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“Musica” è il primo album di SASSO, artista torinese già nel duo Anthony Laszlo insieme ad Andrea Laszlo De Simone. L’album, uscito il 24 Febbraio, era stato anticipato dal brano omonimo e dai singoli “Cercatrova” e “Aquila”, che hanno consacrato Sasso tra i progetti più interessanti e originali degli ultimi anni: «è la nostra connessione con l’Universo», come l’ha definito. Un’autobiografia sentimentale, un lavoro che segna un passaggio fondamentale tra il rock stoner dei precedenti brani dell’artista e il futuro maggiormente legato alla psichedelia, all’elettronica, al french touch più acido, passando per i grandi cantautori italiani del passato.
Per presentarci “Musica”, SASSO ci guida attraverso 7 album chiave nella sua formazione e ispirazione musicale.
1. King Crimson, “In The Court Of The Crimson King” (1969)
Beh, cosa dire? Considerato uno dei più grandi album di rock progressivo, nonché uno dei primi esperimenti di travalicamento fra generi e confini del rock tradizionale al jazz alla musica classica. Per la prima volta nella storia costruisce un ponte di coesione, magia e mistero, unendo i generi come se fossero uno soltanto. Capolavoro assoluto. Precursore di tante tante cose. Ancora attualissimo.
2. Beach Boys, “Pet Sounds” (1966)
Undicesimo album pubblicato dalla band californiana, registrato e scritto interamente da quel genio di Brian Wilson, che invece di andare in tour con la band rimane in studio e registra questo capolavoro assurdo, più maturo e lontanissimo dal sound originale della band, cosa che causò litigi con gli altri al ritorno dal tour. A narrare la storia di tutto questo c’è un bellissimo film sulla vita di Brian Wilson intitolato “Love & Mercy”. Il più grande album mai registrato. Il preferito anche di gente come Paul McCartney e Iggy Pop.
3. Lucio Battisti, “Anima latina” (1974)
Il nono album in studio di Lucio Battisti. Molto diverso da suoi lavori precedenti, si intuisce la voglia di sperimentare e l’apertura di Lucio a non rimane fermo ma a muoversi verso “orizzonti più vasti” che in futuro saranno poi il frutto di molti altri album, e non parlo solo del periodo Mogol, ma anche del periodo “bianco” e della collaborazione con Pasquale Panella. Nonostante all’epoca da molti fu stroncato e non capito, è stato e continua ad essere fonte di grande ispirazione per numerosi artisti della scena “indie” italiana e non solo. Ascoltato milioni di volte con mio padre in macchina con lui che sa tutti i testi a memoria!
4. Pink Floyd, “Wish You Were Here” (1975)
Eh si, è proprio questo il mio disco preferito dei Pink Floyd.
La disillusione verso l’industria discografica cinica e spietata è un grande omaggio all’amico Syd Barrett, purtroppo ormai in declino fisico e mentale. Si narra anche che mentre Waters e soci mixavano “Shine on you crazy diamond” entrò un uomo in sovrappeso con la testa e le sopracciglia rasate a zero: all’inizio nessuno lo riconobbe ma presto si resero conto che quella persona irriconoscibile era proprio lui, era Syd. Disco che conosco a memoria, un album con un’anima ed è per questo che non mi stancherà mai.
5. Tito Schipa Jr. – “ORFEO 9”(1970)
Prima opera rock in Italia. Prima opera teatrale da cui è stato tratto un doppio album e poi un film. Una versione moderna del mito di Orfeo ed Euridice. Il nostro “Hair”, fondamentalmente. Direzione musicale curata da Bill Conti e batterie suonate da Tullio De Piscopo. Fra gli attori del film lo stesso Tito Schipa e potete notare anche dei giovanissimi e ancora sconosciuti Loredana Bertè e Renato Zero.
Onirico, hippie, ispirato, sognante e poetico. Una vera chicca, molto sottovalutato.
6. Air – “10.000 HZ Legend“ (2001)
Secondo lavoro del duo francese con la partecipazione straordinaria di Beck e di Sugar Yoshinaga dei Buffalo Daughter. Suoni analogici ed atmosfere sognanti alla Pink Floyd mischiati con altri spietati e freddissimi alla Kraftwerk, sperimentazione e viaggi attraverso la perdita dell’innocenza e la malinconia. Un miscuglio di grande ispirazione per me in quegli anni. Pezzi preferiti “How does it make you feel” e “People in the city”.
7. One Dimensional Man – “You Kill Me” (2001)
Disco che mi ha cambiato sicuramente la vita. E anche il modo di suonare dal vivo. Sembra prodotto da Steve Albini ma in realtà è prodotto da Giulio “Ragno” Favero che ne è anche chitarrista. In Italia in quel periodo non c’era nulla che suonava cosi potente e cosi distante dalle cose alternative di quegli anni. Trio veneto capitanato da Pierpaolo Capovilla, frontman, cantante, bassista e uomo eccezionale, al livello, secondo me, di David Yow dei Jesus Lizard. Batterie super minimali brutali suonate da – a quei tempi sempre nudo dal vivo – il mitico Dario Perissutti. Ho avuto la fortuna di vedere un loro live eccezionale qui a Torino al CSA Gabrio, un concerto indimenticabile.