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Cortile del Castello Estense, Ferrara, 4 Giugno 2024
Non tutti i concerti sono simili, come non tutti i film sono fatti delle stesse emozioni.
Nei concerti a volte balli, a volte ti commuovi, a volte sei in mezzo ad una folla numerosa e a volte sei con poche decine di persone. A volte vivi il passato, riascoltando canzoni, a volte scopri il futuro, intravedi la grandezza che arriverà, capisci le vibrazioni diverse. A volte, poi, ti confronti con un gruppo, a volte con una sola persona e una chitarra, altre volte con piccole orchestre o suoni digitali.
In tutte queste sfumature il posto dei Dry Cleaning è particolare e forse la finestra più giusta per capirlo è durante un concerto.
Siamo a Ferrara, dentro il Castello Estense, ormai casa (ma non esclusiva) dello storico festival e in una edizione parecchio internazionale come quella di quest’anno (dai Blonde Redhead ai Murder Capital, fino a Fantastic Negrito e Einstürzende Neubauten) è martedì, un fresco martedì di giugno e in scena ci sono loro: Florence Shaw e soci.
Un tour libero e lontano da pressioni: due anni di distanza dal secondo disco, niente al momento di nuovo annunciato: la formazione originaria di Londra è una creatura strana, anche in questo.
Raramente varia di ritmo, incentrata su uno spoken word totalizzante, c’è poca melodia e parallelamente tanta energia, i brani si sviluppano senza crescendo emotivi eppure sono serrati, sono un manto avvolgente mentre Florence racconta le sue storie, le sue immagini con voce sussurata e accenni di mimica verbale.
E questo è qualcosa che è una barriera, a meno di essere madrelingua inglesi.
E allora i primi minuti del concerto, forse anche il primo quarto d’ora fa quell’effetto da “ok, si, buon supporto post punk alla melodia ma non mi arriva”. Che è qualcosa che succede anche un pò ascoltando i dischi, a livello personale, perché manca la connessione emotiva al cantato.
Poi, arriva.
Entra addosso il mood, lo stato d’animo, arriva sottopelle come quella sera che bevi e ad un certo punto è la quarta birra, arriva come la cassa dritta di un festival di musica elettronica, come la ritmica reggae. Entra il flusso, accade e non è chiaro quando, sono passati forse 20 minuti di un concerto che metterà in campo 17 brani, abbondante e generoso.
E così, ecco che avviene la stranezza: sempre a mille, i Dry Cleaning, nel giro di un pò di brani hanno portato il pubblico, diverse centinaia di persone, a entrare in quel mood, forse sarà il chitarrista che chiama applausi ed energia dal pubblico, forse sarà il bassista in una comica maglietta “Italians Do It Better” di cui pare abbastanza fiero, sarà la batteria che raramente respira, riempiendo ogni vuoto possibile, sarà il supporto di un quinto elemento tra chitarre e tastiere.
Sarà poi lei, Florence: vestito nero largo e tacco leggero, l’opposto di quello che potrebbe sembrare la base del post punk, dell’energia rabbiosa della working class. Qui, ci sembra, c’è più la scrittrice Sally Rooney, ironica e profonda osservatrice delle nostre vite: Florence è poetessa, delicata, sussurata, gentile, sprezzante, è umana.
Ha funzionato ed ha funzionato più passavano i minuti: quando quel mood è entrato dentro al medioevale castello di Ferrara abbiamo pensato più volte che non c’era stanchezza, noia o altro.
Solo una brezza fresca e un muro di suoni ad avvolgere parole a bassa voce: funziona eccome, se lo lasci entrare.
Setlist:
Leafy
Jam After School
New Job
Kwenchy Kups
Her Hippo
Hot Penny Day
Stumpwork
Driver’s Story
Strong Feelings
Gary Ashby
Don’t Press Me
Traditional Fish
Conversation
Magic of Meghan
Anna Calls From the Arctic
Scratchcard Lanyard (bis)
No Decent Shoes for Rain (bis)