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Questo articolo è uscito originariamente su GOLEM il 15 Giugno 2023, e ripubblicato oggi su Kalporz per celebrare l’uscita del disco postumo di SOPHIE, che trovate a questo link.
Analizzando le evoluzioni interne alla musica pop nel corso dell’ultimo decennio, impossibile non prendere in serissima considerazione quel percorso legato all’elettronica e al suo processo di mimesi nei confronti della società contemporanea.
Facendo un balzo temporale di dieci anni indietro, cerchiamo di fare un quadro parziale che ci permette di inquadrare il mondo in cui hanno operato questi musicisti. Il mondo nel 2013 ha raggiunto la maturità della società dello spettacolo: Facebook ha da poco superato il miliardo di iscritti, mentre Instagram, acquistata poco prima da Mark Zuckerberg, viaggia sopra i 100 milioni. La comunicazione, soprattutto quella pubblicitaria, si orienta sempre di più verso i social network, aumentando la velocità e il bisogno di attenzione. Velocità e connessione sono quindi due delle parole chiave che caratterizzano i primi anni del decennio scorso.
Queste dinamiche hanno ovviamente coinvolto il mercato discografico, che da un paio d’anni ha visto l’ingresso del colosso svedese di streaming Spotify come uno degli attori principali. La società scandinava, che nel 2011 tramite un accordo con le quattro principali major discografiche statunitensi, attiva il proprio servizio di streaming negli USA divenendo quindi lo standard per la fruizione musicale mondiale. Il suo modello, incentrato sulla disponibilità enorme del suo catalogo comprendente sia le più grandi etichette che quelle indipendenti, permette ai suoi utenti di spaziare da uno stile musicale all’altro, creandosi le proprie playlist o ascoltando quelle proposte da algoritmi e curatori, in uno shuffle senza fine guidato da tag e sponsorizzazioni.
Non stupisce quindi vedere un percorso come quello di PC Music nascere e prosperare in un ambiente del genere, come una sorta di mutazione naturale di un certo modo di intendere la musica pop. Fondata dal producer inglese A.G. Cook nel 2013 come un profilo Soundcloud demonetizzato, nella sua prima fase PC Music racchiudeva senza particolari restrizioni stilistiche un insieme di produttori britannici che, attraverso una serie di fascinazioni e riflessioni comuni (elementi kitsch ultra-sintetici, tracce vocali up-pitched sulla base dei remix nightcore onnipresenti su YouTube, utilizzo di melodie e progressioni tipiche del bubblegum pop) rendevano palese ai loro ascoltatori il processo di accelerazione in atto nell’industria musicale. Proprio all’interno di questo magma stilistico e sonoro prende forma quel blob multiforme che, nel corso degli anni, prenderà il nome di Hyperpop, tra i movimenti stilistici più riconoscibili degli ultimi anni fino a quando è stato assorbito e codificato dal mainstream, culminando con l’ingresso nella classifica Alternative di Billboard da parte dei 100 Gecs nel 2020 con il remix della loro “Hand Crushed By a Mallet”, realizzato insieme ai Fall Out Boys, e al successo trasversale ottenuto negli anni dalla popstar Charli XCX.
Il nome che attraversando questi movimenti, pur in maniera totalmente indipendente e senza nessun tipo di omologazione, li ha probabilmente caratterizzati in maniera più importanti e fornito uno standard intorno al quale confrontarsi è stata probabilmente SOPHIE, producer scozzese morta prematuramente nel Gennaio 2021 ad Atene. Entrata in contatto con A.G. Cook nei mesi precedenti alla nascita di PC Music e del suo esordio discografico, sembra certo che i loro primi lavori abbiano trovato un forte interesse reciproco e abbiano fatto in modo di influenzare i relativi percorsi artistici, pur riflettendo su temi diversi.
Come ha ricordato Cook con una lettera sul suo sito, all’indomani della scomparsa di Sophie: “We were opposites in many ways, and naturally complementary. […] We were intrigued by each other’s approaches and would trade a lot of those skills over the years, but when we worked together we tended towards that original formation, bringing elements together almost instantaneously. My chords, her sounds, done.”
Ma mentre l’approccio di Cook e i producer legati a PC Music tendeva a essere eccessivo nella produzione, per SOPHIE la formula era opposta: ridurre al minimo gli elementi lavorando più sul virtuosismo del suo sound design. Anche nel discorso compositivo: A.G. Cook, nella lettera sopracitata, ricorda come agli accordi SOPHIE preferisse un approccio melodico, riducendo la progressione armonica a un insieme di singole note e suoni.
La serie di singoli pubblicati da SOPHIE dal 2013 in poi (con il singolo “Nothing More To Say/Eeehhh”) e culminata nella compilation edita nel 2015 “PRODUCTS” presenta la producer scozzese al mondo con un suono riconoscibile e iconico, in un tentativo di riprodurre nel mondo digitale fenomeni reali. Abbiamo un chiaro esempio con uno dei primissimi brani da lei pubblicati: “LEMONADE”. Il brano, caratterizzato da una strofa che vede il ripetersi di alcuni versi in maniera apparentemente slegata, sembra un’estremizzazione di un brano pubblicitario per un’azienda di soft drink (azienda che, effettivamente, gestiva il padre), con i suoi suoni che rappresentano attraverso il suono bolle gassate, sorsi soddisfatti e liquido che fluisce. In ogni caso, si potrebbe anche leggere liriche ed eventi sonori in altro modo: SOPHIE racconta a un secondo personaggio (il ‘candy boy’ invocato nel chorus) che, nonostante le sue involontarie manipolazioni emotive, è desiderosa di avere la sua ‘limonata’ (“It’s just that when I’m with you and everything’s okay /I get that fizzy feeling and I want lemonade”). I riferimenti sessuali permeano tutta questa parte di produzione di SOPHIE, come nel Lato B del singolo, “Hard”, zeppo di riferimenti a pratiche BDSM. Non a caso, nell’edizione stampata di “PRODUCT”, il disco poteva venire acquistato con alcuni prodotti complementari, tra cui un sex toy in silicone.
Questa parte di poetica di SOPHIE rappresenta uno degli aspetti fondamentali della sua pratica da musicista, ovvero quello di esprimere attraverso la creazione artistica una narrazione queer senza filtri e che comunicasse al fruitore attraverso il suono. Questo, insieme all’unicità del suo suono raggiunto tramite una meticolosa pratica di sound design attraverso sintetizzatori a modulazione di frequenza (FM Synthesis), ha fatto in modo di arrivare velocemente a divenire una delle musiciste più in vista del nuovo panorama musicale. Non a caso, nel 2014 viene assunta dalla popstar statunitense Madonna per produrre “Bitch I’m Madonna”, terzo singolo dell’album Rebel Heart pubblicato nell’anno successivo.
Dopo l’uscita del già citato “PRODUCTS”, nel novembre dello stesso anno, SOPHIE diviene ormai una musicista di culto all’interno di appassionati e addetti ai lavori, ma pochissimo si sa di lei. Negli anni è diventato famoso il video di un dj set del 2014 in cui SOPHIE si sarebbe fatta impersonare da un sosia per poi salire sul palco, in una sorta di easter egg che coinvolgeva solo chi la conoscesse di persona.
Questo mistero sulla sua identità è parte integrante del progetto del suo album di debutto del 2018, “OIL OF EVERY PEARLS’ UN-INSIDES”. Il primo singolo estratto dal disco, “It’s Okay To Cry”, è un punto centrale nella narrazione artistica e personale di SOPHIE, snodo del racconto della sua musica nel suo complesso e non solo relativamente a “OIL OF EVERY PEARLS’”. Nel video che accompagna il brano infatti SOPHIE mostra al pubblico per la prima volta la sua persona e ci lascia ascoltare la sua voce. L’atto del mostrarsi a petto nudo però non è da intendersi come banale mossa provocatoria di marketing, ma come invito all’accettazione di sé davanti al mondo. Il corpo diventa quindi mezzo di espressione artistica, tramite del messaggio che la musicista lancia ai suoi ascoltatori, e non fine di un’operazione.
“It’s Okay To Cry”, con la sua potenza espressiva e liberatoria e il crescendo finale, apre dunque le porte al racconto di “OIL OF EVERY PEARLS’ UN-INSIDES”, uscito il 15 Giugno 2018. Il concetto di ‘transizione’, sia nel mondo fisico che in quello virtuale (in quella sorta di transumanesimo digitale a cui si faceva riferimento prima), rimane uno dei temi centrali nel lavoro della musicista scozzese.
Questa narrazione è particolarmente presente nella terza traccia del disco “Faceshopping”. In questo brano l’idea della realizzazione di sé attraverso una manipolazione, come rimarcato dal verso in chiusura della prima strofa, “I’m real when I shop my face”, permette a SOPHIE di avanzare ancora in questa narrazione della creazione del sé. Non solo quindi una trasformazione fisica, o digitale (come suggerito dal video ufficiale del brano), quanto un insieme di entrambe le pratiche, presentando una figura idealizzata come la propria reale identità, che si esprime attraverso la musica.
Questa ricostruzione di sé insita nella transness di SOPHIE è anche e soprattutto una ricerca interiore, in un percorso di decostruzione dei ruoli binari all’interno della società. Come riportato nell’intervista concessa nel 2018 a PAPER mag: “For me, transness is taking control to bring your body more in line with your soul and spirit so the two aren’t fighting against each other and struggling to survive. On this earth, it’s that you can get closer to how you feel your true essence is without the societal pressures of having to fulfill certain traditional roles based on gender. It means you’re not a mother or a father—you’re an individual who’s looking at the world and feeling the world. And it’s somehow more human and universal, I feel.”
Una comunione fisico-spirituale, dunque, che trova il suo compimento a livello musicale nel brano più melodico di tutto il disco, “Immaterial”. Questa presa di coscienza viene esplicitata da SOPHIE nel testo: “You could be me and I could be you / Always the same and never the same / Day by day, life after life / Without my legs or my hair / Without my genes or my blood / With no name and with no type of story / Where do I live? / Tell me, where do I exist? / We’re just immaterial boys, immaterial girls”. Una sorta di inno dedicato a una comunità queer in lotta per il riconoscimento di un’identità non binaria all’interno di questo mondo, in cui corpi mutanti espandono la discussione sul genere, non più legato al sesso di provenienza.
L’impatto di “OIL OF EVERY PEARLS’ UN-INSIDES” nei cinque anni che separano l’uscita del disco a quella di questo articolo è stata enorme e trasversale. SOPHIE è divenuta l’artista musicale di riferimento della galassia LGBT+, grazie alle sue riflessioni in musica su corpo, genere, identità. Negli anni anche l’hyperpop è diventato uno degli stili ‘di bandiera’ della comunità, grazie alla sua capacità di espandere i limiti ed essere per sua natura fluido.
Nonostante la prematura scomparsa di SOPHIE, avvenuta nel Gennaio 2021, l’importanza della producer britannica è stata tra le maggiori che si sono verificate nel decennio scorso, lasciando il mondo artistico amareggiato per i contributi che ancora avrebbe potuto apportare.