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Il problema di molta musica rock, soprattutto quella con le chitarre, è l’incomunicabilità: l’incapacità di trasmettere qualcosa e non ripetere la stessa storia all’infinito. Canzoni che spesso girano intorno sempre intorno alle stesse soluzioni melodiche e senza idee.
I Dead Bandit, duo americano-canadese formato da Ellis Swan e James Schimpl, invece, sin dal disco d’esordio – From The Basement uscito nel 2021 per la fiorentina Quindi Records – cercano di scomporre la tradizione chitarrista americana in nuovi quadri ambient, slowcore, sintetici – ricchi di contrasti e con una forte componente espressiva.
“Memory Thirteen”, nuovo album della band pubblicato a febbraio 2024 sempre dall’etichetta toscana, porta avanti la concezione autoriale del duo sempre nella stessa direzione ma, rispetto al debutto discografico di tre anni fa, Swan e Schimpl diventano – se possibile – ancora più cinematografici e il discorso post-rock è sempre di più la chiave di volta della ricerca musicale dei due musicisti: la strumentazione rock usata ancor di più in maniera non convenzionale e come mezzo di un tutto compositivo dalle tante sfaccettature sonore. I brani di “Memory Thirteen” sono tredici fotogrammi di ombre e luci caratterizzati da un suono a volte disturbato – loop, distorsioni, feedback – e altre volte limpido.
77/100
(Monica Mazzoli)
I Dead Bandit, duo americano-canadese formato da Ellis Swan e James Schimpl, invece, sin dal disco d’esordio – From The Basement uscito nel 2021 per la fiorentina Quindi Records – cercano di scomporre la tradizione chitarrista americana in nuovi quadri ambient, slowcore, sintetici – ricchi di contrasti e con una forte componente espressiva.
“Memory Thirteen”, nuovo album della band pubblicato a febbraio 2024 sempre dall’etichetta toscana, porta avanti la concezione autoriale del duo sempre nella stessa direzione ma, rispetto al debutto discografico di tre anni fa, Swan e Schimpl diventano – se possibile – ancora più cinematografici e il discorso post-rock è sempre di più la chiave di volta della ricerca musicale dei due musicisti: la strumentazione rock usata ancor di più in maniera non convenzionale e come mezzo di un tutto compositivo dalle tante sfaccettature sonore. I brani di “Memory Thirteen” sono tredici fotogrammi di ombre e luci caratterizzati da un suono a volte disturbato – loop, distorsioni, feedback – e altre volte limpido.
77/100
(Monica Mazzoli)