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#tbt #throwbackthursday
Alex Turner è diventato grande presto: pare esserlo sempre stato. Troppa eleganza anche da ragazzino scavezzacollo, quando si lanciava con i suoi Arctic Monkeys nelle lande velocissime degli anni Zero con album fulmicotone come i primi due della band di Sheffield. Pure a 19 anni aveva classe da vendere. Che ha dimostrato ancora di più poco dopo: la sua indole profonda, sorniona e anche un po’ grandeur si materializzava perfettamente nel debut album del progetto The Last Shadow Puppets, che mai ringrazieremo abbastanza. Ed eravamo solo nel 2008: basti dire che lì nomi tutelari erano Ennio Morricone, Scott Walker e Burt Bacharach.
Poi ecco che, dopo l’interlocutorio ma comunque riuscito “Humburg” (2009), Turner sorprende tutti: non più chitarre elettriche, non più archi, orchestre, batterie arrembanti, no no, non più. Solo lui e una chitarra acustica e il vezzo di comporre una colonna sonora.
“Submarine” è il debutto in EP da solista del musicista inglese, pubblicato il 14 marzo 2011 dalla Domino, e forse l’abbiamo trascurato troppo presto. Eravamo troppo presi dal quarto album delle “scimmiette“, che arrivò poi a giugno di quell’anno (“Suck It and See”). E invece oggi, trascorso più di un decennio, si impone la sua riscoperta.
Dentro c’è quell’animo folk che solo i grandi sanno trasmettere quando sono soli contro la loro chitarra acustica. O, meglio, quando sono armati solo di quella. Nudi alla meta. Non così depresso come Nick Drake ma nemmeno allegro alla Badly Drawn Boy, “Submarine” rimane sollevato come una brezza marina, al molo, in una giornata piuttosto uggiosa. Sono sei canzoni che entrano nelle nostre orecchie in punta di piedi, sfrigolando, facendoci rilassare ma anche pungolandoci con un pizzico di amaro in bocca.
Non è giusto che di questo EP rimanga ai posteri solo la prematura versione acustica di “Piledriver Waltz”, che poi finirà in elettrico in “Suck It and See”: c’è molto di più, c’è eterna profondità, c’è un amore mai sopito per un cantautore poco conosciuto ma a cui dedicheremo anche a lui un #tbt, prima o poi, ovvero Richard Hawley.
Alex poi ha continuato a girovagare musicalmente con gli Artic Monkeys, ma non è più tornato in quella stanza di Brooklyn dove compose “Submarine”. Ma chi lo sa, poi? Potrebbe risuccedere da un momento all’altro.
Noi siamo qui, sul molo.
(Paolo Bardelli)