Share This Article
Un clichè affermato in musica degli ultimi anni è quello che in estate non si pubblichino mai grandi dischi: ebbene il 2023 smentisce la faccenda meravigliosamente, da PJ Harvey ai Clientele (senza dimenticare il nuovo Albarn…pardon Blur) per giungere all’artista di cui si parla meno di tutti ma che una volta scoperta non ti lascia più per la vita: Dot Allison da Edimburgo. “Consciousology” è il suo sesto album ed esce per Sonic Cathedral; prodotto con Fiona Cruickshank vede le collaborazioni di Andy Bell (Ride, Oasis), Hannah Peel e Zoë Bestel oltre alla London Contemporary Orchestra che riesce a donare ai brani un fascino senza tempo.
Come raccontato da Nat Cramp di Sonic Cathedral, “Dot’s voice has been a constant in our lives for the 30 years since One Dove’s “Morning Dove White” was released and we have always dreamed of working with her. We first met back in the early days of the label and she played for us a couple of times, including the legendary Lee Hazlewood tribute night at The Social. The self-effacing title “Consciousology” belies the seriousness of what lies within, and it’s impossible to not be completely consumed by the sheer beauty and intimacy of it all“. Le sonorità del Tim Buckley di “Starsailor” uniti a Joni Mitchell e al Van Morrison di “Astral Weeks” possono dare un’idea della sorgente alla base di un fiume impetuoso e insieme calmo che affluisce nel trip-hop e nell’elettronica visionaria di Andrew Weatherall, grande amico e mentore della Allison, già dall’opener “Shyness Of Crowns”.
La forza della raccolta emerge tanto nella scrittura elegante e profonda di Dot quanto nel lavoro sulla sua voce che suona come il respiro della natura; in “Moon Flowers” sussurra parole d’amore trasportandoci in un’altra dimensione: “You reign, you influence the rain/In heaven and beyond you/There is a sunlight around you/You illuminate everything I do“, mentre con “Weeping Roses” torna alla fragile lezione di “Room 7 1/2” (Arthoused, 2009) scandita da acustica e pianoforte, “Bleeding roses they’re all you ever grew for me/I see blood in the spray, on the petals/Now, it’s so plain to see/Do you feel it too, tell me do you feel it too“. Il pezzo di lancio “Unchanged” vive di un crescendo soul-rock che esplode in un refrain degno di Verve e Spiritualized.
Dove in “Bleached By The Sun” ci fa rimpiangere gli Air di “Talkie Walkie”, nella trascendente “Double Rainbow” inventa un manifesto cosmico che non suonerebbe fuori posto nell’ultima uscita di Rob Mazurek con la Exploding Star Orchestra. E se non vi ho ancora convinto, ci penserà la dolcezza di “Milk And Honey” a farvi volare lontano dal logorio e i problemi dell’era moderna cominciando così, “I’d walk 10,000 suns/To have you next to me/Bridges I’d burn/To give you the rest of me/Lilac-coloured stars that glisten, beckoning/Galaxies of tumbling suns, are blessing me“.
Folk? Indietronica? Chamber-pop? Non lo so. Tutto questo e anche no. Semplicemente: Dot Allison.
88/100
La foto in Home è di Robbie Crawford