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L’ultima uscita per Miss Chain and The Broken Heels, “Storms”, arriva alle mie orecchie come una folata di vento primaverile in pieno inverno. Mentre lo ascolto però, mi suona subito familiare ricordando che una delle sue tracce, “Wild Wind”, era già uscita in un disco promo della Wild Honey, già in giro da alcuni mesi perché distribuito ad uno degli ultimi concerti degli Yonic South – band della quale sento molto la mancanza, fra l’altro.
Quindi visto anche il periodo appena trascorso, questo ascolto da novità si trasforma subito in epifania, nel senso “joyciano” del termine. Questo combo power pop formato dalla cantante Miss Astrid Dante con il fondatore della Wild Honey Franz Barcella (qui prestato al basso), Silva Cantele alla chitarra e il batterista Miracle Johnny rivela in un modo molto semplice e diretto come si possa essere al tempo stesso melodici, orecchiabili, garbati (passatemi il termine) senza scadere nella banalità o peggio ancora nel mellifluo. Non a caso parliamo di miele selvatico, che non è solamente un glorioso album dei Beach Boys ma anche una sorta di manifesto di questa etichetta, che rincorre e protegge la forma canzone nella sua accezione più nobile.
Riconoscere le influenze della band e in particolare di questa ultima produzione è abbastanza immediato: si nota subito una fascinazione per il country e il garage rock degli anni ’60 ma al tempo stesso anche una “leggerezza malinconica”, soprattutto negli arrangiamenti di chitarra che mi fanno pensare a band britanniche come gli Smiths nella loro versione più “positiva”. Influenza che ho sentito, oltre che nella title track “Storms”, anche in “Hunters of hope”, dove la voce si interseca a fraseggi di chitarra quasi impalpabili, in grado di cambiare l’atmosfera della canzone da spensierata a nostalgica nel giro di pochi secondi. Se poi qualcuno come me si fosse chiesto la ragione del nome “Broken Heels”, il perché è da ricercarsi proprio nell’origine del progetto, considerato dapprima una sorta di solo side project pop della cantante: “I Broken Heels non erano altro che questa mia band fantasma, poi divenuta reale. Il nome fa riferimento alla mia incapacità di stare sui tacchi fino a fine serata. Ho una grande collezione di tacchi rotti a casa” (Rockol, 2013).
Ascoltando la voce, il mood e le melodie costruite, ancora una volta penso a un’altra band britannica, sicuramente molto sottovalutata e non più attiva, i Long Blondes, e se fossi un motore di ricerca li consiglierei come ascolto collaterale: il lettore saprà poi confermare o smentire le mie opinioni.
74/100
(Caterina Cardinali)
Foto della band fornita dall’etichetta