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“Voglio fare musica che sia divertente e voglio divertirmi a suonare”: queste parole di Martin Courtney a PasteMagazine sono esemplificative della semplicità dietro a un album come “Daniel”, il sesto dei Real Estate. Ma semplicità non vuol dire facilità di farlo, vuole dire rendere lineari le cose, non cercare arzigogoli, non complicarsi la vita, il che alle volte richiede molto impegno per semplificare dei processi che magari ci vengono naturali in un altro modo (di fatto più complesso). Ma il divertimento è una chiave di lettura e una metodologia utile ad ottenere un risultato più naturale e genuino, perché le cose vengono “da sole”. C’è tutto questo dietro a questo “Daniel” che, diciamolo subito, è a mio parere una specie di capolavoro, di epifania, un album “istant classic” che resterà. Sarà certamente un parere di parte, visto che in generale il disco ha ottenuto pareri positivi ma non così decisivi. Per me invece è uno spartiacque nella loro carriera.
Il precedente “The Main Thing” aveva avuto una data di uscita sfortunata, ci ricordiamo tutti dove eravamo il 28 febbraio 2020, giusto? A casa. E quindi i Real Estate, non potendo partire in tour, si sono ributtati a capofitto nella scrittura e Martin Courtney ha avuto pure tempo, nel 2022, di pubblicare il suo secondo album da solista, “Magic Sign”. Poi è arrivata la registrazione di “Daniel”, che marca in maniera definitiva il loro suono: è stato inciso infatti a Nashville (con il produttore Daniel Tashian) e sembra quasi che questa città patria del country abbia fornito delle vibes di rilassatezza e riverbero naturale a queste magnifiche undici canzoni.
Oltre al singolo “Water Underground”, abbellito da bells delicate della domenica mattina (citazione di “Sunday Morning” dei Velvet?), i picchi del disco sono la malinconica “Airdrop”, che metti i brividi, e la più solare “Market Street”, in cui spicca un granitico giro di basso. Ma si tratta di raggi di un sole tiepido, appena accennato, in un’alba in cui ci si alza e si ha un’illuminazione: quella di non essere indispensabili. E allora c’è anche il sollievo di non esserlo. Ecco, i Real Estate sono riusciti a condensare questa sensazione in “Daniel”, forse perché hanno capito anche loro di essere utili, ma non indispensabili.
E così facendo, senza alcuna pressione, andando all’essenza delle cose, hanno creato un album indispensabile.
83/100
(Paolo Bardelli)