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Recuperiamo quattro gustosi album tra indie-pop, vibrazioni psych e esplosivo rhythm’n’blues.
The Clientele, “I Am Not There Anymore” (Merge)
Sembra incredibile, ma dalla formazione nel 1997 a oggi i londinesi Clientele non hanno mai varcato i confini italiani. Eppure la proposta di Alasdair MacLean e soci è tra le più originali uscite nel nuovo millennio, tra reminiscenze di Love e gli esperimenti a bassa fedeltà dei Pastels. Sei dischi, uno più bello dell’altro, che citano letteratura (T.S. Eliot), poesia surrealista (Robert Desnos) e il cinema d’essai. Con il bassista James Hornsey e Mark Keen, percussioni e pianoforte, oltre all’utilizzo di celesta, tapes, bouzouki, mellotron e un ensemble d’archi e fiati, MacLean dà vita al suo lavoro più sofisticato, abbracciando dub (“Garden Eye Mantra”), flamenco (“Stems Of Anise”), jangle-pop orchestrale (“Lady Grey”) e modernismo in refrain vincenti come per “Blue Over Blue”. Per una scrittura che regala immagini perturbanti, visioni cosmopolite, la bellezza dello scorrere del tempo. “I Am Not There Anymore” è stato pubblicato da Merge sul finire di luglio ma “Claire’s Not Real” suggerisce di metterlo in diffusione gustando il tepore di un camino, vicino la persona amata.
The Suncharms, “Things Lost” (Sunday Records)
I Suncharms si formano a Sheffield a cavallo tra i decenni ottanta e novanta, proponendo nei primi EP la ricetta indie a base di uguali dosi di melodia e rumore; tuttavia è negli ultimi anni che stanno ottenendo il giusto riscontro, tra compilation su Slumberland e nuovi album come “Distant Lights” (2021) e l’ultimo “Things Lost” per la Sunday Records di Chicago. Laddove “Dark Sails” coniuga sixties e rumore alla Jesus And Mary Chain, con “Satanic Rites” propenderei maggiormente verso la lezione dei R.E.M., anche nel timbro di Marcus Palmer non così distante da quello di Michael Stipe. Tastiere e armonica impreziosiscono l’opener “3.45” mentre “Red Wine Kisses” sarà forse l’episodio destinato a rimanere negli anni, da ascoltare in loop, sognante e eccitante tra La’s e The Dream Syndicate. Rende l’idea alla perfezione l’amico Enzo Baruffaldi di Memoria Polaroid: “Se è il momento di chiudere la giornata su una nota malinconia, senza rinunciare ai feedback e ai riverberi, l’ultimo disco dei Suncharms è quello che fa al caso tuo (o, quanto meno, al mio)”.
Night Beats, “Rajan” (Fuzz Club/Suicide Squeeze)
Ci eravamo in parte scordati di Danny Lee Blackwell, relegandolo a “Who Sold My Generation”, un questo spacca datato 2016 featuring Robert Levon Been dei Black Rebel Motorcycle Club. Da allora sono usciti tre dischi. Dopo “Outlaw R&B”, acclamato dalla stampa internazionale nel 2021, è il turno di “Rajan”, in cui il musicista texano offre una calda interpretazione mescolando Rock, Jazz, Blues, psichedelia, Anatolian Funk, Chicano Soul e Spaghetti Western. E questo è solo per citare alcuni degli ingredienti del collage di suoni e impressioni dolcemente amalgamati con l”Hot Ghee” (pezzone ragazzi, lo sentissero i Tame Impala…) della padella sfrigolante di Danny in un suono caleidoscopico che si fonde in una misteriosa unità. Se “Thank You” dipinge la “Sunny” di Boney M di tonalità acide e zingaresche, “Nightmare” viaggia nei 70s tra Brasile, Asia e California. “Rajan is just one of six examples of me doing exactly what I want, and not caring about whether it’s checked out or not. I’m a journeyperson. I want to make things for the sake of making them.” Parole sante.
Maiiah & The Angels Of Libra, “Maiiah & The Angels Of Libra” (Waterfall Records)
Chi ha detto che il miglior soul venga solo dall’America? Il disco d’esordio di Maiiah, cantante dalle radici balcaniche trapiantata a Düsseldorf, è arrivato per smentirci. Grazie a una backing band fenomenale, il collettivo degli Angels of Libra da Amburgo, che tornano dopo il successo al fianco di Nathan Johnston: dieci strumentisti con una grande affinità per le registrazioni in analogico, i concept sixties e il mondo di Ennio Morricone, Khruangbin e Air. Tutto nasce dall’incontro di Maiiah con il produttore e compositore Dennis Rux in tempi di pandemia: un amore condiviso per il buon vecchio rhythm & blues li ha uniti nel fare musica insieme con i Libra, realizzando singoli dall’ottimo appeal radiofonico come “Obey” e “No No No (I’m So Broke)”, tra divertimento e critica sociale. In “I’m A Good Woman” fa propria la hit northern soul di Barbara Lynn, mentre “Kava” veste di boogaloo un testo in croato; “Turn The Page” e “I Wanna Go” infine mostrano l’affinità con i Makin’ Time, James Taylor Quartet e il garage-pop delle nuove leve (The Courettes). Spettacolare.
Foto in alto: The Clientele by Andy Willsher
Foto in Home: Night Beats by Chris Keller