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Una decina di giorni fa ci si era lamentati del nuovo modo di fare rock in ottica di un pop contemporaneo dei Francis Of Delirium, questa volta invece con le Chastity Belt il problema è l’opposto: il restare attraccati a logiche vecchie, molto definite a livello di collocazione (i ’90) senza ulteriori evoluzioni degne di nota e venendo a mancare dunque l’interesse nella proposta.
Le Chastity Belt sono delle quasi delle leggende della scena di Seattle, essendo da più di un decennio che producono un noise pop lo-fi che si è fatto notare e che, a detta di molti, è pure intelligente. Il quinto album in studio, “Live Laugh Love”, del quartetto – Julia Shapiro (voce e chitarra), Lydia Lund (chitarra, voce), Gretchen Grimm (batteria, voce) e Annie Truscott (basso, voce) – però non colpisce proprio. I brani si affastellano stanchi e monocordi, le intuizioni veramente degne di nota latitano e soprattutto le canzoni sembrano scritte in sala prove in un secodno, pronti e via con la prima idea che viene in mente. Il punto interessante è che è un album corale, in cui le canzoni sono state concepite e contribuite individualmente da tutti e quattro i membri della band, per cui la domanda è una: come hanno fatto a renderle tutte così terribilmente piatte ed uguali?
Vabbé, direte voi, non è che le quattro abbiano cambiato genere. Giusto. Ma in questa prova il gioco stanca e l’ispirazione sembra essersi smarrita definitivamente: a parte un discreto mood sorridente di batteria/basso nell’iniziale “Hollow” e uno invece cupo-piatto in “Chemtrails”, si fa veramente fatica ad arrivare la seconda volta al termine dell’ascolto dell’album completo. Ma ci si è voluti fare ancora più male e ascoltare l’album – com’è giusto – più volte, pervenendo allo stesso risultato di noia e un po’ di fastidio.
Il tempo è poco, la vita passa, meglio ascoltare altro.
50/100
(Paolo Bardelli)