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“Questo è il migliore posto dove sono stato al mondo”
(Royel Otis)
È sufficiente considerare il numero dei presenti a questa ventisettesima edizione dell’Ypsigrock per comprendere quale credibilità e rilevanza l’evento ha saputo guadagnarsi nel corso degli anni. Non servono improbabili confronti con Glastonbury, lo Sziget o altri appuntamenti del nuovo o del vecchio continente, Il Festival di Castelbuono rappresenta una storia a sé. Storia che racchiude una identità ben precisa, in cui sogni e desideri impalpabili acquistano un aggancio con la realtà. Non è soltanto la selezione musicale, ma il contesto che rende il pubblico non esclusivamente spettatore o fruitore, bensì componente indispensabile del tutto, a dare effettivo spessore a un luogo le cui coordinate sono immerse in un piccolo paese adagiato sulle Madonie.
Forse è questa alchimia la chiave per spiegare il senso di entusiasmo e di attesa che l’Ypsigrock riesce a ricreare ogni estate, chiamando affezionati spettatori un po’ stempiati, magari con la t-shirt di qualche lontana edizione, accanto a giovanissimi rappresentanti della cultura neo-dark vestiti di nero e con un biglietto in tasca dell’ypsigcamping. Plauso meritato all’organizzazione, ancora una volta efficientissima, che ha alternato con scansione temporale inappuntabile le esibizioni di piazza Castello e quelle al Chiostro di San Francesco. Quattro giorni, dall’8 all’11 agosto, in cui il borgo di Castelbuono (Pa), famoso per il panettone lanciato nello spazio e l’ottimo gelato, si è trasformato nello scenario incantato ideale per mettere un attimo da parte le tensioni accumulate durante tutto il lungo inverno e lasciarsi sorprendere dagli artisti presenti nella time-table.
Di sorprese spesso si tratta infatti, ed è questo uno dei vantaggi dell’essere ypsini: scoprire, talvolta in anticipo, band che raggiungeranno il successo più avanti. Così è accaduto per i Fontaines D.C e potrebbe ripetersi con nomi come Royel Otis, Tapir! o Lauren Auder. Se l’edizione precedente è stata orientata verso forme shoegaze (con la presenza, tra gli altri, degli Slowdive), è l’eterogeneità a costituire quest’anno il trait de union: dal post rock degli Explosions in the sky, al beach pop dei Beach Fossils fino a suoni più duri e oscuri, come quelli dei Chalk e degli Heartworms. A fare da contrappeso alla scarsità degli effetti speciali sul palco (a eccezione dei coriandoli lanciati durante l’esibizione di Colapesce e Dimartino) – se paragonati allo spettacolo senza uguali dei Flaming Lips nel 2022 -, ci sono stati gli straordinari videomapping proiettati sulla facciata iconica del Castello dei Ventimiglia da Ionee Waterhouse e generati tramite l’intelligenza artificiale.
I motori vengono accesi dalla performance The sound of this place. Sopra il palco del Chiostro arrivano Andy, co-fondatore dei Bluvertigo, Sofi Paez, Bodur, Angelo Sicurella e la danzatrice Federica Aloisio. La giornata al Castello prende avvio, con aggraziata eleganza, attraverso le note di una band parigina, gli Oracle Sisters, che esplora la matrice beatlesiana, catchy e sognante, con un sogwriting creativo e composito. Di fronte a brani come “Asc. Scorpio” e “Tramp Like You”, in cui spicca la bellezza e la bravura di Julie Johansen, batterista e cantante, ci imbattiamo in una delle formazioni più interessanti, che probabilmente avrebbe meritato uno spazio meno defilato in scaletta. Gli Egyptian Blue aggiungono del sale, portando la prima ventata post-punk all’Ypsi once stage, seguiti dai Jadu Heart che bilanciano con tonalità sonore più calde.
Protagonisti assoluti della prima giornata, Colapesce e Dimartino, già avventori dell’Ypsigrock quasi fin dalla prima ora (entrambi presenti inoltre in alcune delle passate edizioni, ma in veste separata), da veri padroni di casa, trascinano gli ypsini con una scaletta che parte da “La luce che sfiora di taglio la spaggia mise tutti d’accordo”, tratto dall’ultimo lavoro insieme, Lux Eterna Beach (piccola curiosità: la foto in copertina dell’album è stata scattata nel vicino osservatorio astronomico Gal Hassin di Isnello) e passa per “Bandiera bianca” di Battiato. Lorenzo Urciullo a causa di un infortunio suona da seduto, ricordando ai più veterani la scarna (ma struggente) performance degli Spiritualized di qualche anno prima, amplificando la durata dei brani con delle parti strumentali insieme a una band d’eccezione composta da Enrico Gabrielli, Adele Altro e Nicolò Carnesi.
L’esibizione di Marta del Grandi, musicista italiana tra le più convincenti attualmente in circolazione (della quale vi abbiamo già parlato in queste pagine) è la prima del 9 agosto.
Altra voce femminile, Julie Byrne, accarezza e rassicura il pubblico con un set in acustico. È solo un momento di tregua prima della serata che è invece movimentata dall’esuberante frontman dei Model/Actriz, in abiti da donna, che non esita a far perdere le sue tracce tra la folla (spezzando anche il lungo cavo del microfono) e a cantare sulle gradinate del Castello, e dal suono corrosivo dei Chalk. Gran finale con i Royel Otis, altro nome da tenere a mente di questa edizione. Il misterioso duo australiano, composto da Royel Maddell e Otis Pavlovic, conduce in una spirale di sonorità indie-pop (tra cui la hit “Oysters in My Pocket”), regalando una cover chitarristica del brano millennial “Murder on the Dancefloor “ di Sophie Ellis-Bextor e di “Linger” dei Cranberries. Ma sono gli Explosions in the Sky a rivelare la potenza ancestrale dell’Ypsigrock, spalancando le porte di un’altra dimensione.
Tornando sull’Ypsi & Love Stage del Chiostro, la giornata di San Lorenzo è inaugurata dai Tapir! La formazione inglese propone un gradevole e delicato mix di cantautorato folk scandinavo, alla Sondre Lerche, e pop britannico declinato con accenti barocchi e fiabeschi, voci in falsetto, drum machine e citazioni di musica classica (Gymnopédies di Erik Satie). Tra le canzoni eseguite dalla band composta da sei elementi, il pubblico ondeggia sugli strumenti a fiato presenti in “Act 2 (Their God)” e sulla deliziosa ballata “My God“. Ma il sabato vuole, come da tradizione, che la musica verta su selciati elettronici. Così Kimyan Law, musicista austriaco di origini africane e, subito dopo, gli Heartworms di Jojo Orme spingono piazza Castello sotto il peso di ritmi pulsanti e di un vortice spettrale. Verso territori diversi, i Bdrrm, altro gruppo che merita particolare attenzione, con una scarica adrenalinica di chitarre trasognate crea un’intensa connessione con il pubblico che si getta in performance di body surfing. Il colpo al cuore arriva però con l’attesa esibizione di Kae Tempest. Non bisogna conoscere a fondo i testi delle canzoni per entrare nel suo universo e venire colpiti dalla grinta, dalla forza e dalla dolcezza che il suo rap sprigiona.
Scoperte e sorprese, dicevamo, e questo è il caso delle esibizioni che hanno incorniciato l’ultimo pomeriggio al Chiostro. Una delle realtà più curiose è rappresentata dalla band olandese Yin Yin. Il gruppo arriva sul palco indossando vestiti sartoriali che ricalcano lo stile dance degli anni ’70. La loro musica però è tutt’altro che banale, ma recepisce influenze eclettiche che affondano nel funk psichedelico, nella word music e nel surf, assimilando, a partire dai titoli dei brani, il fascino del Giappone. La strumentazione include percussioni e synth e il live offre una ventata di energia e di originalità. Allo stesso tempo risulta di forte impatto l’esibizione, ancora sull’Ypsi& Love Stage, di Lauren Auder; l’artista gender fluid esprime sul palco tutta la sua personalità e il suo carisma.
Ci avviciniamo alla chiusura e il pensiero che si fa strada è che un’esperienza come questa non debba mai finire. Ma i sogni belli svaniscono in fretta e così Tkay Maidza, Fat Dog, impegnati in balli e esercizi di ginnastica sul palco e i Nation of Language (annunciati già nel 2022 e sostituiti dai PVA) aprono uno degli act più attesi. I Beach Fossils ravvivano quel filone di indie dreampop da spiaggia presente quasi sempre nelle line up dell’Ypsigrock, a partire dai The Drums, Beach House fino ai DIIV. La band si presenta fresca e precisa, dando vita a uno show che si snoda tra brani sospesi come i palloncini colorati che si inseguono per piazza Castello, da “Dont Fade Away”, “Adversity”, “Sleep Apnea” fino a “Daydream”, creando la predisposizione psichica perfetta per portare sempre con sé l’atmosfera di questo festival, mentre l’intera area si riempie di una coltre di lucine accese con la torcia del telefono che formano un tetto di stelle. È una immagine gioiosa, così come lo è la festa che esplode tra le note di “All I Want For Christmas Is You” di Mariah Carey, mentre gli organizzatori dell’associazione Glenn Gould che ha messo in piedi tutto questo si affacciano sul palco raccogliendo, com’è giusto, l’ovazione commossa del pubblico.
L’ultimo rituale si svolge a San Focà, al Cuzzocrea Stage dell’Ypsicamping, dove di giorno si sono tenute le selezioni di Avanti il prossimo, il contest che ogni anno offre spazio ad artisti emergenti. Nepobaby, Buckwise, Rip, Laura Masotto ed Emma sono i protagonisti di questa edizione, vinta da Kyoto. C’è ancora un live, quello di Bodur, sinuosa e misteriosa come una apparizione notturna nel bosco. Prima di smontare le tende, il Partyzan a cura di Robert Eno e Fabio Nirta prosegue fino al mattino. L’ypsgrock 2024 ha ospitato complessivamente nomi meno altisonanti rispetto ad altri anni, ma non ha mancato di coraggio e di visione. Sperando di vedere di nuovo lo spin-off di Orbita– E tu splendi, la rassegna nata nel periodo covid e che ha portato a organizzare lo scorso inverno una serata all’ex chiesa del Crocifisso (esclusa dalle location quest’anno), il conto alla rovescia riparte. Ma l’Ypsigrock è lì per ricordarci che il tempo è una concezione relativa e che la comunità finirà per tornare a ritrovarsi.
(Live report e foto di Eulalia Cambria)
Thanks to Ypsi&Love group