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Pufuleti, Officina Meca, Ferrara 9 Dicembre 2023
Credo che sia la terza volta che cerco di andare a vedere un concerto di Pufuleti e poi per disavventure varie non riesco mai, ma questa volta, dopo aver saputo della data di Dicembre all’Officina Meca di Ferrara, non me lo faccio sfuggire.
Sinceramente, e non lo dico per giustificarmi, non ho mai concentrato i miei ascolti sulle nuove uscite del genere rap. Forse perché i miei ascolti effettivamente si fermano a quella che è stata la golden age, sia per il genere, che per me, ovvero negli anni dell’adolescenza. Il punto è che questo è un artista che veramente si discosta tantissimo da quello che oggi passa in Italia sotto la classificazione di rap italiano. Difatti questo artista non è solamente italiano. Sì perché Pufuleti, che ha preso il nome da uno snack rumeno, è di origine italiana ma vive a Saarbrücken in Germania, e le sue prime produzioni – uscite anche con lo pseudonimo di Joe Space – appartengono al rap tedesco, cantato in tedesco ma soprattutto caratterizzato da basi e ritmiche distanti dal rap italiano degli ultimi anni ma comuni in Germania. Io non so esattamente in che modo dal contesto teutonico Pufuleti sia riuscito a farsi strada nei cuori degli ascoltatori del rap italiano, ma sicuramente nell’atmosfera che si respirava al Meca (fumo a parte) c’era un supporto autentico.
L’ultimo suo album, intitolato “Perle ai porci” è uscito da pochi giorni, ma devo dire che si differenzia abbastanza dalle produzioni precedenti anche per le basi: low-fi, crepuscolari e decisamente nineties. Assieme a Pufuleti, a mandare le basi era presente anche Wun Two, producer/beatmaker tedesco che ha collaborato all’album assieme a Zutera e che ha sicuramente indirizzato il mood dell’intero lavoro, senza però intaccare lo stile originale delle liriche: nonsense, ermetiche, biliose, nevrotiche. Anche lo stesso tono di voce di Pufuleti, così volutamente caricaturale ed esasperato è la sua vera cifra stilistica: a tratti ironico, comico e perfino aggressivo. Se ascoltiamo la gran parte della produzione di Pufuleti fino ad oggi, ci possiamo trovare l’arroganza stilistica tipica delle puch line, all’interno di frasi senza quasi nessun significato, a meno che non ce lo vogliamo trovare e non sempre ha senso farlo. Sì perché a volte queste rime vengono dall’accostamento di una musicalità nel suono delle parole che a mio parere può trovare meglio una persona che la lingua italiana non la abita quotidianamente e non vi attribuisce una senso in modo forzato se non vale la pena farlo. Una cosa simile si è sempre fatta, ma quasi mai nel genere rap. Ci possiamo ricordare del cut-up nel grunge, del nonsense del rock and roll, dei testi ermetici del post punk, ma in un genere dove tutto sembra ruotare intorno al testo del brano, ritrovarsi in un groviglio di rime criptiche e misteriose suona inedito. Ma forse è proprio questo il motivo che mi porta ad ascoltare Pufu.
Cosa direbbero i rapper della vecchia scuola di questo? Io non lo so però ciò che penso io è questo. Se devi dire le solite pinzillacchere, almeno fallo bene.
(Caterina Cardinali)