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Tommaso Pandolfi, ai più noto come Furtherset, è tornato di recente con “The Infinite Hour”, album realizzato tra il 2020 e il 2022 in un elaborato e lungo processo di scrittura e continua rifinitura andato in parallelo con la composizione del precedente EP “Auras” conclusosi con il processo di missaggio realizzato insieme a Bienoise.
“Sento un profondo senso di perdita ascoltando questa musica, ma allo stesso tempo la possibilità di andare oltre attraverso il suono. Non vuole illustrare nulla, ma vorrei fosse capace di trasformare qualcosa, anche un sentimento che sa di morte. È un’elegia.”, spiega Tommaso Pandolfi, classe 1995 attivo ormai da un decennio con questo ambizioso progetto che oggi esce per la label svizzera -OUS.
Le sei tracce che costituiscono l’album sono un’elegia spigolosa e sintetica che cercano concettualmente di abbattere la prospettiva spazio-temporale trovando ispirazione nelle opere di Amelia Rosselli, Vladimir Chlebnikov, Hubert Damisch, Dante Alighieri. Ciascuna traccia, composta pensando all’occasione in cui sarà suonata in concerto, si manifesta all’ascolto come possibile variante di un percorso mai definitivo e sempre in fieri.
Furtherset ha provato a ripercorrere con noi il processo creativo di “The Infinite Hour” attraverso 7 ispirazioni fondamentali.
1.Amelia Rosselli, Chiesa, 1953
Da sempre condivido l’ascolto di musica con la lettura di poesie. Tra gli autori che prediligo c’è Amelia Rosselli. Non saprei dire come, ma i suoi testi penso si intersecano bene con la mia musica. Così è da lei che ho preso il titolo per l’album precedente To Live Tenderly Anew, del 2020; e anche per The Infinite Hour, il titolo di questo LP, mi sono appoggiato alla sua poesia Chiesa. La ricerca dei titoli è un momento sempre importante del lavoro di finalizzazione di un album, che avviene tra fase di mix, ultime modifiche degli arrangiamenti e dopo il mastering. Durante i mesi di lavoro costruisco una sorta di zibaldone con frammenti di poesie, estratti da romanzi o saggi, testi da interviste, titoli di opere d’arte – qualsiasi cosa che possa tornare utile per dare un senso, per quanto fragile, al mio lavoro.
2. Emily Dickinson, Hope is the thing with feathers, 1861
Durante la fase finale di scrittura dell’album ho letto tre libri di traduzioni di Emily Dickinson a cura di Silvia Bre. Assieme a Clarice Lispector ed Amelia Rosselli, le sue parole sono quelle che riescono ad emozionarmi più di chiunque altro. Sono parole per me tangibili, fisiche, nel loro riuscire a penetrare nel cuore, nella mente, e nel connettere il visibile e l’invisibile.
3. Artavazd Pelešjan, Secolo nostro (Mer Dare, Our Century),1990
Lo scorso anno, al Teatrino di Palazzo Grassi di Venezia, il collettivo curatoriale altriformati mi ha proposto di realizzare una sonorizzazione dal vivo del film Secolo nostro di Artavazd Pelešjan. Nel cinema del regista armeno è tipica la forma circolare – sferica – dei suoi film, e così, pensando a questa struttura, è nato il titolo Circulata melodia che ora nomina il brano che apre l’album e che è stato utilizzato come base per la sonorizzazione del film. Ovviamente, “circulata melodia”, è un altro prestito letterario, questa volta da Dante.
4. Simon Turner, Bliss / Almost bliss, 1990
Due brani di Simon Fisher Turner, con la voce di Tilda Swinton e le parole di Peter Handke dalle ultime, bellissime, pagine di The Long Way Round. Testo per il teatro a quanto pare fallimentare nella sua messa in scena dalle recensioni della sua prima, ma che riesce a funzionare, almeno nelle sue ultime pagine, come un magnifico incantesimo. Bliss e Almost Bliss sono state due fondamentali ispirazioni per la traccia di chiusura dell’album, Sensibility Spectrum.
“Yes, it is possible to bow down to a flower. The bird in the branches can be spoken to, and there is meaning in its flight. Therefore, in a world wrecked by artificial colours, work patiently for nature’s regenerative colours. […] Our shoulders are made for the sky, and between earth and sky we are the only link.” (Peter Handke, The Long Way Round, p. 90)
5. James Lee Byars, Untitled (Hello Marcel), 1976/1997
Una foto di Marcel Broodthaers sul letto di morte, realizzata da Maria Gilissen, chiusa da una carta nera di seta. Quest’opera, assieme alla foto di Duchamp sul letto di morte scattata da Man Ray, ha influenzato alcuni aspetti di The Infinite Hour. Il lavoro di Byars è per me estremamente importante, sia nella pratica visiva che musicale, dal momento in cui tutta la sua opera non è incentrata su delle risposte, ma nel valore delle domande.
6. Hubert Damisch, Teoria della nuvola. Per una storia della pittura, 1984
New Clouds è stata nominata in tal modo mentre leggevo il libro di Damisch. Penso che questo libro, pur trattando di un’altra forma d’arte, la pittura, abbia in qualche modo a che fare anche con la mia musica. Le nuvole – nota Damisch – sono eccentriche rispetto all’ordine prospettico albertiano, impalpabili sfuggono alla misurazione e contengono una dimensione del possibile capace di allargare lo spazio di possibilità.
7. My Bloody Valentine, Loveless, 1991
Loveless è il mio disco preferito dalla prima volta che l’ho ascoltato, credo nel 2010. Ho sempre in mente questo album quando faccio musica. Anche se non ce la farò mai a replicare la sua intensità emotiva, continuerò a provarci all’infinito.