La Top 7 delle canzoni degli Oasis che non vorremmo ascoltare alla loro reunion

Per chi ancora non lo sapesse, gli Oasis hanno annunciato la loro reunion con quattordici date dal vivo nel 2025 che ratificano la pace (?) tra i fratelli Liam e Noel Gallagher, che finalmente torneranno su un palco insieme. La backing band, a leggere i rumours, saranno i membri degli High Flying Birds Gem Archer alla chitarra, Mike Rowe alle tastiere e Chris Sharrock alla batteria (tutti passati nella band) con Russ Prichard al basso e Jessica Greenfield a voce e tastiere. Sabato 31 Agosto è la data da segnarsi in agenda per la caccia al biglietto, sul loro sito dalle ore 10 italiane.

Queste le date della prima leg del tour:

Cardiff, Principality Stadium venerdì 4 / sabato 5 Luglio

Manchester, Heaton Park venerdì 11 / sabato 12 / sabato 19 / domenica 20 Luglio

Londra, Wembley Stadium venerdì 25 / sabato 26 Luglio / sabato 2 / domenica 3 Agosto

Edimburgo, Scottish Gas Murrayfield Stadium venerdì 8 / sabato 9 Agosto

Dublino, Croke Park sabato 16 / domenica 17 Agosto


Ora, immaginiamoci in mezzo alle decine di migliaia di persone in uno di questi eventi. Costosi, unici. Potrebbe essere l’ultima volta che vediamo gli Oasis dal vivo. I loro migliori lavori risalgono a trent’anni fa. Quali canzoni papabili di setlist ci eviteremmo volentieri di ascoltare? Eccole:

“Sad Song” (bonus track di Definitely Maybe, Creation, 1994)

Già dal titolo butta male, siamo qui in bolgia e volevamo evitare di sentirci tristi. Il biglietto è costato una fortuna (sparo: 100/150 £) e lo stesso volo e alloggio, e parte questa ballad malinconica ripescata per le ultime promo in una versione demo cantata da Liam…ma tanto sai che la fa Noel nel set acustico. A scapito magari di “Half The World Away” o “The Masterplan”. Dio ce ne scampi!

“All Around The World” (da Be Here Now, Creation, 1997)

Il terzo album degli Oasis è uno degli album più divisivi della storia della musica. Anche tra i fratelli stessi: Liam lo adora, Marylin Manson lo adora, Noel lo rifarebbe tutto daccapo. Al sessantesimo minuto parte la traccia numero 10, la loro “Hey Jude”, interminabile, magniloquente, colossale. Potremmo anche accettarla se la fila al bar fosse scorrevole. Da “Be Here Now” vedo allora meglio “D’You Know What I Mean?” – immaginatela come primo brano in scaletta, quanto gaserebbe – o “It’s Gettin’ Better Man”, un sogno irrealizzabile “The Girl In The Dirty Shirt”, eseguita una sola volta live proprio in quel di Dublino e vero gioiello dell’album.

“Hey Now” (da What’s The Story? Morning Glory, Creation, 1995)

Un altro brano suonato con il contagocce, penso per l’alta estensione vocale e l’arrangiamento di mellotron che lo definisce; vicina a Neil Young nello stile, la includiamo nella lista perché: 1) Liam non raggiunge più certe note e 2) deve essere il caso più unico che raro in cui si proponga “Morning Glory” per intero, quindi si riduce a un 1% di probabilità di ascoltarla. Poco male, è un esempio di canzone uguale a sè stessa, che gira che ti gira sembra non finire mai.

“The Hindu Times” (da Heathen Chemistry, Sony, 2002)

Dai dati di setlist.fm l’opener di “Heathen Chemistry” (il vero flop della carriera dei Gallagher) figura 103 volte nei live. Molte, per non temere un’inclusione a sorpresa per questa reunion. Il problema è quando ascolti nello stesso concerto anche “Lyla” e “The Shock Of The Lightning”: fatichi a distinguere l’una dall’altra. E Hindu copia terribilmente la melodia di “Not Up To You” degli amici Stereophonics, dall’esordio “Word Gets Around” datato 1997.

“Roll It Over” (da Standing On The Shoulder Of Giants, Sony, 2000)

Brano in realtà dignitoso, da un album interlocutorio con poche altre perle (“Gas Panic”, “Where Did It All Go Wrong”). Lo canta spesso Liam da solista, però vale il discorso fatto per “Sad Song”, non è il luogo per le scommesse. Ricordo che quando la ascoltai la prima volta, ero giù di corda pensando che sarebbe stata la loro ultima canzone incisa, con quel suo tono grave, da viaggio senza ritorno.

“I’m Outta Time” (da Dig Out Your Soul, Sony, 2008)

Decisione opinabile, ma è la canzone giusta per scatenare l’effetto karaoke.

Abbiamo pagato troppo per vedere un mare di cellulari sulla testa.

“Little By Little” (da Heathen Chemistry, Sony, 2002)

Un inno per molti fan della band, ma contrariamente a “All Around The World” non è né universale né stonato. Dedicata da Noel alla ex moglie con parole al vetriolo, non la odiamo giusto per il bel videoclip con protagonista Robert Carlyle. Insieme al brano qui sopra, al 99% sarà in scaletta. In mezzo e per fortuna prima di WonderwallLiveForeverSupersonicChampagneSupernova. Comunque: quando si entra nello stadio, assicurarsi che il bar sia facilmente raggiungibile!

Ci aggiorniamo tra un anno. Be Mad Fer It!