Anche la Fire Records invecchia ma il talento dei suoi artisti è quello di sempre

Marta Del Grandi + Immaterial Possession, Bronson, Ravenna 10 Maggio 2024

In questo 2024 la Fire Records, una delle label più originali del panorama internazionale, suggella quarant’anni di completa indipendenza annunciando eventi e festival, su tutti il Giant Syndicate dello scorso 27 Aprile all’Evolutionary Arts Hackney di Londra. Oppure pubblicando dischi che crediamo resteranno nel tempo, vedi le ultime uscite di Jane Weaver, RVG o Marina Allen. Senza dimenticare infine gli archivi ricchi quanto la produzione contemporanea, con decenni di opposizione al mainstream grazie allo spirito libero ed eccentrico di Television Personalities, Lemonheads, Kristin Hersh, Pere Ubu, Spacemen 3, Giant Sand, Josephine Foster e molti altri. E nella serata organizzata dall’etichetta con il Bronson anche il locale ravennate si unisce alla festa, celebrando venti anni di attività, con le esibizioni di Marta Del Grandi e Immaterial Possession.

La band di Athens è la prima a salire sul palco, con una formula collaudata nei due dischi usciti a stretto giro l’anno scorso – “Immaterial Possession” e “Mercy Of The Crane Folk” – di psichedelia, world music, folk e prog rock; nell’iniziale Tropical Still Life si uniscono le tentazioni ritmiche dei Calexico agli arabeschi chitarristici di Madeline Polites mentre To The Fete affonda più nella new-wave con Kiran Fernandes a dividersi tra una tastiera vintage e il sax. Gli Immaterial Possession suonano anche una manciata di nuove canzoni come l’ammaliante Scorpio, in duetto tra Polites e il bassista Cooper Holmes; invece Chain Breaker vive di parecchi cambi di direzione in soli tre minuti, fra i visionari landscapes floydiani di “A Saucerful Of Secrets” e riff angolari degni dei Television.

Una performance comunque intensa e che lascia buone vibrazioni agli spettatori, dove i quattro musicisti americani non si risparmiano e già possono contare su brani che restano nella memoria (Sugar In A Memory, Medieval Jig). Nota a parte la merita il vestiario del gruppo, un pò spaghetti western e tanto figli dei fiori, perfettamente in linea con la loro musica come se avessimo avuto davanti i Jethro Tull, o i Pentangle – che sono una delle mie ultime fissazioni.


Verso le 23 è il momento di Marta Del Grandi, accompagnata da Iris Galibariggi (sax, synth e voce) e Gabriele Segantini (batteria, elettroniche). L’uno-due Two Halves/Eye Of The Day lascia subito senza fiato, con l’una a cercare le altezze emozionali di Jeff Buckley nei vocalizzi e la chitarra di Marta e la seconda di una delicatezza folk che sfocia in un crescendo finale di pura poesia.

Arriva quindi l’episodio più catchy dell’ultimo album, prodotto con Bert Vliegen dei Whispering Sons, “Selva”. Chameleon Eyes ha in sè un mood ballabile però oggi ne esce romantica torch song guidata dal sax di Galibariggi; le fa da contraltare l’oscillante Mata Hari in una preghiera che diventa universale (“If Not For Love Then/What Is It We Live For?”), interrotta da un drum solo magnifico di Segantini per poi terminare con un interrogativo amletico (“You say you’ll do anything/So why can’t you imagine/How if not for love we’d be just like shadows/Hollow, lost with nowhere to go?”): l’arte di Cristina Donà, Julia Holter e Aldous Harding sembrano vivere insieme nello stesso brano. Anche se lei si dice ispirata negli ultimi anni soprattutto da Emiliana Torrini e St. Vincent, e ci può stare.


Un altro singolo come Snapdragon pare differente dalla versione in studio, quasi una jam tra i musicisti con al centro la voce di Marta Del Grandi libera di planare in aria e atterrare sui rintocchi leggeri e fantasticamente Sigur Ros di Polar Bear Village. Good Story è un viaggio tra trip-hop e suggestioni alla Japan, mentre in Selva title track collidono ronzii ambientali e il lavoro vocale di Marta affine a quello di Julianna Barwick – ma anche Elizabeth Fraser nell’effetto che suscita – ad introdurre l’unico testo in italiano a oggi scritto dall’artista milanese, queste dodici dantesche parole: “Sentieri Tortuosi/Si Intrecciano Stretti/In Forme Mai Viste/Il Cuore Si Perde”.

Durante tutto lo show Marta Del Grandi intrattiene il pubblico trasmettendo bellezza e semplicità, fondamenti di brani già classici come Stay e Somebody New di gusto soul. O la narrazione dietro la lynchiana Amethyst, che è la pietra dei nati sotto il segno dei pesci, da “Until We Fossilize” del 2021. Tutte qualità dietro a una giovane donna che fa della conoscenza del mondo, delle relazioni umane, dell’armonia che rinasce dalle ceneri, i capisaldi della sua musica.

The Best Sea è un nuovo pezzo eseguito da Marta chitarra e voce, a chiudere una serata magica, di musica senza limiti e confini garantita dalla Fire e da una location importante quale è il Bronson.