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Dio benedica i negozi di dischi. “Every Day should be Record Store Day“: mai reclame fu più giusta, specialmente per un ragazzo di campagna come il sottoscritto che deve macinare chilometri per raggiungere il primo posto agognato alla novità, alla chicca di turno.
Ma un grosso aiuto me l’ha fornito, negli ultimi anni, Discogs. E corrieri e postini (al suo servizio). Questo per dire che mi è appena arrivato un album incredibile dalla romana Radiation, l’omonimo esordio dei Baby Charles del 2008 nella nuova ristampa di Record Kicks – label milanese di Calibro 35 e Hannah Williams, tra gli altri. Un collettivo di otto elementi da Brighton guidato da una cantante, Dionne Charles, che sembra venire da un’altra epoca o meglio da un altro pianeta.
Visto all’uscita come un disco straordinariamente al passo con gli artisti soul USA che emergevano allora quali Sharon Jones e Nicole Willis, intriga per i suoi legami con il rock’n’roll se è vero, come scriveva Pitchfork, che una traccia come “Life’s Begun” molla un riff che poteva essere appartenuto ai Black Sabbath del Vol.4 o “Back Of My Hand” è ugualmente assimilabile agli Who e ai Traffic di Steve Winwood. Una “Indecision” sui medesimi bpm di “Satisfaction”. Ma se già due indizi fanno una prova è una tesi resa ancora più veritiera dalla cover inclusa in scaletta, un’esplosiva quanto psichedelica “I Bet You Look Good On The Dancefloor” che gli Arctic Monkeys avevano pubblicato solo due anni prima; i Baby Charles rallentano, ma amplificano, il groove dell’originale con una middle section da urlo, tra richiami boogaloo e fiati e organo hammond a danzare liberi tra loro. Chitarre fantastiche anche nel singolone “No Controlling Me” mentre “This Time” mi ha ricordato nelle atmosfere Paul Weller quanto i gruppi protagonisti dell’ultimo revival mod come i Moons.
Mark Lamarr della BBC Radio 2 firma le note di copertina raccontando il suo approccio con il gruppo di Brighton, ospitato in Tv proprio per eseguire il pezzo di Alex Turner e soci. Il senso di frenesia e eccitazione che provoca un debutto del genere, analogo a una new-sensation dell’indie-rock come abbiamo visto. Io l’ho ascoltato tre volte di seguito oggi, consegnatomi poche ore fa. Finendo con la recensione di Pitchfork: “You can’t believe it wasn’t recorded in the 1970s“.
Foto della band cortesia di Record Kicks