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“Sunset 666”, il nuovo album dei Jesus And Mary Chain, raccoglie materiale dai concerti tenutisi all’Hollywood Palladium di Los Angeles nel 2018 e oggi pubblicato da Fuzz Club. La genesi del progetto, o meglio del tour in discussione, ha origine in realtà nel lontano 1990, quando una giovane ma talentuosissima band, pregna come i fratelli Reid di rumore, catarsi e oscurità, era stata scelta da loro come opener del tour statunitense di “Automatic”. Il nome viene da sè: Nine Inch Nails. Così quasi trent’anni dopo, Trent Reznor rende il favore agli scozzesi, offrendo loro di aprire il nuovo giro di concerti in Nord America. Accettano di buon grado.
Furono così sei le esibizioni al mitico Palladium, con le diciassette canzoni elette per il doppio vinile prese da due di queste serate. Immortalate casualmente tra l’altro, visto che l’ingegnere del suono Michael Brennan aveva con sè laptop e chiavetta USB ma non era in programma di realizzare un album dal vivo. I lati A, B e C vengono dall’ultimo show del tour, 15 Dicembre 2018, per una sequenza ordinata dalla classica “Just Like Honey” a una furibonda e incredibile versione di nove minuti di “Reverence” che non sarebbe risultata fuori posto in un “The Downward Spiral” dei NIN a conti fatti; nel mezzo il duetto con Isobel Campbell, ex Belle And Sebastian, in “Sometimes Always” (“It was the first time we’d performed that song for god knows how many years“) e “Black And Blue” e l’elettricità apocalittica mischiata al punk di “The Living End” da “Psychocandy” del 1985. “Amputation”, come se i Primal Scream facessero l’amore con i Dandy Warhols, insieme a “All Things Pass” sono i ripescaggi dall’ultimo – a oggi, “Damage And Joy”.
L’ultima parte funge da showcase all’album del 1989 con “Blues From A Gun”, “Between Planets” e “Halfway To Crazy”. Chiude “In A Hole” lasciando senza respiro: la grandezza della band la dimostra una scaletta in gran parte diversa per la data che abbiamo seguito all’Alcatraz di Milano. La qualità di ascolto in “Sunset 666” è elevata dall’inizio alla fine, pur nel difetto di escludere totalmente il pubblico ma con le chitarre di William e Scott Von Ryper in grande spolvero e il drumming di Brian Young eccellente. Del resto lo stesso Jim Reid afferma nelle note di copertina di sentirsi più gratificato oggi, lontano da dipendenze e da pressioni, a offrire brani che sono parte della vita di tutti noi. Confidando che tutto questo possa spingerli a scriverne di nuovi.
73/100
Foto di Steve Gullick