Jerskin Fendrix – “Poor Things” (Milan, 2023)

Scoprire noi stessi, la nostra natura e quindi le nostre leggi fino ad arrivare a compierci è uno dei compiti più ardui dell’essere umano, ma è anche, forse, il nostro fine ultimo; per farlo, occorre accettare di immergersi in quel guazzabuglio di esperienze, gioie, delusioni, successi e fallimenti che è la vita. Più che “chi si ferma è perduto” è chi vive nella paura a perdersi.

“Poor Things” (in italiano “Povere Creature”) è il nono film del regista greco Yorgos Lanthimos, ed è un vero viaggio di conoscenza e autorealizzazione umana, che parte dai primissimi passi, ma con una sostanziale differenza rispetto alla natura delle cose: carne e mente qui sono sfasati, con la prima che è quella di una donna adulta e la seconda che è quella di una bambina. Protagonista della pellicola è Bella, risultato di una mistura artificiale tra il corpo di una defunta e il cervello della neonata che la morta portava in grembo. Un essere unico che è, come afferma lo stesso medico che l’ha (ri)portata in vita – il chirurgo “God”, interpretato da Willem Defoe -,  “madre e figlia al tempo stesso”.

La pellicola segue il viaggio fisico – Bella uscirà dalla prigione dorata in cui God la tiene rinchiusa viaggiando per Lisbona, Alessandria, Parigi, per poi tornare alla casa di Londra -, carnale, psicologico e spirituale della protagonista, affamata com’è di esperienze di vita e della loro scoperta. Un percorso di crescita ma anche di consapevolezza: non sono rari i casi in cui è Bella stessa, che guarda al mondo con gli occhi di una bambina che man mano prende coscienza di sé, a sbugiardare gli inutili costrutti sociali e svelare le ipocrisie di quasi tutte le persone che le si parano davanti, molti – ma non tutti! –  dei quali cercano, in un modo o nell’altro, in cattiva o buona fede, di controllarla e manipolarla.

Bella (Emma Stone)
Jerskin Fendrix

La musica che accompagna questo viaggio – opera seconda del giovane compositore e autore inglese Jerskin Fendrix, che aveva debuttato nel 2020 con il difficilmente classificabile “Winterreise” – , riflette il fatto che quello di Bella è un viaggio iniziatico, fatto di prime volte. Cosi, tutta la colonna sonora si ammanta di un tono dai marcati contrasti, fiabeschi e crudi, innocenti e aspri allo stesso tempo, con violini tesi allo spasmo che si mischiano ad arpe celesti (come in “Wee”), fiati dai toni sia pastorali che umbratili (“Mother of God”), ripetizioni d’organo, percussioni e voci stridule (in “Reanimation”, atto di nascita, o di resurrezione, di Bella); un ampio ventaglio orchestrale che ha in sé un che di straniante. Si perché qui è centrale il lavoro sui timbri, più che sulle melodie (se ne trovano poche di cantabili) o le armonie: “Poor Things” è composto principalmente da brevi suggestioni sonore dal sapore 900esco che si prendono cura più che altro dell’elemento primordiale dello strumento musicale, ovvero il suono – spesso e volentieri poi manipolato in studio, con le alte frequenze trasformate in basse frequenze e viceversa – chiedendo a questa fonte primigenia di descrivere la maturazione della protagonista. E la cosa riesce in pieno: perfetto è il cangiante e impetuoso acquerello di “I Just Hope She’s Alright” per descrivere la scoperta del piacere sessuale; o la solennità traumatica per percussioni e cornamuse (atonali) di “Alexandria“, quando Bella scopre l’ingiustizia, vedendo cosi la sua anima squarciata dal dolore, in una nuova perdita di innocenza che porta la nostra a fare conoscenza anche con la sfera filosofica di quello stesso mondo in cui si è gettata a capofitto; o, ancora, le stramberie sensuali dei flauti di “Paris”, città dove la protagonista compirà un fondamentale scarto evolutivo acquisendo la propria indipendenza materiale, ma anche affettiva, con una scelta lavorativa piacevolmente radicale. Non è un caso che “London” riprenda il tema musicale della protagonista – che si rincorre qua e là nella colonna sonora come motivo portante –  e lo riarrangi per fiati, donandogli un tono elegiaco e maturo: è qui che Bella torna a casa – una Londra vittoriana tra il gotico e il punk – carica di esperienze e di nuove consapevolezze (sul mondo, sugli esseri umani e sulle cose di questo mondo) per assistere un God ormai prossimo alla morte. In questo senso, l’ultima parte del film – che vede comparire un nuovo antagonista che, di nuovo, vorrebbe imporsi sulla nostra eroina, questa volta anche in maniera fisicamente cruenta – non fa che radicare l’avvenuta maturazione della protagonista (qui il tema di Bella viene ripreso in diversi arrangiamenti).

E quando, al termine del racconto, sarà lei stessa a decidere il suo destino, ecco che la musica si fa quasi disneyana, con cori, arpe e archi celesti quasi all’unisono. Ma non pensate ad una favola per bambini: Bella è diventata adulta, ha fatto esperienza di molte cose e ha capito e fatto capire che solo a lei spetta la scelta su come vivere la sua vita; guadagnando, cosi, la sua libertà.

Con “Poor Things“, Jerskin Fendrix sorprende per freschezza compositiva e sensibilità acustica, affermandosi come una delle voci musicali più interessanti di questi anni.

74/100

(Edoardo Maggiolo)