“We’re safe… for the moment”: gli LCD sono un’àncora di salvezza per tutti

LCD Soundsystem @ Todays Festival, Torino, 26/08/2024

Il ritorno degli LCD Soundsystem in Italia, al Todays Festival di Torino, a distanza di sei anni dal loro ultimo concerto nel nostro paese – a Ferrara nel 2018 – è stato tanto trionfale e pirotecnico quanto chiunque conosca bene la band potesse prevedere. Da quello show ferrarese a oggi James Murphy e soci hanno continuato a tenere concerti un po’ ovunque nel mondo, seppur in maniera discontinua e, soprattutto, pur non avendo pubblicato nessun nuovo album e avendo diffuso come inedito, da allora, solo il singolo “new body rhumba”, presente in tantissime scalette recenti – ma non in quella di oggi – da quando due anni fa uscì. La venue all’aperto, il Parco della Confluenza, in un giorno sorprendentemente non caldissimo considerando il periodo bollente, si fa apprezzare anche per la possibilità che concede di far scatenare in modo particolarmente vivace i numerosi spettatori accorsi, che iniziano a radunarsi sotto il palco già poco dopo l’apertura dei cancelli nel tardo pomeriggio.

Il cartellone della serata, uno dei primi eventi del Todays Festival di quest’anno, è niente affatto banale. Ad aprire sono le interessanti dinamiche sonore di due band locali, Giulia’s Mother e Khempa con al loro fianco Akasha, che scaldano il pubblico a quello che arriverà poi. Il primo nome internazionale in cartellone è quello dei Nation of Langauge, trio proveniente da Brooklyn che ricama un tappeto musicale minuzioso, articolato ed esplosivo, che insegue ruggenti synth loop insistiti sovrastati da piogge di note indemoniate, su cui emergono la voce del leader, perfetta, pulita e grintosa, un basso acuminato e la presenza sporadica di una chitarra elettrica scivolosa ed effettata quanto basta tra riverberi, delay e distorsioni.

Quello offerto dai Nation of Language è un pregevole mix che sa tenere insieme il timbro ipnotico di Morrissey, le spirali oniriche e alienanti dei New Order e persino certe staffilate cosmiche dei Talking Heads e la new wave melodica dei Depeche Mode. A colpire è soprattutto la “corporeità” del cantante, magnetico sia quando suona la chitarra sia quando, per la maggior parte del set, canta con trasporto, danzando e dimenandosi sul palco, come se la sua vita dipendesse dalla performance di questa sera. I quaranta minuti dello show di questi tre ragazzi scorrono via veloci: è chiaro, insomma, che la serata è quella giusta per tutti.

A sancire definitivamente ciò è lo show degli LCD Soundsystem, guidati come al solito da un James Murphy leggiadro. Come il protagonista di un mito greco, immortale e granitico sia per le fortune per cui viene celebrato sia per il percorso a ostacoli che, come ogni eroe, è stato costretto ad attraversare, Murphy declama le proprie canzoni come fossero un rito iniziatico, in mezzo a gioie e dolori, tra il presente e il passato, e lo fa con la voce e col corpo. Non c’è nota che non sia da lui interpretata con quella vitale spontaneità che rende ognuno dei pezzi del gruppo unico. L’espressione del suo viso cambia spesso e le inclinazioni del suo corpo la seguono, mentre il canto si piega, si adatta e si incunea in queste necessità fino a farsi raffigurazione tangibile e insieme immacolata di James Murphy stesso.

Accanto al trio originario – tastiere e synth, voce e chitarra – ci sono quattro elementi che rendono il gruppo una band di ampio respiro adatta alle sinfonie elettro-rock che dipinge di fronte ai tanti spettatori. I brani sono veri quadri in movimento, dove tutto è in tensione ed è sempre sul punto di squarciare quel sottilissimo velo che divide il sogno dalla realtà. Gli strumenti si rincorrono tra loro e a loro volta rincorrono la voce di Murphy che è un fiume di lava da cui zampillano estrose le parole che emette. Il pubblico è in estasi e partecipa in maniera altrettanto fisica e intensa all’evento dal primo minuto all’ultimo. È una visione ramificata di rock elettronico tagliente e frenetico quella che colpisce il pubblico e che lo induce a ballare, applaudire e saltare senza sosta, e che ha nella grandezza delle composizioni proposte e nella eccelsa cura sonora della band – una maniacalità che risulta, però, naturalissima – i suoi indiscussi punti di forza.

Lo show, di un’ora e mezza, durata abituale dei set del gruppo in contesti festivalieri, è tutto ciò che qualsiasi appassionato potrebbe desiderare, e la veemenza e la concentrazione con cui il gruppo approccia la setlist rende ancora più potenti ed efficaci i brani. In scaletta ci sono i pezzi più dirompenti e rivoluzionari della band, ci sono quelli più trascinanti e poetici, ci sono quelli che hanno segnato le varie fasi dell’evoluzione artistica e “sociologica” degli LCD, a tal punto che il live diventa non solo un rituale collettivo di purificazione e di liberazione ma anche una sorta di riflessione analitica dei tanti meriti che ha avuto e che ha ancora questa band nel panorama musicale di questo nuovo millennio.

Anche se potremmo dire lo stesso per quasi qualsiasi altro brano del gruppo, dal momento che gli standard a cui Murphy e soci ci hanno abituati sono altissimi, è sicuramente vero che tutti speravano nella presenza in scaletta di pietre miliari come la graffiante e fragorosa “Us v Them”, che ha aperto il concerto, la malinconica e struggente “Someone Great”, la appiccicosa e ossessiva “Losing My Edge”, l’electro-dance pulsante di “Home”, quello corrosivo di “Dance Yourself Clean” e quello futuristico di “Tonite”, unico pezzo in scaletta stasera tratto da American Dream, la malinconica schiettezza della levigata “New York, I Love You but You’re Bringing Me Down” e la contagiosa e cinica sincerità della cinematica “All My Friends”, i due brani, questi, che hanno chiuso il set e la serata in una serie di crescendo senza fine che ha reso la scaletta e l’evento una catarsi che ha coinvolto sia la mente sia il corpo, nella quale tutti, ovviamente Murphy e i suoi in primis e, molto più in miniatura, noi pubblico, avevano qualcosa da dire e lo hanno potuto fare grazie a questa straripante energia. La band, inoltre, è in uno stato di forma straordinario, e questo rende ancora più affascinanti gli show di questo periodo.

Più di ogni altra cosa, oltre alla bellezza dei brani, tutte composizioni potentissime e poetiche, e al talento del gruppo, dalla grinta e dalla concentrazione notevolissime, a uno show degli LCD ci si diverte e ci si sente, per un’ora e mezza o due ore, liberi da qualsiasi peso e da qualsiasi impasse. Dalle riflessioni amare, sconfortanti e a tratti caustiche della ballata malinconica che è “Someone Great” alla pura frenesia che emettono le ipnotiche “Tribulations” e “Movement”, momenti del set, anche questi, di particolare intensità e bellezza, dalla robotica danza di “I Can Change” alle spirali di climakes che costruisce “You Wanted a Hit”, dalle melanconiche e romantiche sfumature di “New York, I Love You…” alla pura adrenalina di “All My Friends”, assistere a un concerto di James Murphy e soci significa purificare il proprio animo e alleggerirlo da quelle tensioni che – in senso etimologico – lo de-primono. Vuol dire sentirsi liberi, leggeri e in pace con se stessi e con gli altri; vuol dire riuscire a “mordere”, per parafrase Orazio, l’hic et nunc dolcemente, come quasi mai si riesce a fare nel delirante mondo contemporaneo.

(Live report, foto e video di Samuele Conficoni)