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Giostrine dal futuro, teneri carillon che suonano al ritmo di incalzanti drum machine e ninne nanne elettroniche. I tre volumi, pubblicati nel 1962, intitolati “Soothing sounds for baby”, condensano il genio e la creatività di Raymond Scott. Pianista di formazione jazz, ingegnere elettrotecnico con studi di elettronica, inventore tanto di musiche destinate a fini commerciali quanto delle primissime macchine in grado di realizzare effetti sonori in serie, quella del compositore statunitense è una storia non facile da incasellare, ricca di influenze che rivestono un peso notevole sulla musica della seconda metà del ‘900. Se persino Robert Moog ha riconosciuto il contributo essenziale di Scott, affermando che l’idea per il primo sintetizzatore derivò proprio dalle invenzioni del collega e amico, è indubbio il peso delle sperimentazioni per la diffusione delle tecnologie applicate al suono.
Una passione e un talento inesauribili che iniziano con i rigorosi studi di solfeggio a Brooklyn e le prime composizioni negli anni ’30 per un ensemble da camera, il Raymond Scott Quintet, che gli fanno ottenere un contratto per la Columbia Records. Nell’ambito di queste creazioni al piano sono nati alcuni dei 78 giri più celebri di una carriera molto prolifica, tra cui ricordiamo “Powerhouse”, “Reckless Nights” e “Turkish Twilights”. Il passo successivo sarà una veloce ascesa nel dietro le quinte dello star system, dalla CBS, emittente radio della Paramount, a Hollywood. Fin dagli anni ’30-’40 Scott sviluppa in parallelo l’interesse per le tecniche di registrazione e il trattamento del suono. È quindi nell’ambito radiofonico che sperimenta le prime creazioni, dagli equalizzatori, ai mixer e agli eco a valvole, fruibili nell’etere a un pubblico non specializzato. Il merito della musica di Raymond Scott è quello di avere associato la ricerca e l’abilità tecnica con il gusto per il pop, tanto da poterlo considerare uno dei più importanti precursori dell’elettronica degli anni ’70 e di artisti come Tangerine Dream, Klaus Schulze e Kraftwerk.
Come altri pionieri e sperimentatori fai da te – si veda Joe Meek – Scott allestisce nel corso del tempo uno studio di registrazione con le pareti interamente coperte da macchinari di vario tipo, da lui stesso ideati e costruiti. Il progetto, avviato nel 1946, denominato Manhattan Research Inc. prevedeva la creazione di composizioni realizzate con l’esclusivo utilizzo di apparecchi elettronici. Nascono così musiche e suoni per il cinema e jingle destinati a spot pubblicitari (come quelli per Ford, Nescafè e Pepsi). Nonostante si dedicasse anche a composizioni per orchestra di stampo classico e jazz, continua a districarsi tra oscillatori, primi sintetizzatori (con l’invenzione tecnica del “controllo in tensione”) e sequencer che ricreano un vero e proprio “wall of sound”. Tra le sue invenzioni più importanti ricordiamo il Clavivox, uno dei primi synth portatili, l’”Orchestra Machine” e l’Electronium (riscoperto successivamente da diverse band, tra cui i Devo), costruito negli anni ’50 come “macchina di composizione ed esecuzione istantanea”.
Ma uno dei capitoli più curiosi è sicuramente quello rivolto all’infanzia. Autore di colonne sonore per cartoni animati, in particolare su commissione della Warner Bros, per la quale realizza, tra gli altri, le musiche e gli effetti sonori di Bugs Bunny e Looney Tunes, la sua opera più ambiziosa è forse l’album in tre volumi realizzato in collaborazione con il Gesell Institute of Child Development (ora noto come Gesell Institute of Human Development), un’organizzazione impegnata a realizzare osservazioni psicologiche sullo sviluppo educativo dell’infanzia. “Soothing sounds for baby” è un box suddiviso per fasce dì età e composto da tre volumi: il primo va dai 0 ai 6 mesi, il secondo dai 6 ai 12 mesi, il terzo dai 12 ai 18 mesi. Secondo l’intenzione originaria sarebbe dovuto servire a calmare i bambini e aiutarli ad addormentarsi. In base alle osservazioni dell’Istituto, i neonati erano particolarmente rassicurati dal ticchettìo degli orologi e da suoni di oggetti che venivano sbattuti. Lo studio riportato sul libretto, che è alla base dell’idea dell’album, sosteneva che non solo la musica potrebbe essere usata per scopi sedativi, ma può essere educativa in sé e per sé, anche in queste fasi iniziali. Nei fatti ci troviamo davanti ai primordi della musica ambient, in anticipo su Brian Eno. Ovvero uno sfondo sonoro in grado di rilassare l’ascoltatore e spingerlo a pensare e immaginare.
L’album sviluppa nei tre volumi una complessità sempre maggiore. Nel primo Raymond Scott gioca col concetto di serialità: sequenze e arpeggi ben cadenzati (“Lullaby” “Tic toc”) si contrappongono a melodie ritmate come in “The Music Box” e “Nursery Rhyme” o a soffici bordoni di bassi (“Sleepy Time”). Se l’atmosfera generale è più rilassata, il secondo volume, dominato dalla centrale “The Happy Whistler” ha invece un tono maggiormente evocativo, quasi a voler stimolare il bambino / ascoltatore a immaginare qualche emozionante avventura fantastica. Infine dal divertimento e dall’avventura si giunge all’attività nel terzo volume: “Tin Soldier” è una sorta di marcetta militare per soldatini giocattolo e “The Playful Drummer” è perfetta per fungere da colonna sonora alle esportazioni spaziali dell’infante alla scoperta delle continue sorprese del mondo che lo circonda e potrebbe benissimo essere usata, con i suoi rumori striduli simili al suono di un jackpot, come sfondo sonoro di un moderno videogioco.
In un periodo in cui sul web si possono trovare compilation di tutti i tipi di rumore bianco, “Soothing sounds for baby” rappresenta, se non un’alternativa del tutto valida, un piacevole antecedente.
(Eulalia Cambria)