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Terminate ormai le manifestazioni rivoluzionarie che ha saputo offrirci, DJ Shadow ha ancora molto da dirci: che sta a noi cogliere le sfumature che ancora oggi prova a dipingere, se siamo sufficientemente attenti e pazienti nel cercarle. Se ci si immerge nel nuovo progetto di DJ Shadow si scoprirà che tra le orme selvagge, irrequiete e spesso confuse di Action Adventure, il settimo lavoro in studio del producer californiano, si nascondono speranze dolcemente cullate, paure non sufficientemente nascoste, fughe in avanti e corse all’indietro che non pretendono di essere definitive ma che provano a dire qualcosa di nuovo sul suo autore; non tutto, però, è chiaro e centrato come in altri episodi discografici di Joshua Paul Davis; se le sue rivelazioni non sono brillanti e rivoluzionarie come quelle che ci presentava poco meno di trent’anni fa è perché le cose sono cambiate e lui con esse. Action Adventure, come molti dei recenti album di DJ Shadow, non ha la pretesa di riscrivere pagine mai lette prima nella carriera del producer, quanto di aggiungere nuove sfumature al percorso artistico variegato e coraggioso del suo autore, e nella franchezza che porta con sé il progetto ci descrive aspetti del proprio creatore che era necessario non venissero taciuti.
Che DJ Shadow non sia stanco di esplorare e di rischiare anche in questo nuovo lavoro della sua carriera lo dimostrano momenti incisivi come i sussulti tremolanti della industriale “A Narrow Escape” o le derive psych-synth-pop della opener “Ozone Scraper”, che rappresentano due testimonianze perfette di quanto il sound di DJ Shadow non sappia fermarsi in un territorio “sicuro”; a una qualsiasi comfort zone Davis preferisce contrapporre percorsi spesso imprevedibili e impervi nei quali, però, il suo sigillo – dai sample perfettamente incastonati e vero traino del pezzo ai beat che sanno essere alcune volte freneticamente insolenti, altre volte magicamente avvolgenti – è ben visibile e straordinariamente inciso. C’è nostalgia, certo, nel tentativo di ricostruire qualcosa che sembra essersi perso più di venti anni fa e di fermare un sentimento e un’idea di musica che per sua stessa natura è mutevole e in perenne divenire; DJ Shadow, però, coniuga questo senso di nostalgia a una convinta e sincera volontà di andare avanti; si può ricordare e rievocare procedendo, perché è l’unico modo per non rimanere piantati a terra senza più vie di fuga.
Incastonate al centro del disco, incarnano questa sensazione ancor più degli altri componimenti “Witches vs. Warlocks” e il singolo “You Played Me”, perfettamente equilibrate nel loro guardarsi indietro e nel loro spingersi in avanti. A metà tra la colonna sonora di un incubo gotico e della soundtrack di un cupo e distopico videogioco fantascientifico i due brani sono la rappresentazione più coerente e vivida dell’idea di sound che ha Davis oggi; eppure entrambi i brani, tra i più convincenti dell’opera, non si spingono mai oltre e non arrivano mai a scalfirci e a convincerci come i migliori momenti dei migliori progetti di Shadow. Ci si perde (e anche annoia) troppo presto nelle gratuitamente dilatate vertigini (prevedibili) di “Time and Space” e di “Craig, Ingles, & Wrightson” e si finisce spesso per chiedersi dove andranno a rifugiarsi – e non avremo risposte sicure – pezzi ben impostati ma non del tutto centrati come “Fleeting Youth (An Audible Life)” e “The Prophecy”, anche queste oscure e che pure a tratti affascinano e conquistano.
È quasi una sensazione di incompiutezza e di indecisione, quindi, quella che avvolge parecchi momenti di Action Adventure, che pur non manca di un fascino crepuscolare, sinistro, ipnotico; DJ Shadow ha ancora tanto da dirci, ma non sempre ce lo espone con chiarezza e convinzione, benché la perfezione del suono, della produzione e dei singoli ingranaggi e particolari che trainano e costruiscono le fondamenta di ogni brano del disco sia quella a cui ci ha sempre abituati, fattore che salva il progetto e ce lo fa apprezzare con gusto nei suoi passaggi più solidi e rivelatori.
68/100