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SZA – Accor Arena, Paris – June 5, 2023
Un pubblico così caldo, dice SZA al termine del suo show parigino di un’ora e mezza, forse non lo incontrerà per tutto il resto del suo tour europeo, tour che era iniziato con due live ad Amsterdam qualche giorno prima. Lo dice sorridendo, quasi commossa e ancora trafelata, tornando sul palco dopo che le luci si erano accese per ringraziare la straordinaria accoglienza ricevuta dai fan sia durante il concerto sia in quello stesso pomeriggio e nella giornata precedente, quando molti appassionati la avevano incrociata per la città chiedendole foto e autografi, ai quali si era concessa con piacere. È quasi una rarità poter apprezzare le sue doti vocali dal vivo nel nostro continente: dalla pubblicazione del suo splendido debutto CTRL nel 2017 a oggi i suoi show in Europa si contavano sulla punta delle dita. Le aspettative erano alte e non sono state deluse.
Motivazioni personali e la necessità di raccogliere le idee e di fare i conti con se stessi e con la propria psiche e, oltre e in mezzo a questo, la pandemia: queste sono alcune delle ragioni per cui SZA ha atteso così tanto prima di regalarci il degno seguito di CTRL. Non si può dire che non sia valsa la pena di attendere: SOS, uscito lo scorso dicembre, amplia ancora di più le direzioni e le ambizioni musicali e narrative della cantante originaria del New Jersey, fornendoci una fotografia ancor più nitida e sincera della sua personalità. Il suo raffinatissimo pop intrecciato con rhythm and blues, soul, jazz e hip-hop sbarca adesso all’Accor Arena di Parigi per il terzo show di questo suo tour europeo. Come apertura della serata la policromia – a tratti forse un po’ troppo barocca – della britannica Raye e della sua scoppiettante band pone le basi per quello che sarà lo spettacolo di SZA, caratterizzato, quest’ultimo, da un forte impatto emozionale, da scenografie e coreografie particolarmente efficaci e profondamente studiate, da una voce che è al centro della scena dall’inizio alla fine e da una impressionante partecipazione del pubblico.
Lo show inizia con l’oceano, un trampolino che verso di esso si prolunga – come nella cover del suo ultimo album – e su di esso SZA che inizia a cantare “PSA”. Intorno, negli schermi laterali, onde e acqua in movimento: l’effetto ottico che ne risulta è veramente suggestivo. Una nave con sopra scritto “SOS”, che sembra quasi un vascello pirata, è sul palco per grossa parte dello show: SZA vi sale e vi scende, fluttua intorno alle ringhiere lignee, accanto all’albero maestro, procede sinuosa e appassionata nella sua performance saltando e danzando, spesso al fianco di altrettanto convincenti ballerini. A un certo punto un faro si innalza proprio dietro i tecnici del suono, con una luce-guida che brilla nell’oscurità e indica a SZA la direzione da prendere e, forse, un angolo di pace.
Ambizioso, massimalista e dalla spiccata tendenza alla ποικιλία, SOS, la seconda fatica discografica in formato long playing di SZA a cinque anni e mezzo dal debutto, è una creatura che cresce alla distanza grazie alla sua autrice e anche a discapito di essa, che intercetta un materiale e una ispirazione così ampi che risulta difficile controllare e delimitare l’ispirazione, e non sorprende che la maggior parte del set, che è diviso in cinque blocchi più un encore, peschi ovviamente da esso. Tuttavia viene eseguita anche più della metà di CTRL. Le vibrazioni sensuali e variopinte di quest’ultimo, che si tratti della preziosa e splendente “Broken Clocks” o del ritmato neo-soul con echi di Erykah Badu di “The Weekend”, che sia la melanconica e densa “Supermodel” o la pregevolissima “Love Galore”, tutte tratte dallo splendido CTRL, si sposano perfettamente con i pezzi tratti da SOS e rappresentano un metronomo perfetto per “misurare” il polso dello show e del pubblico, che dimostra di apprezzare in maniera esattamente identica gli uni e gli altri.
La scaletta, va da sé, è magicamente equilibrata, un saggio bilanciamento tra ballate pop e gemme jazzy e neo-soul da un lato e scatenato R&B e frenetici e dolceamari sfoghi hip-hop dall’altro. È come se durante lo spettacolo stesso emergessero e prendessero corpo di fronte ai nostri occhi quei versi di “Good Days”, che sarà l’ultimo pezzo in scaletta, nell’encore, «Tell me I’m not my fears, my limitations», che sintetizzano con una semplicità disarmante e con una brevitas fulminea il punto in cui SZA si trova oggi a livello artistico e personale. «I wish I was special / I gave all my special / Away to a loser / Now I’m just a loser», canta SZA in “Special”, mentre tutti introiettano in loro questi versi così onesti e paradigmatici e li intonano insieme a lei.
Dalla già citata Erykah Badu – che risuona con così tanto vigore nella gagliarda “Doves in the Wind” e nella pulsante “Low” – a Joni Mitchell – si pensi alle gimcane vocali e alle bellissime liriche di “Shirt” e di “Drew Barrymore” –, da Lauryn Hill – basti pensare al conturbante instant classic che è “Kill Bill”, la cui scenografia e coreografia è uno degli episodi più mozzafiato dell’intero show – al cantautorato power to the women contemporaneo di Taylor Swift e dell’amica e collaboratrice Phoebe Bridgers – tra “I Hate U” e “Garden” anche qui gli esempi possono essere numerosi –, i punti di riferimento e le basi su cui la cantautrice si è formata e con i quali dialoga ci sono tutti e convivono in armonia e con una spontaneità sorprendente. Sono elementi che il pubblico percepisce e che lo inducono a essere particolarmente coinvolto e partecipativo.
Sono anche i temi che SZA tocca nei suoi brani a coinvolgere e appassionare in un modo così totalizzante gli spettatori. Tra introspezione malinconica e ἀναγνωρίσεις improvvise e laceranti, tra amori spezzati, amori mai nati e utopie e atopie fragilissime, gli argomenti di cui sono intrise le due opere in studio di SZA sono “istruzioni per l’uso” per chi oggi sta crescendo e si trova di fronte a relazioni sociali sempre più frammentate e non è in grado di distinguere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato e di capire che cosa il mondo pretenda da lui o da lei. Un senso di smarrimento e di timore aleggia in pezzi come “Special” e “Love Language”, mentre il rock adolescenziale e scanzonato à la Avril Lavigne di “F2F” mostra al meglio i lati ribelli e liberatori della musica di SZA, che grida al mondo il suo diritto a prenderselo in quanto donna e giovane.
Uno dei momenti più emozionanti dello show arriva quando, durante “Nobody Gets Me”, introdotta con una dedica al suo “ex fiancée”, SZA si avvinghia in una scialuppa di salvataggio che viene innalzata e sulla quale poi la cantautrice “scorre” fino a metà del palazzetto. È un episodio significativo, perché permette di connettere una volta di più, e in maniera ancora più concreta, SZA con il suo pubblico. La performer si apre sempre di più, e negli ultimi pezzi, ormai da molti minuti ritornata stabilmente sul palco, il filo che la lega agli spettatori è divenuto indissolubile. Scivoliamo così, quasi ipnotizzati durante una seduta dal nostro psicologo, verso la fine del concerto, che è affidata a un quartetto di brani sensazionale, “Kill Bill”, “I Hate U”, “The Weekend” e, unico brano dell’encore, “Good Days”, con SZA che come all’inizio, ma in colori diversi e ormai salva dal naufragio, è seduta sul trampolino, pronta a scomparire nel buio del palazzetto.
(Live report, foto e video di Samuele Conficoni)