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Torna Cameron Mesirow e lo fa dopo un lungo break di circa dieci anni (“Interiors” risale al 2013), a parte la bizzarra traccia chiamata “Sex Tape” del 2018. Una certa rilevanza electro-art-pop di Glasser nei primi anni ’10 le è stata riconosciuta a partire dall’esordio “Ring”. Parlando di Glasser si finiva per chiamare anche un po’ in causa Björk e il riferimento non era così fuori luogo. Il suo lavoro sull’incastro tra un protagonismo vocale e l’uso di un’elettronica di matrice sperimentale a tratti minimale, a tratti un po’ dreamy, a tratti un po’ “carica” l’hanno fatta accostare a nomi come Holly Herndon, The Knife (o Fever Ray) e magari un po’ anche Kelly Lee Owens.
Ma c’è tanto altro ancora, nella sottile discografia di Glasser così come in questo “crux”, scritto tutto minuscolo. Compare di tanto in tanto l’approccio neoclassico, quasi da camera (“Choir Prayer”), così come l’impronta celtica di “Clipt” e poi una sensibilità pop che se spesso è sottotraccia, a volte viene prepotentemente in superficie. Questo è ciò che accade in “All Lovers” che nella sua contemporaneità può rivaleggiare senza timore alcuno con le (giustamente) acclamate canzoni di Caroline Polachek solista. Ma è anche nell’uso dei sintetizzatori che Mesirow trova la sua cifra, un attimo prima d’immergersi nelle interconnessioni tra l’elettronica ed il suo profilo più cantautorale (“Drift”).
Se tutto ciò non dovesse bastare, nel lotto delle tracce di “crux” c’è una canzone che rischia di traslare tutto il resto in una specie di sfondo, tanto è limpida, maestosa e fiera. Si chiama “Easy” e, come detto, quasi quasi la sua presenza è una scommessa per questo disco bello e rigoroso, proprio per come rischia di “mangiarsi” tutto. Lo fa con l’eleganza cristallina delle cose semplici perché, non so se è chiaro ma di una pop song stiamo parlando. Una canzone pop alimentata dal tema del lutto, tanto intima e solenne quanto facile e potente. Il video (di Amber Shaefer), giocato su immagini iper-rallentate di evoluzioni con le moto d’acqua può risultare parecchio interlocutorio sulle prime, altrettanto affascinante in seguito. Ritrae il corpo, la macchina, l’acqua, tantissima acqua. Ricorda il gioco del toro meccanico e l’intento di domare l’indomabile, nell’istante in cui questo sembra quasi possibile.
74/100
(Marco Bachini)
*Immagine in evidenza di Yis Kid.