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Giardino della Triennale di Milano, 22 giugno 2024
Il tour a supporto dell’ultimo album “I’m totally fine with it, don’t give a fuck anymore” ha visto la conclusione della prima leg del 2024 proprio in Italia con tre date, l’ultima al Giardino della Triennale di Milano.
L’inizio del concerto, come nelle date precedenti, è affidata a “Allatonceness”, e subito il suono nitido e pulito che esce dalle casse esalta le peculiarietà del brano che guidato da una potente linea di basso si sviluppa in un crescendo molto trascinante.
La sorpresa è la potenza degli strumenti e la chiarezza con cui arrivano, senza coprire la voce di Aidan Moffat.
Dico questo perché ho avuto la fortuna di vederli anche al Primavera Sound di Barcellona dove sono rimasti penalizzati sia dal suono e da un orario troppo pomeridiano non all’altezza per un’esibizione del genere.
Sicuramente anche il fatto di essere alla fine del tour europeo il set è sicuramente rodato e così i suoni, ma il taglio è più potente e deciso di quello che finora il gruppo ha fatto sentire live.
La setlist fonde brani dei primi lavori (“New Birds” e “Girl of Summer”) con brani dell’ultimo lavoro (alla fine solo due brani saranno lasciati fuori).
La vera differenza è nel gioco di campionamenti e delle chitarre di Malcolm Middleton, un tempo le vere protagoniste di notevoli cavalcate post-rock, ora più cesellatrici di suoni.
Tra un brano e l’altro spesso il cantante introduce i brani in modo ripetitivo ma alla fine divertente: “Next song is about…sex!” oppure interrompe un brano perché il ghiaccio secco gli dà fastidio alla gola. Niente di che è vero ma chi li ha già visti sa quanto sia ‘quadrato’ il set, spesso impostato su delle basi che non permettono molte divagazioni.
Il penultimo album viene ricordato con la sempre profonda “Comprension Pt. 1”, la pulsante “Fable of the Urban Fox” e la trascinante “The Turning of Our Bones”.
Le migliori dell’ultimo lavoro sono state “Bliss” e “Dreg Queen” molto più incisive che su disco.
Gli Arab Strap si confermano un ottimo spettacolo dal vivo profondamente emotivo e ricco di cupo umorismo esaltato dagli arrangiamenti live che li porta ad un livello insospettabile, visto quello sentito su disco, forse uno dei live più soddisfacenti dell’anno.