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Sold out per i Preoccupations al Covo, con apertura dei Ghost Woman, ieri sera nel club bolognese. Ancora ci si emoziona per questi assembramenti, parola che oggigiorno ritorna ad avere un’accezione definitivamente positiva dopo gli anni che sappiamo. Evidentemente il quartetto canadese si è nel tempo saputo ritagliare una fetta ampia di affezionati, ed è giusto. Oramai infatti si può dire che per certi versi i Preoccupations sono stati degli antesignani del revival post punk visto che il loro primo full lenght esplosivo (a nome Viet Cong) è datato 2015, qualche anno prima dell’invasione post punk inglese giunta almeno un paio di anni più avanti. Anzi, il nostro Piero Merola fin nel 2014 così sottotitolava: “Due membri dei Women si preparano all’esordio. Sarà un successo”, e direi che ci ha visto lungo.
Ghost Woman
Nonostante ciò, e non per fare lo snob, devo ammettere che personalmente mi sono deciso ad andare al live per la support band, quei Ghost Woman su cui sono inciampato un po’ per caso (vedi T4ATF!) e che hanno fatto uscire un album da pochissimo che ha meritato un’ulteriore news. Su disco i Ghost Woman sono più band (è naturale, le sovraincisioni aiutano…), mentre dal vivo si presentano in due (Evan Uschenko alla chitarra e Ille van Dessel alla batteria, una ragazza belga già nei Poolface) e il suono necessariamente si fa meno strutturato. Anzi, diciamola tutta: sembrano un’altra band. Però mantengono una buona empatia grazie alla 12 corde che usa Uschenko e che gli permette di giocare molto sulle corde basse per creare effetti differenziati di accordo con contemporaneo arpeggio sulle corde alte, e all’andamento drittissimo senza molte variazioni della sezione ritmica. Il risultato finale dal vivo avvicina i Ghost Woman ai Black Rebel Motorcycle Club o ai Division of Laura Lee, ed è una roba piacevole anche se non si capisce perché i GW puntino tutto sull’imprinting psych quando in realtà hanno anche composto delle signore canzoni a livello di melodia, snobbate ieri sera per concentrarsi sull’impatto.
Preoccupations
Impatto che non manca – anzi! – ai Preoccupations, del resto non potrebbe essere altrimenti con un batterista intenso come Mike Wallace: fa smorfie, si contorce, dopo poco rimane a torso nudo e si vede che non si risparmia. Da questo punto di vista dunque quello di ieri sera è stato un ottimo concerto, senza inflessioni di impeto, un continuo muro di suono che ha “pettinato” gli astanti. Il che però, guardato da un’altra prospettiva, è stato limitante in quanto ha appiattito il sound dei Preoccupations. La sensazione è stata quella di ricevere in faccia un guazzabuglio di suoni quando in realtà la band canadese funziona di più – a detta del sottoscritto – se è schizofrenica. Non a caso i brani più riusciti sono stati proprio quelli più appuntiti, suonati con gli accenti giusti e con dinamiche più tendenti al vuoto/pieno: una immensa “Continental Shelf” con a seguire una coinvolgente “Silhouettes” e poi anche la “hit” Disarray, tutti e tre arrivati circa a metà del concerto. All’inizio e alla fine, invece, i Preoccupations non hanno a mio parere emozionato, perdendo tutte le sfumature soprattutto per colpa del cantante Matt Flegel, totalmente inespressivo in una finta grinta vocale (sempre uguale e monocorde) che non modula alcunché. Sul disco è tutta un’altra cosa, evidentemente è un discreto cantante in studio e inefficace dal vivo.
Probabilmente chi cercava una serata di evasione ad alti watt e decibel è rimasto soddisfatto, chi invece si aspettava che i Preoccupations dimostrassero definitivamente di meritarsi quel sold-out è normale che sia tornato a casa con un po’ di amaro in bocca.
(Paolo Bardelli)
Setlist
- Fix Bayonets!
- Ricochet
- Death of Melody
- Slowly
- Advisor
- Recalibrate
- Tearing Up the Grass
- Continental Shelf
- Silhouettes
- Bunker Buster
- Disarray
- Memory
- March of Progress