Share This Article
Dopo oltre quarant’anni di post-punk (movimenti revival annessi) penso si possa affermare con una certa dose di sicurezza che sia stata musica per “fattoni chiusi in casa” allora (parole di Simon Reynolds, non mie!), colonna sonora delle adolescenze depresse e anglofile adesso. Nonostante tutta la sua gloria, che riconosco e a cui sono riconoscente, bisogna ammettere che nemmeno il basso sincopato e il riff accattivante di “Damaged Goods”, il singolo più pop dei Gang of Four, siano riusciti esattamente a incendiare le discoteche di mezza Europa. È musica da ballare con la testa, dopo aver partecipato a un incontro indetto dal centro sociale di città sull’autogestione delle carceri. Ci piace per questo.
Quando Jerry Dammers, tastierista della band ska revival The Specials, fondò la 2-Tone Records alla fine degli anni Settanta il progetto era ben diverso. L’idea principale era quella di ritornare alla vitalità delle esibizioni dal vivo provenienti dal soul e dallo ska giamaicano degli anni Sessanta, e condire il tutto con l’attitudine del punk (quasi moribondo per la fine del decennio) e delle sottoculture mod di Londra. Anche l’Inghilterra era pronta, le ondate di migranti giunte dai Caraibi a causa della crisi delle colonie una ventina di anni prima avevano prodotto un longevo sodalizio fra musicisti bianchi e neri nel nord del paese. Il movimento 2-Tone, ispirato all’etichetta, passò alla storia come la vena più multiculturale e moderna della cultura di massa inglese degli anni Ottanta, nervosa e potente, restìa a qualsiasi forma di rock. Gruppi 2-tone quali The Selecter, Madness, The Beat e chiaramente i sopracitati The Specials erano accomunati dalla convinzione che niente di interessante potesse provenire da una chitarra; al massimo questa poteva essere conservata nella sezione ritmica, mixata molto bassa, ma guai a tentare una schitarrata o addirittura un assolo manieristico. La musica va ballata, non ascoltata, e nel farlo bisogna scrollarsi ciò che la musica rock, soprattutto quella proveniente dal decennio del glam e dell’hard, porta con sé: spettacolo, sesso, pastiche.
Questo stesso puritanismo musicale era condiviso da Kevin Rowland, un personaggio che potremmo benissimo ascrivere alla Hall of Fame dei poeti working class britannici, e Kevin ‘Al’ Archer che in quegli anni a Birmingham avrebbero fondato i Dexys Midnight Runners. I Dexys si distaccarono ben presto del movimento 2-Tone, nonostante i primi concerti come gruppo d’apertura dei The Specials: c’è soglia di tolleranza del vecchiume molto bassa nella cultura mod e, per farla breve, la 2-Tone Records l’aveva superata da un pezzo. Eppure, per altri versi, i Dexys si ritrovarono dall’altra parte dello spettro musicale tantoché il loro schizzato esordio, Searching for the Young Soul Rebels pubblicato nel 1980 per l’etichetta discografia del manager dei The Clash e dei Sex Pistols (la Oddball Records), conquistò i primi posti delle classifiche nel Regno Unito. Searching è da molti considerato con cognizione di causa il ponte fra quello che era rimasto dell’anarchismo punk di fine anni Settanta e la sottocultura dei New Romantics di inizi Ottanta, e i segnali ci sono tutti. La copertina, ad esempio, è decisamente la parte più politica del disco: è la foto di un ragazzo cattolico che è costretto a lasciare il suo quartiere di Belfast a causa degli scontri con i protestanti durante il conflitto nordirlandese; nei colori, anche, che vanno dal verde giallognolo al rosso sgargiante delle scritte, non può che ricordare la copertina di “London Calling” dei Clash. D’altro canto però, la prima traccia, “Burn It Down”, apre il disco con la sintonizzazione statica di una radio che passa dai Deep Purple ai Sex Pistols, interrotta qualche secondo dopo dalle grida di Rowland: “oh for God’s sake, burn it down!”.
Searching è divorato dalla ricerca interna di un ritorno alle origini del northern soul, dello ska, del rockabilly, lontano dal pop “masticato”, e lo fa con abbastanza ironia da non far risultare un gruppo di ragazzi bianchi e inglesi che si lamentano delle radici perdute della musica nera uno scherzo di cattivo gusto. Per quello che vale, poi, i Dexys avevano già la sensibilità postmoderna del new pop che avrebbe dato vita agli Human League e agli ABC vari, anche se qui forse ancora troppo offuscata dalle ritmiche ska e da una brillante sezione protagonista di ottoni (solo due anni dopo sarebbe uscita l’ultrapop “Come On Eileen”). La 2-Tone è stata musica di frontiera, una fase di transizione mentre aspettavamo il glitterio degli anni Ottanta, ma nell’esserlo, come sottolinea Reynolds, ha rappresentato uno dei pochi esempi nella storia della musica pop di un revival che potrebbe essere addirittura superiore al suo oggetto di riferimento.
(Viviana D’Alessandro)