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Nonostante sia iniziato da poco tempo, il 2023 ha visto fatalmente succedersi una tragica sequenza di morti celebri. La scomparsa di Jeff Beck è sicuramente tra quelle che hanno fatto più notizia. Si può dire che non ci sia stato un solo musicista che non abbia speso qualche parola per dimostrare il suo riconoscimento nei confronti di quello che è universalmente noto come un autentico mago della sei corde. La caratura di questo straordinario artista non consiste soltanto nella indiscutibile perizia tecnica dello strumento, ma anche nella apertura mentale evidenziata nella capacità di affrontare nuovi progetti, stili, generi, e collaborazioni. Jeff si è sempre rivelato in grado di archiviare in fretta le sue esperienze precedenti mostrandosi costantemente in cerca del nuovo. Un atteggiamento che si pone sul versante opposto di quello degli artisti che una volta trovata una “formula magica” vi si adagiano per il resto della vita. In questo incredibile coacervo di esperienze, ci soffermiamo su una delle sue fasi più particolari. Nel periodo che va dal 1999 al 2003 jeff Beck ha sfornato ben tre album in cui, grazie agli incredibili suoni della sua chitarra, addirittura si è avvicinato al mondo dell’elettronica, fondendo il tutto in maniera assai originale.
Nel marzo del 1999 esce “Who Else!” che rappresenta il primo passo in questa direzione. Il songwriting è in collaborazione con Tony Hymas con cui aveva già lavorato in passato per il pluripremiato album del 1989 “Guitar Shop”. Il brano di apertura “What Mama Said”, che vede la partecipazione di Jennifer Batten (già chitarrista di Michael Jackson, tra gli altri), è uno di quelli che fanno saltare sulla sedia al primo ascolto: incastri tra batteria acustica e drum loops elettronici, chitarre tapping, slide guitars psichedeliche, sample vocali creano un vortice dinamico. Un genere di atmosfera che torna anche con la seguente “Psycho Sam” e “THX138”. È ancora un album di passaggio e c’è ancora molto del “vecchio” Jeff come nella registrazione live di “Brush With The Blues” o in “Declan”.
“You Had It Coming” del 2000 è forse il più riuscito del trittico in esame.
Questa volta siamo alle prese fino al collo con i suoni elettronici. La chitarra di Jeff corre a più non posso su ritmiche distorte ereditate dall’industrial della fine degli anni ’90 e veloci break-beats che non avrebbero sfigurato in un disco dei Prodigy. La cosa bella è che di base si sente ancora l’eredità del blues, specialmente nell’uso massiccio della slide. Sembra di trovarsi nella versione distorta e cyber-punk del delta del Mississippi. Il brano di apertura “Earthquake”, che ancora una volta vede la collaborazione con Jannifer Button, è un muro di suono e ritmo incredibile. In “Dirty mind” gli incastri ritmici sono così complessi e articolati, che stupisce sentire come la chitarra blueseggiante di Jeff riesca ad adagiarvisi perfettamente sopra. Anche un vecchio blues di Muddy Waters (uno dei pochi brani cantati dell’album con la spendida voce di Imogen Heap), diventa qualcosa di completamente diverso e trascendente. “Nadia” è la cover di un brano drum’n’bass di Nitin Sawhney che era uscito nel 1999. Beck si innamora della melodia vocale femminile in stile indiano del brano e decide di tentare di replicarla con la chitarra: operazione tanto complessa quanto riuscita, cosa che lo fa diventare un punto fisso del suo repertorio live. “You Had It Coming” è l’album che nessuno si sarebbe aspettato. Quando azzardo e sperimentazione riescono davvero a portare qualcosa di bello, fresco e innovativo.
“Jeff” del 2003 riprende il discorso da dove lo avevamo lasciato con “You Had It Coming”. Per i brani “Grease Monkey” e “Hot Rod Honeymoon” si avvale anche della collaborazioni degli Apollo 440 (quelli “Stop The Rock”). Il secondo pezzo in particolare riesce perfettamente a incastrare cori beachboysiani con i velocissimi beat elettronici e le slide guitars. Finale soft con “Bulgaria”, brano tradizionale riarrangiato per chitarra solista ed archi e l’introspettiva “Why Lord Oh Why?”.
Ci vorranno altri sette anni prima che Jeff sforni un nuovo album (“Emotion & Commotion” del 2010) in cui cambierà ancora, concentrandosi maggiormente sulla liricità della chitarra, perfezionando ulteriormente il suo stile peculiare, sempre in evoluzione, percorrendo così altre strade, alla ricerca di territori diversi in cui sperimentare.
(Eulalia Cambria)