esiste eccome, e in Italia è assolutamente fervido e vivo.
Resto sempre piuttosto stranito quando sento persone, soprattutto musicisti, lamentarsi per la carenza di un fermento alternativo nostrano. La realtà semmai è che sono gli spazi disponibili ad essere sempre meno, ma per fortuna il magma underground trova sempre un modo per uscire allo scoperto. Si possono esprimere molte critiche alla cosiddetta ‘scena’, ma non che non esista, e comunque la si chiami è composta anche da nuove generazioni di giovanissimi dai gusti molto più trasversali di quelli che avevo io alla loro età, e che passano senza difficoltà dalla trap al black metal. La cosa mi piace.
Nonostante l’immagine cupa e tetra che traspare da fuori, si respira sempre un’aria di famigliarità in ambiente Dio Drone. Siete ormai diventati la casa, mi viene da dire, di un certo tipo di musica italiana. Vedi interesse nel pubblico e tra i musicisti più giovani?
Ti ringrazio. La prerogativa di Dio Drone è sempre stata quella di rappresentare una zona franca per persone di un certo tipo. Il solo termine ‘Dio Drone’ ancora oggi turba diversi benpensanti che lo ritengono una bestemmia, e questo la dice lunga sullo spartiacque immaginario che la label in qualche modo impersona.
Abbiamo un pubblico di nicchia molto fedele, dal quale percepisco affetto e rispetto in egual misura, e senza togliere niente ai miei coetanei ammetto di avere un debole per i musicisti più giovani che gravitano nel giro di aficionados della label, probabilmente perché mi ci rivedo moltissimo.
Consiglia allora un paio di nomi che dovremmo ascoltare tra le ‘nuove leve’.
Di recente ho contribuito alla pubblicazione del nuovo album dei DEMIKHOV, un trio davvero potente che ho conosciuto on the road quasi 10 anni fa e che ho visto crescere musicalmente in maniera davvero ineccepibile. Ora hanno un loro studio, una label con cui pubblicano e supportano bands esattamente come faccio anche io, e hanno creato musicalmente un proprio marchio di fabbrica assolutamente riconoscibile. Oppure i DIONISIUM, un altro trio dedito però a un doom monolitico e ipnotico, e OZONE DEHUMANIZER, tra hip hop e black metal. Tanto per dirne tre.
Siamo arrivati alla decima edizione del Festival e in line-up avete presentato vari nomi conosciuti, che declinano il rumore in modo originale e personalissimo: Petrolio, Gabriele Gasparotti, i Jealousy Party e il mitico Igorr Cavalera dei Sepultura. Come descriveresti la serata a un ascoltatore meno attento che non conosce i protagonisti?
E’ indubbiamente una line up atmosferica, in modo diverso in ogni sua sfaccettatura. Quattro live molto diversi tra loro che però si completano a vicenda in un equilibrio che ti inghiotte come un gorgo scurissimo. Gasparotti è pura magia Jodorowskiana, impalpabile ed etereo come il fumo del suo incenso, mentre Petrolio è solido magma sotterraneo, denso e materiale, che ti riporta a terra con molta forza magnetica. I Jealousy Party poi sono un fiume in piena di parole e concetti che pretendono attenzione, lanciati su un tappeto di beats irrequieti mai troppo regolari, che si scontrano con il silenzio liquido del set strumentale di Cavalera, un flusso che come un’inondazione abbatte qualsiasi binario e trascina con sé molteplici influenze e suoni di estrazione diversa.
Una nottata dallo spettro decisamente carico.
Arrivati all’anniversario tondo, per forza di cose devo chiederti il momento amarcord. Quale momento non dimenticherai, di tutte le edizioni del festival, e quale rispetto alla vita di Dio Drone in generale?
Difficile sceglierne uno soltanto, ho in mente diverse immagini.
La sera prima del primissimo festival, mentre allestivamo la sala del Rullante Club chiedendoci se far suonare tre progetti contemporaneamente sarebbe stato troppo. La mattina di ‘Avrah Ka Dabra’ (DD Fest VII), quando ho portato Colin degli Amenra a fare colazione al bar sotto casa dove vado di solito, prima di affrontare una delle serate più gelide della mia vita (il festival si svolgeva a dicembre in un chiostro scoperto). La cena in trattoria con Iggor e Laima la sera prima di questo decennale.
Ma in generale il momento che preferisco di ogni festival è quando, dopo la giornata di allestimenti e soundcheck, ceniamo tutti insieme nel backstage prima che lo show abbia inizio. E non c’è tensione o ansia da prestazione alcuna, l’atmosfera è sempre rilassata e piacevole, come se fosse una serata tra amici e niente di più.
Di tutti questi anni diodronici invece non riesco a focalizzare un momento singolo. Nella mia mente è un flusso unico di cose, persone e suoni.
Un flusso bellissimo.
Già in questi dieci anni il mondo della musica è cambiato in maniera drastica. Andando liberi con la fantasia, come te lo immagini il ventesimo Dio Drone Festival?
Una seduta spiritica collettiva in cui invochiamo un concerto di Genesis P.Orridge.
(Tutte le foto sono tratte dal profilo Facebook di Dio Drone)
(Matteo Mannocci)