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#Lineanota
Era Courtney Love, se la memoria non ci inganna, a cantare che quando andava a scuola a Olympia, poco più di un’ora da Seattle, i ragazzi della sua generazione apparivano tutti uguali, ognuno copia e incolla dell’altro, immersi com’erano nel brodo conformista di una tipica provincia del North West pacifico. A dire il vero, non proprio tutti erano così. Nella stessa cittadina, un giovane Kurt Cobain, in quell’appartamento fatiscente condiviso con Dave Grohl, diversamente dai suoi coetanei già condannati a spaccar legna e ingollare birra per tutta la vita, strimpellava le prime cose significative alla chitarra e da lì a poco sarebbe diventato piuttosto famoso. Ripensandoci oggi, alla biondissima Courtney avremmo consigliato di farsi un giro dalle nostre parti, la pianura dell’Emilia profonda, quella tanto cara al fotografo Luigi Ghirri per intenderci. Siamo sicuri che l’ex leader delle Hole – oggi sempre più conforme a quel modello che fin dai tempi di Pretty on the inside tentava di scalfire – avrebbe trovato non poco pane per i suoi denti. Altroché Olympia.
Ad ogni modo, se abbiamo divagato il merito è di Valeria Sgarella e del suo Niente specchi in camerino (Tsunami Edizioni, 2024), storia intima e non esaustiva dei Soundgarden, forse la più rappresentativa tra le band del grunge, se non proprio quella che ha acceso i riflettori sull’intera scena. Denunciandone fin da subito l’aura piuttosto seriosa e la scarsità di appigli nei confronti del pettegolezzo, l’autrice ha scritto questo libro per rendere finalmente giustizia a Chris Cornell e soci: uomini, prima che artisti, assai diversi dalle apparenze.
Dopo il notevole Seattle (Odoya, 2020), dedicato al ventre profondo di una città cruciale non solo musicalmente – da Jimi Hendrix fino, appunto, al Seattle sound tra gli Ottanta e i Novanta, che per primo Mark Arm, il leader dei Mudhoney, definirà grunge – ma anche per l’informatica e l’E-commerce – grazie a Microsoft e Amazon -, la giornalista milanese, concentrandosi sugli esordi, il successo, il declino e poi la resurrezione della band di Jesus Christ Pose e Black Hole Sun, anche in quest’ultimo lavoro non ha mai smesso di considerare il “contesto”: dunque ancora Seattle, comunità singolare e irrequieta – forse perché attraversata dai tanti corsi d’acqua – capace di rinnovarsi di continuo rimanendo al fondo sempre la stessa.
In Niente specchi in camerino i tanti fili, le gemmazioni e gli intrecci della scena cittadina, fatta come sappiamo di amicizie trasversali, tornano a più riprese e fanno da sfondo all’intera storia del gruppo – per un’istantanea di quel periodo, seppur mediata dalla finzione cinematografica, si guardi Singles di Cameron Crowe del ’92.
Dal passaggio alla major A&M Records, dopo essere cresciuti all’interno della leggendaria Sub Pop di Bruce Pavitt e Jonathan Poneman; agli anni passati a costruirsi una solida fanbase in lunghi tour negli Usa e in Europa – come quello con i Guns N’Roses; passando per la pubblicazione di Badmotorfinger, la cui grafica di Mark Dancey, quella “ruota elettrica di scintille”, ne definirà non poco l’immagine; fino al successo planetario di Superunknown del 1994, un attimo prima che il grunge implodesse, e all’ingresso, insieme a Nirvana, Pearl Jam e Alice in Chains, nel magnifico club dei big four: quella dei Soundgarden possiamo considerarla una parabola in costante e meravigliosa ascesa che tuttavia nella sfida lanciata al music business ha visto la band pagare un prezzo troppo alto, tanto da determinarne la rovinosa caduta.
Lo scioglimento – il primo, quello nel ’97 – all’indomani della pubblicazione di un album che oggi possiamo pure considerare bellissimo come Down in the upside ma che allora spiazzò non pochi fan, avvenne per un’irrimediabile consunzione fisica e morale che fece loro dire basta. Data la condizione cui versavano il bassista Ben Shepherd e lo stesso Cornell, non poteva essere altrimenti. Entrambi, sfibrati dal punto di vista fisico, con i nervi a fior di pelle, ridotti a trascinarsi da una data all’altra, saranno i primi a cadere in battaglia – Cornell, successivamente, tra progetti solisti (ad esempio, Euphoria Morning del 1999) e super gruppi (Audioslave) proseguirà la sua carriera non senza qualche difficoltà, di fatto senza mai raggiungere i livelli toccati con i suoi ex compagni. Viceversa, gli altri due, il chitarrista Kim Thayil (genio del “Drop D Tuning”) e il batterista Matt Cameron (futuro membro dei Pearl Jam), intervistati lungamente dall’autrice in vista del libro, apparivano, ora che la storia del gruppo volgeva al termine, più disposti a proseguire l’avventura – soprattutto quest’ultimo, per nulla intenzionato a voler gettare la spugna, desiderava avere “più Soundgarden” nella sua vita, come riferisce lui stesso. A testimonianza di un’amicizia cementata in anni di vita in simbiosi che, pur nelle difficoltà sopraggiunte con il successo, non era mai venuta meno. Il fatto poi che insieme a Cornell anche gli altri componenti della band fossero autori in proprio, e ciascuno portasse il suo contributo alla realizzazione finale dei singoli pezzi, può aiutare a comprendere l’amarezza di fondo delle parole di Cameron.
La stessa che deve aver provato anche Susan Silver, manager del gruppo e prima moglie di Cornell, la quale, accompagnando la carriera dei Soundgarden con grande intelligenza e professionalità – così come nei confronti di Alice in Chains e Screaming Trees -, ha assistito parallelamente allo sgretolarsi del suo matrimonio, facendo quasi coincidere la propria vita professionale con quella personale. Per il ruolo che ha avuto, in qualità di “pioniera della scena di Seattle” e “custode del talento della band”, Niente specchi in camerino è dedicato meritatamente a lei, ad una figura menzionata di rado quando si parla di grunge, ma non per questo meno importante – oltreché essere la vera responsabile della divagazione da cui siamo partiti, ricordate Courtney Love? Ecco, Susan ebbe un rapporto molto importante anche con la vedova Cobain.
Infine, il libro di Sgarella è il tentativo, specie per quei fan ancora increduli di quanto successo, di fare i conti con la morte prematura e dolorosissima di Chris Cornell, avvenuta il 18 maggio 2017. Da questo punto di vista, il pudore e la sensibilità dell’autrice riescono ad evitare le considerazioni più banali, se è vero che la fine di un uomo, chiunque egli sia e in qualunque modo giunga, non dovrebbe dire né aggiungere niente sul suo conto. All’autrice, semmai, preme “trasmettere l’eredità di una band che, come tante altre band di Seattle, è andata a braccetto con la morte per anni senza farne una ragione di vita”, e quella “di un frontman che per anni ha spremuto i suoi demoni per creare canzoni potenti, laceranti, oneste”.
Il colpo di coda dato dall’uscita di King Animal nel ’12 – album solidamente ispirato che sanciva il ritorno sulle scene del gruppo dopo anni di silenzio – lascia intatta la curiosità proprio di chi avrebbe voluto sentire quali altre canzoni “potenti, laceranti, oneste” avrebbero scritto i nostri. Del materiale cui Cornell stava lavorando prima di andarsene, ostaggio di pratiche legali e conteso tra familiari e componenti della band per chissà ancora quanto tempo, stendiamo un velo, consapevoli che “Chris non avrebbe voluto tutto questo”. Riteniamoci dunque fortunati della possibilità di ascoltare ciò che già conosciamo – magari ancora una volta la granitica 4th of July – e di leggere sui Soundgarden pagine così mirabili come quelle di Valeria Sgarella. Con questi chiari di luna, è già molto.
- Editore : Tsunami (28 giugno 2024)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 286 pagine
- ISBN-10 : 889485986X
- ISBN-13 : 978-8894859867
- Peso articolo : 400 g
- Dimensioni : 16.1 x 2.1 x 23 cm
L’AUTRICE
Valeria Sgarella, milanese, è giornalista professionista dal 2000. Ha lavorato per oltre vent’anni in ambito radiofonico e per cinque anni a MTV Italia. Ha scritto diversi libri inerenti al movimento grunge e la città di Seattle: Andy Wood, L’inventore del Grunge (Area51/Ledizioni), pubblicato anche in lingua inglese; Oltre i Nirvana, che narra la storia della Sub Pop (Edizioni del Gattaccio), e Seattle. La città, la musica, le storie (Odoya). Inoltre, ha curato i testi per il libro Billie Eilish: la bad guy del pop (Centauria).
(Alberto Scuderi)