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The Warlocks + Dion Lunadon, Bronson Club, 16 Novembre 2023
Quando i drammatici eventi degli ultimi mesi si riflettono nell’arte di chi ha a disposizione una chitarra, e un microfono, per esprimere la propria tristezza e insoddisfazione.
“Piangiamo e balliamo“, leggo scritto entrando al Bronson in una tela verde affissa sopra al Bar. Mentre Dion Lunadon da Auckland sta accendendo di elettricità la nottata, tra ricordi del Jon Spencer più marcio (“I Walk Away”) e la velocità feroce e proto-punk dei Radio Birdman (“By My Side”). Il bassista degli A Place To Bury Strangers periodo 2012-2018 ha sicuramente trasmesso l’esperienza con i newyorkesi nei suoi ultimi dischi, pieni di riverbero e oscurità, tra cui i godibilissimi “Beyond Everything” e “Systems Edge” usciti a stretto giro per la In The Red (Cheater Slicks, Dirtbombs) con il secondo fuori da pochi giorni. La performance del quartetto viaggia impazzita tra una catena utilizzata a plettro e brani di luciferino rock’n’roll – “Nikki”, “Living And Dying With You”, “Glass Doll” – che soddisfano appieno i fan, numerosi nell’aftershow al merchandising dell’artista.
I Warlocks arrivano da beniamini – chi scrive li aveva visti anche una decina di anni prima all’Hana-Bi – e forti di un album, “In Between Sad” uscito il 22 Settembre 2023 per Cleopatra Records, particolarmente innovativo e contaminato dall’elettronica sebbene nasca dal lutto della morte del fratello del leader Bobby Hecksher. Si unisce a questo la recente scomparsa di Romano Dal Colle, gestore del Colorificio Kroen di Verona in cui la band avrebbe dovuto esibirsi sabato 18 Novembre: un fardello troppo pesante, sottolineerà dal palco Hecksher, relegando a due soli momenti del live – “Broken Bridges”, tra visioni alla Mercury Rev, e “The Last Road” – gli estratti dell’ultimo disco. Un set comunque che non risparmia classici quali “Baby Blue” e l’uptempo “Shake The Dope Out” da “Phoenix” (Mute, 2003) o piuttosto l’ipnotica “The Midnight Sun” e il blues venato di motorik in “Dead Generation”. “Mr. Boogeyman” li accosta ai cugini Brian Jonestown Massacre, in cui Hecksher ha militato per un periodo, oltre a suonare il basso in “Stereopathic Soulmanure” di Beck.
I cinque musicisti intorno a Hecksher, ovvero John Christian Rees (chitarra), Earl V. Miller (chitarra solista), Christopher DiPino (basso), Oscar Ruvalcaba (batteria) e Rob Campanella (synth e produttore di “In Between Sad”), animano una lenta catarsi tra Velvet Underground e Jesus And Mary Chain che sembra raccontare la gravità e il dolore anche per gli accadimenti in Palestina, nell’ondeggiare di Bobby con il suo volto funereo, intrappolato nei drones e nelle spirali acide della sua musica da cui fugge prima di una jam conclusiva all’insegna del rumore.
Un’intensità rara nell’opera di un gruppo, forse più meritevole per il suono che nell’effettiva qualità delle canzoni, che non vuole sopportare oltre e propone un modo per rialzarsi e camminare.
Foto dei Warlocks: El Borracho Bookings