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Stabilitasi geograficamente il tempo necessario per scrivere questo progetto solista, ma tutt’altro che stabilizzata emotivamente, l’ex cantante e autrice degli And The Kids, Hannah Mohan, cerca di elaborare la fine delle relazioni sentimentali.
Dopo aver lasciato casa a sedici anni, irrequieta e curiosa, Mohan ha trascorso gli anni formativi in viaggio, attraversando il Nord America, suonando per strada e affinando il suo talento creativo. Al ritorno a casa, dopo cinque anni di viaggi e difficoltà, Mohan ha fondato gli And The Kids con un’amica di scuola. Dopo una trilogia di album tra il 2014 e il 2019, e con gli effetti nefasti della pandemia globale sull’industria musicale e sul benessere generale, la band purtroppo si è sciolta. Aggiungici il dolore del cuore spezzato, i segnali confusi di una relazione fatale, e all’improvviso ti ritrovi con un intero caos di dolore emotivo e tante domande che necessitano di risposte o analisi.
Per fortuna, Mohan è una musicista e cantautrice di grande talento, capace di trasformare dolore e riflessione in oro. ‘Time Is A Walnut’ è un album ricco di familiarità e al contempo melodicamente e liricamente idiosincratico, modellato sulla particolare cadenza, timbro e abilità con le parole di Mohan.
Meno autocommiserazione e più una gamma completa di dolore, stanchezza, sconforto, recriminazioni e lamenti, Mohan compie un viaggio circolare nel suo percorso di separazione: dallo shock all’indignazione sfogata, dal perdersi nel momento all’evadere dalla realtà. Tutti i sentimenti di risentimento, il disfacimento di un’anima fragile e lo sganciamento emotivo suonano sorprendentemente melodiosi, persino nei momenti di scambio più amari e nelle rimostranze.
Insieme al produttore e musicista Alex Toth (noto per Rubblebucket e Tōth), lavorando con poche ore di sonno nel seminterrato di Mohan, il risultato è una raccolta di canzoni a tema ricca di ottimi brani alt-pop; alcuni con un’inclinazione country, altri improvvisamente misteriosi e nebulosi con un’atmosfera di vibrazioni celtiche, o che canalizzano la musica synth della new wave tedesca degli anni ’80, quasi in modalità DAF nella più oscura e dolorosa ‘Peace Be The Day’.
Quasi leggera in alcune parti, l’album è ricco di melodie, mentre Mohan evoca artisti come i Cowboy Junkies, Angel Olsen, Tanya Donelly, Madder Rose, Sophie Janna (specialmente nella vaporosa illusione irlandese ‘Runaway’) e Feist. Ma si possono anche aggiungere un tocco di synth-pop anni ’80 e un tocco di Bacharach nella triste bellezza fischiettante di ‘Upside Down’.
Empatica e spesso dolcemente sollevante, c’è un buon uso della tromba nell’album. Meno jazz – sebbene si possano percepire vaghi suggerimenti di Chet Baker – e più serenata e atmosfera del Sud, magari messicana, questo strumento, con le sue occasionali esplosioni di ottoni stanchi, si adatta perfettamente alla consegna schietta e sanguigna di Mohan.
Una scelta congrua di ospite, lavorando in uno stile simile, è la cantautrice-musicista Lady Lamb, che appare nell’inno cantabile e vibrato ‘Hell’, echeggiante i trovieri degli anni ’60. I dettagli e le circostanze impreviste, l’’erotismo disordinato’ e la perdita, la disconnessione dalla vita di qualcun altro sono tutti esposti in una bellezza melodica.
Hannah Mohan cavalca le montagne russe di una lunga separazione con eccentricità e vulnerabilità, trasformando un’angoscia tortuosa in uno dei progetti più belli e gratificanti dell’anno. Mohan può aver lasciato che la sua anima cantasse, mentre arriva ad accettare un periodo emotivamente turbolento di stress, ansie e dolore. Ma se sia riuscita a superarlo del tutto o meno, dipende da te, ascoltatore.
ENGLISH VERSION:
Geographically settling long enough to pen this solo songbook offering, but anything but settled emotionally, the former And The Kids vocalist-songwriter Hannah Mohan attempts to process the break-up of all break-ups.
After leaving home at the age of sixteen, restless and curious, Mohan spent her formative years on the road, crisscrossing North America, busking and honing a creative craft. On returning home, after five years of travel and travail, Mohan formed And The Kids with a school friend. After a trio of albums between 2014 and 2019, and with the global pandemic’s nefarious effects on the music industry and wellbeing, the band unfortunately came to an end. Throw in the heartache, the confusing cross-signals of a fateful relationship, and you’ve suddenly accumulated a whole sorry mess of emotional pain and a lot of questions that need addressing or analyses.
Luckily Mohan is a highly talented musician and songwriter, able to turn sorrow and reflection into gold. For Time Is A Walnut is a rich album full of familiarity and yet melodically and lyrically idiosyncratic, shaped as it is to Mohan’s particular cadence, timbre and way-with-words.
Less moping and more a full gamut of hurt, weariness, despondency, incriminations and plaint, Mohan travels full circle on her break-up journey: from shock to vented indignation, from losing one self in the moment to escaping from reality. All the feelings of resentment, the pulling apart of a fragile soul, and decoupling sound surprisingly melodious and disarmingly anthemic throughout: even during the bitterest exchanges and grievances.
Hand-in-hand with producer and musician Alex Toth (of Rubblebucket and Tōth fame), working away with little sleep in Mohan’s basement, the resulting thematic songbook is filled with great alt-pop songs; some with a country lent, others suddenly mystified and misty with an air of atmospheric Celtic vibes, or, channeling 80s new wave German synth music – Toth, I assume, almost in DAF mode on the darker-lit, hurting ‘Peace Be The Day’.
Almost breezy in parts, there’s tunes galore as Mohan evokes the Cowboy Junkies, Angel Olsen, Tanya Donelly, Madder Rose, Sophie Janna (especially on the vapour-piped Ireland illusion ‘Runaway’) and Feist. But you can also throw in a touch of dry-ice 80s synth-pop and a touch of Bacharach on the whistle-y saddened beauty that is ‘Upside Down’.
In sympathy and often softly lifting, there’s a fair use of trumpet on the album. Less jazzy – although saying that, there’s vague suggestions of Chet Baker – and more Southern, nee Mexican serenade and atmosphere, that instrument’s suffused and occasional enervated brassy blazes is a perfect fit with Mohan’s candid, sanguine delivery.
A congruous choice of guest, working in a similar mode, songwriter-musician Lady Lamb features on the 60s troubadour echoed, vibrato-trilled sing-a-long anthem ‘Hell’. The details and the unforeseen circumstances, the ‘messy eroticism’ and loss, disconnection from someone else’s life are all lay bare in a melodious beauty.
Hannah Mohan rides the roller coaster of a drawn-out break-up with quirkiness and vulnerability, turning tortuous heartache into one of the best and most rewarding songbooks of the year. Mohan may have let her soul sing out, as she comes to accept an emotional turbulent period of stresses and anxieties and pain. But whether she’s finally pulled through the other side or not is up to you the listener.
(Dominic Valvona)
The Monolith Cocktail è un blog indipendente con base a Glasgow, Scotland (UK).
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