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In occasione del suo primo tour europeo e delle sue sei tappe in giro per l’Italia, ho avuto il piacere di intervistare via email la musicista sperimentale filippino-statunitense Ana Roxanne.
La musica di Roxanne è un fluido misto fra jazz, r&b e ambient, ma le sue influenze canore sono il centro gravitazionale dei suoi lavori e spaziano dalla musica corale cattolica alle modulazioni vocali provenienti dalle regioni settentrionali dell’India, comunemente conosciute come parte della tradizione musicale indostana. Il risultato di questa conversazione è stato un’esplorazione naturale del ruolo della voce e il suo utilizzo in ottica sperimentale, oltre che a una riflessione su come questa possa veicolare significati più profondi e legarsi a tematiche intime e politiche, e sulle influenze che l’hanno formata in quanto musicista.
Le date del tour italiano:
19 Marzo, Reggio Emilia @ Studio Blanco
21 Marzo, Torino @ Museo D’Arte Orientale (MAO)
22 Marzo, Milano @ Combo
23 Marzo, Firenze @ Gada
24 Marzo, Ravenna @ Bronsonclub
25 Marzo, Terni @ Caos – Centro Arti Opificio Siri (parte di Degustazioni musicali)
Ciao Ana, come va? So che suonerai molto in Europa questo mese, qual è la tua relazione con il Vecchio Continente e sei emozionata dall’idea di suonare in Italia?
Alla grande! Al momento sto cercando di vincere la mia battaglia contro il jetlag. Sì, sono molto emozionata da questo tour “esteso”, è la distanza più lunga che ho percorso, soprattutto visto che suonerò in posti in cui non ho ancora suonato, come l’Italia! Qualcosa della sua ricca storia mi parla, l’inquietudine dei castelli abbandonati e l’architettura antica sono sempre stimolanti per la mia immaginazione…
Una delle prime cose che mi ha colpito della tua musica è la tua voce e il modo in cui la usi; penso che soprattutto nella musica ambient e nella musica sperimentale in generale abbia il potere di veicolare significati più profondi perché richiama l’attenzione dell’ascoltatore da suoni e atmosfere molto immersive. Quali sono alcuni dei tuoi riferimenti canori e che ruolo gioca la voce nella tua musica?
La voce è tutto nella mia musica. Mi piace utilizzarla come un synth intrinsecamente “emotivo” oppure crearci un “cuscinetto” musicale. Penso che in quanto esseri umani le nostre orecchie riescano quasi sempre a decifrare se un suono appartiene a una voce o se è altamente elaborato. La voce umana è molto personale e può creare un legame istantaneo proprio grazie alla sua umanità. Questa capacità è molto evidente in un coro di voci.
Sono molto interessata anch’io all’aspetto emozionale della voce e la sua intimità. Mi chiedevo se l’espressione canora può essere legata all’esplorazione dell’identità di genere che è presente nel tuo ultimo album, Because of a Flower (2020), siccome ho trovato molto interessanti i tuoi campionamenti di Alessandro Moreschi, l’ultimo cantante castrato. Prendendo in considerazione come la voce è stata il tramite principale con il quale esprimersi per le donne durante il corso della storia della musica occidentale, pensi che l’identità di genere abbia qualche connessione con il modo in cui canti e il modo in cui pensi al canto?
Questa è una domanda complicata alla quale rispondere. Penso sia interessante considerare cosa è maschile e cosa femminile quando si parla di vocalizzazioni in musica, soprattutto oggi che separiamo il sesso dal genere. Presumo che da una prospettiva scientifica, il sesso è stato sempre utilizzato per denotare specifiche caratteristiche del corpo, la sua forma, la sua taglia, etc. Questo modo di ragionare potrebbe essere considerato quando analizziamo le corde vocali, e come la loro lunghezza, la dimensione della laringe e così via, possono influenzare il timbro di voce di una persona e come questa riverbera nelle cavità orali. Suppongo di non essere arrivata ancora a una posizione decisa sulla connessione tra genere e canto, ma quello che so è che mi è sempre piaciuto cantare, mi è capitato di nascere intersessuale e ho scritto un album a riguardo. Forse questa è la semplice connessione per ora.
Una tua grande influenza sembra essere la tua intersessualità e il rappresentare un modello per future generazioni di musicisti intersessuali. La musica ambient è sempre stata considerata un genere apolitico, pieno di suoni rilassanti e calmanti, però penso possa assolvere anche una funzione politica. Dopotutto, ha il potere di creare spazio attraverso la musica e lo spazio che crei con la tua è sicuramente accogliente e comprensivo. La tua esplorazione dell’intersessualità attraverso la musica sembra essere decisamente individuale e intima, però mi piacerebbe sapere cosa ne pensi della fusione fra la tua storia personale e una più sociale e profonda e se questo ha mai influenzato il modo in cui componi.
Penso che la musica ambient, soprattutto quella occidentale ed europea, fosse politica dai suoi esordi quando pensiamo a qualcuno come Erik Satie. Ma per quanto riguarda la mia musica, è stato emancipatorio per me fondere la mia storia personale con una più profonda e sociale. È stato come se stessi dando voce a me stessa e a sua volta come se stessi dando una voce a coloro che potrebbero aver pensato di non averne una prima.
La spiritualità prende diverse forme nella tua musica e nella tua formazione individuale come musicista, dalla tradizione corale cattolica all’humus culturale e religioso che è la musica indostana. Ho anche letto che ti piace l’astrologia, il che mi fa pensare che abbia in qualche modo influenzato l’immaginario naturale che è presente nei tuoi progetti più recenti. Come si uniscono queste grandi tradizioni spirituali nella tua musica?
Sono stata sicuramente influenzata dalla filosofia spirituale e certe tradizioni religiose che ho studiato negli anni. Mi guidano nei momenti difficili e mi aiutano a dare senso al caos della vita. Quindi, di conseguenza, sono incline a far rientrare questi pensieri e queste idee nella musica che compongo.
La tua musica proviene anche da una tradizione secolare, rende omaggio alle grandi cantanti r&b e pop degli anni ’80 come Chaka Chan e Whitney Houston. In un certo senso, penso sia simile alla definizione di “hypnagogic pop” data da David Keenan perché evoca la memoria culturale e l’intrattenimento di massa di epoche passate, ma li trasforma anche tramite le lenti silenziose e sussurrate dei tuoi lavori atmosferici e sperimentali. La nostalgia è mai stata un’influenza ponderata per te?
La nostalgia è sicuramente una mia grande influenza! Sono una persona sentimentale e sono molto influenzata dal mio passato, che questi momenti siano di grande o piccola rilevanza.
Infine, volevo chiederti cosa stai ascoltando ultimamente e se ci sono progetti musicali che ti piacerebbe segnalare! Immagino che qualcuno come te possa apprezzare l’ultimo album di Doon Kanda, Celestial, ma magari ti piace anche la musica più melodica e pop. Ci sono artisti con cui sei ossessionata al momento?
Di recente sono ossessionata con la musica di Shedrick Mitchell, non ho mai ascoltato una musica d’organo così emotiva e il fatto che sia interamente strumentale è affascinante per me in tal senso.
Foto in evidenza di Rich Lomibao.
(Viviana D’Alessandro)