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Ma, esattamente, quand’è che il rock è diventata una cosa da boomer? Ok, il genere non c’è da pochissimo, per usare un eufemismo, ma più volte lo si è dato per morto ed è sempre risorto, no? Qual è l’alchimia che fa sì che quattro poco più che ragazzi invece ci si buttino a capofitto e sfornino una chicca come “Brain Worms“? Forse è che in Australia si deve ancora sgomitare per arrivare al centro del mondo e c’è più convinzione quando si suona un indie-rock che è figlio del Paisley Underground mischiato con l’atonalità dei Placebo e la giocosità degli Avi Buffalo? Oppure è che là le cose arrivano un po’ dopo e quindi la miscela di ri-attualizzazione di una new-wave scarna degli ’80 con inserti indie-rock degli ’00 è un po’ naif? Una cosa è certa: come si fa a rimanere insensibili alla sferzata di vento caldo di canzoni come “Midnight Sun” e la titletrack “Brain Worms”? Come non riconoscere nella voce della lead-singer nonché chitarrista Romy Vager una duttilità estrema che si muove sul confine di una timbrica che non è né maschile né femminile?
E perché qui in Italia non si è ancora tributata a questo terzo album della band di Melbourne l’attenzione che merita? Come mai il sottoscritto, probabilmente distratto, ha dovuto accorgersi di questa prova perché nominato disco del mese sul mensile francese “Folk and Rock”? Non è che siamo bombardati da un eterno passato che ritorna, da dischi di band una volta seminali e che oggi ritornano con buchi nell’acqua come l’ultimo dei Sigur Rós che siamo costretti ad ascoltare per contratto e che poi ci lasciano con un pugno di mosche e che ci distraggono dalla contemporaneità? E questa contemporaneità può essere rappresentata da un album di semplice e schietto rock come “Brain Worms”? Non è che il post-punk, genere a cui anche gli RVG sono stati in passato accostati, abbia fagocitato tutto e tutti in una sigla ormai non-sense e che non ha più valore alcuno? Non è meglio fregarsene di tutto e registrare un album così libero e fresco come questo che si sta recensendo?
Vi sarete sicuramente stancati di tutte queste domande, “caro recensore dicci qualcosa tu piuttosto” ma in realtà io ho già detto tutto e le mie domande, è evidente, sono tutte retoriche. A voi formulare l’ultima domanda, che come tutte le altre sopra si risponde da sola: ma questo album è davvero così bello?
Sì, lo è.
80/100
(Paolo Bardelli)