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Tra immagini bibliche, riferimenti a Shakespeare e dialetto di Dorset (per esempio “wordle” per “world” in “Prayer at the Gate”, canzone che apre l’album), I Inside the Old Year Dying, che esce oggi via Partisan Records, è un disco che per ammissione della stessa PJ Harvey è stato difficile da comporre. Primo album in sette anni dell’artista nonché sua decima fatica in studio, il disco è prodotto e mixato da Flood, John Parish e PJ Harvey stessa e contiene dodici brani per quasi quaranta minuti di musica. Il 26 aprile scorso, nell’annunciare l’uscita, PJ Harvey diffondeva il primo singolo tratto dal disco, l’onirica e sinistra “A Child’s Question, August”, una bella melodia e un arrangiamento immersivo condotti magicamente dalla voce di Polly Jean, accompagnata inoltre da un videoclip. Sempre nel presentare la sua nuova opera PJ ha dichiarato anche che l’album parla “di ricerca, di esplorazione, dell’intensità del primo amore e della ricerca di un significato”.
Il 7 giugno è stato condiviso anche il secondo singolo, “I Inside the Old Year Dying”, il brano che dà il titolo al disco, anche questo piuttosto sperimentale e allucinato nel trattamento della voce e degli strumenti e accompagnato da un video. Parzialmente ispirato dal suo stesso poema Orlam, I Inside the Old Year Dying è un album multiforme e complesso e molto di esso è nato da improvvisazioni in studio condotte da PJ, Flood e Parish. Enigmatico e talvolta disturbante, come lo ha definito Alexis Petridis per The Guardian, il disco arriva dopo un lungo periodo durante il quale PJ, come ha dichiarato proprio pochissimi giorni fa in un’intervista rilasciata a NPR, “temporarily felt that I lost my connection to music”, ed è quindi un lavoro che è a suo modo una rinascita e una ripartenza.