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“Sono contenta che ci si sia accorti che recito anche per aiutare le donne a star meglio e ad essere più libere”. Così affermò Anna Magnani (ricevendo un premio, come riportato in un articolo di Enzo Rava 1973), la straordinaria attrice che nasceva il 7 marzo del 1908 a Roma, città per la quale ha incarnato la “Mamma” grazie a Pier Paolo Pasolini (Mamma Roma, 1962) e prima di lui Rossellini: per Roma città aperta (1945) nel ruolo di Pina ebbe il Nastro d’Argento, il primo del Dopoguerra, e una dichiarazione eccelsa del poeta Giuseppe Ungaretti:
“Ti ho sentito gridare Francesco dietro un camion e non ti ho più dimenticato”.
Madre lo fu davvero, fuori dagli schemi: ebbe Luca, fuori dal matrimonio, con l’attore Massimo Serato, bello e impossibile.
Nella sua adorata Roma è morta il 26 settembre 1973: troppo presto. Colpita da un tumore al pancreas, era ricoverata nella clinica Mater Dei. Aveva 65 anni,
“Se la morte mi spaventa ancora un po’ è perché vorrei che ciascuno potesse essere se stesso per poter morire in pace… Ho lottato, ho urlato alla vita, e oggi sorrido alla morte”.
In Santa Maria sopra la Minerva, alla sua estrema onoranza, che si distinse come il primo funerale pubblico a ricevere l’applauso, ci fu un bagno di folla che la salutò con ammirazione e affetto veri. Eduardo De Filippo la pianse a lungo e le dedicò una poesia:
“Confusi con la pioggia sul selciato, sono caduti gli occhi che vedevano gli occhi di Nannarella che seguivano le camminate lente sfiduciate ogni passo perduto della povera gente. Tutti i selciati di Roma hanno strillato. Le pietre del mondo li hanno uditi”.
È sepolta al mare, che amava tanto: al Cimitero di San Felice Circeo (Roma), vicino alla sua villa.
Lavorò con i più grandi: Bonnard, Zampa, Lattuada, Camerini, Mattoli, De Sica, Visconti, Jean Renoir, George Cukor, Sidney Lumet, Monicelli… ebbe colleghi eccellenti, Marlon Brando compreso: “…un tipaccio, ma mi piace”. Ma poi: “Lo ammazzerei, qual maledetto, se potessi…”
È stata una e centomila, come fece intendere Gianni Prati su “L’Europeo” (anno XIV, n.8, 23 febbraio 1958):
“Anna Magnani non è una donna: è cento donne insieme, ciascuna delle quali cambia colore come le figurine di un caleidoscopio, ed ora vi appare cordiale, ora segreta, ora selvaggia come i più superficiali sono abituati a dipingerla.”
La nipote, Olivia Magnani, ricorda:
“Ma quale Nannarella, mia nonna era colta e raffinata. Con Totò sfidò i nazisti.”
Si riferiva all’interpretazione dei due – in un terzo capitolo della loro felice collaborazione artistica – in Che ti sei messo in testa?, rivista di Michele Galdieri presentata a Roma nella prima metà del 1944 (al Teatro Valle il 5 febbraio, al Teatro Sala Umberto poi, infine al Teatro Brancaccio), ovvero nel nel periodo di occupazione nazista della capitale.
La pieces teatrale aveva molte battute allusive contro il Regime (“io penso che le pecore sono stufe di belar”), e molto fu censurato ma nonostante ciò mantenne la sua vis caustica e critica contro il fascismo. Cosa che fece in più occasioni e recitazioni (ad esempio con Eduardo Scarpetta).
Ebbene: poco prima della liberazione di Roma, le rappresentazioni di Che ti sei messo in testa? furono sospese: Totò fu costretto a fuggire, avvisato, la sera del 2 maggio 1944, da una telefonata anonima (si dice proprio da un ufficiale tedesco suo estimatore) di un imminente arresto da parte dei Tedeschi, che avrebbero preso anche Eduardo e Peppino De Filippo, che avevano più volte, anche loro, contestato e irriso il regime.
Totò li avvisò mentre erano al al Teatro Eliseo a recitare nel Berretto a sonagli di Pirandello, poi con moglie e figlia riparò a Valmontone, tornando a Roma solo a guerra finita (proponendo, con la stessa compagnia e stesso regista, una nuova rivista, Con un palmo di naso, con un chiaro riferimento alla mutata condizione politica.
“Totò veste i panni di Mussolini e viene sbeffeggiato dalla Magnani (nei panni di Salomè, ovvero dell’intera Italia) sulle note di Ciccio Formaggio, la popolarissima canzone di Nino Taranto. Strepitosa anche la sua caricatura di Hitler, sul tema di Lili Marleen”. (cit. qui)
Anna Magnani, dunque: che Orson Welles indicò come “la più grande interprete nel mondo”; e che ebbe amicizie fuori dal comune, come quella, profondissima, con Tennessee Williams che in lei vedeva l’incarnazione della donna mediterranea e la elesse a “musa ispiratrice e nella sua autobiografia racconta quando veniva a trovarla a Roma”.
Per lei scrisse La rosa tatuata, film un partner d’eccezione come Burt Lancaster) per cui meritò l’attenzione degli Academy Awards e l’Oscar nel 1956. Sarà tra le prime e poche personalità italiane ad avere, allora, la stella sulla Walk of Fame di Hollywood.
Anna, che provava tenerezza per tutti gli animali, era una gattara notturna generosa e stravedeva per i cani:
“Amo le bestie perché non ti fanno male. Ho pianto una settimana quando i russi misero Laika dentro lo Sputnik, pregavo la Madonna perché la salvasse…” .
Anna che amò tanto, e soffrì molto:
“L’amore. Toglietemi tutto. La carriera, la politica, Mike Bongiorno, il festival di Sanremo. Ma l’amore no. L’amore è la pioggia, il vento, è il sole e la notte. L’amore è respiro e veleno.
Certi giorni mi dico: Anna, stai attenta, questa è la cotta che ti ammazza. Perché, sì, di carattere sono eccessiva, smodata. Non mi so fermare, e ogni volta che amo mi impelago fino ai capelli. Che strazio, poi, uscirne vivi. Scappare.
E’ una cosa tremenda, da urlare. Come rialzarsi dal letto e non avere più sangue. Ma poi si ricomincia ed è meraviglioso. (…)
Ho scelto questo mestiere perché avevo voglia di essere amata, di ricevere tutto l’amore che avevo sempre mendicato”.
Anna spiritosa e spinosa, donna di carattere, che non fu però mai diva nel senso tipico del termine. Fu immensa, unica, eccezionale, passionale e talmente intensamente vitale da sembrare immortale. Così non fu, ma Roberto Rossellini – amatissimo compagno che la tradì e la lasciò in modo repentino, rozzo, nel 1948 per Ingrid Bergman, ma che lei poi riuscì a perdonare – quando la Magnani si spense, dirà:
“l’elettroencefalogramma era piatto, ma il cuore continuava a battere, perché aveva un cuore da astronauta.”
Già…: quando nel 1961 il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin approdò nello spazio, proclamò:
“Saluto la fraternità degli uomini, il mondo delle arti e Anna Magnani”.
Un omaggio più universale di così…!
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