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King Hannah, Botanique, Bologna 17 Luglio 2024
Una bollente serata emiliana di piena estate inaugura il tour italiano dei King Hannah: Hannah Merrick alla voce e chitarra Telecaster e Craig Whittle, Fender Jazzmaster e cori accompagnati da Dylan Gorman al basso e Jake Lipiec alla batteria. Il secondo album “Big Swimmer”, uscito il 31 Maggio 2024 via City Slang, ne ha fatto balzare la reputazione ai massimi livelli, inserendoli di diritto tra una cerchia di nuovi artisti – dai Big Thief a Weyes Blood, passando per Sharon Van Etten – che uniscono nella loro musica folk, cadenze blues e tradizione rock.
Nel caso del duo di Liverpool, ed è stato evidente in un BOtanique da mezzo migliaio di spettatori, la formula si realizza anche in impressioni noir e desertiche amplificate dal passo lento e cadenzato della sezione ritmica e dalle tonalità magnetiche e insieme delicate della voce di Hannah, reale tratto distintivo di questa band oggi davvero poco inglese. “Big Swimmer” infatti è stato concepito lungo un tour americano che li ha visti opener di Kurt Vile o Thurston Moore; “Because if you’re visiting a different country, it’s more like you’re witnessing someone’s life” sottolinea la Merrick pensando a un ideale colonna sonora di quel viaggio, che ha assunto la forma di una raccolta di brani maturi, riflessivi. Il live comincia con “Somewhere Near El Paso”: inesorabile, pensate al Neil Young di “On The Beach”; come la coda che troverò in autostrada due ore dopo; smarrito nell’ignoto del tempo e dello spazio da percorrere. Otto minuti e mezzo nella versione in studio.
“Milk Boy (I Love You)” almeno nel suo sviluppo dub – e un pò trip-hop – ci ricorda che i nostri erano stati accostati anche ai Portishead grazie a “Foolius Caesar”, uno dei miei brani preferiti dal debutto che purtroppo non verrà proposto oggi. “Suddenly, Your Hand” è comunque l’apice di questo trittico, una performance di Hannah da brividi e il solo finale di Craig denso di elettricità, con scorie di Dinosaur Jr. e Built To Spill (ho la t-shirt addosso). Segue la tenera ballad “John Prine On The Radio”, molto sixties, prima di un momento da “I’m Not Sorry, I Was Just Being Me” del 2022: “Go-Kart Kid (Hell No)”, accolta da grande entusiasmo. Un gancio che identifica i King Hannah quanto il Just Doing Nothing effige delle nuove magliette della band in vendita.
Ma a questo punto succede l’inconveniente che non ti aspetti: si rompe l’amplificatore di Craig Whittle. Hannah deve intrattenere il pubblico prima di lanciarsi, invano, in “The Mattress”. In una decina di minuti si esce dallo stallo, proprio come quell’attesa in coda per i lavori tra Castel San Pietro Terme e Imola che mi attenderà più tardi. Whittle riparte piano, esita ancora, immaginando che la sua chitarra non suonerà più al 100% da lì alla fine. Ricordiamo inoltre che Hannah ha avuto la meningite per oltre dieci giorni, eppure i due amici si confortano l’un l’altra e tirano fuori tutte le loro forze nei brani successivi, aiutati da un pubblico in visibilio nonostante il sudore e l’umidità.
“New York Let’s Do Nothing” e “Davey Says” portano la stessa energia rumorosa che sul disco, quando li aveva registrati Ali Chant (Aldous Harding, PJ Harvey). Insieme in una stanza come a casa. Chiude “Crème Brulèe”, brano sognante e veramente riuscito dall’EP del 2020 “Tell Me Your Mind And I’ll Tell You Mine” con un crescendo degno dei Low e un Whittle fragoroso, libero dagli spettri e i patemi precedenti. Con i bis entriamo ancora nelle pieghe dell’ultimo album con la grungey “Lily Pad” e la title track “Big Swimmer” cavalcata per un perfetto arrivederci. Anche se lo sarebbe stato di più l’inno “It’s Me And You, Kid”, suonato invece nella data di Genova.
Sì, qualcosa mi è mancato nel live di oggi. Un tocco di genio, una variazione di tema. Ma proprio nei difetti, per il timido e sincero approccio con i fan oltre alle storie di vita che raccontano crediamo che i King Hannah resteranno a lungo tra i protagonisti musicali del nostro tempo.
(Foto di Matteo Maioli)