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Barbara Baraldi è una professionista della scrittura che ha realizzato il suo sogno di adolescente entrando a fare parte della vita di Dylan Dog allo stesso modo in cui l’indagatore dell’incubo ha fatto parte della sua. La abbiamo incontrata al Lucca Comics & Games 2024 il primo novembre, a un anno esatto dalla scomparsa di Carlo Ambrosini, per farci raccontare di un anno al timone di Dylan, dei nuovi progetti e delle suggestioni che Dylan Dog continua a incoraggiare.
Ben trovata Barbara a distanza da un anno dalla Lucca dello scorso anno. Una Lucca col sole, intanto.
Sì, infatti già questo fa la differenza.
Allora, vorrei iniziare non parlando di bilanci, ma parlando di racconti. Da poco più di un anno sei curatrice di Dylan Dog in pianta stabile: che anno è stato, cosa raccontano questi dodici mesi?
È stato un anno che è volato perché ho lavorato a tempo pieno e senza orari. Quando qualcosa non è un lavoro, ma è la vita, fai fatica a fermarti e magari ti ritrovi a lavorare fino alle sette e mezza di sera, ti fermi e mangi qualcosa al volo, ma poi riprendi dopo cena e, anche quando stacchi, non vedi l’ora di tornarci la mattina presto, perché inizi a vivere dentro le storie. Fa un certo effetto che domani (2 novembre – ndr), quando ci sarà la conferenza Bonelli, io mi ritroverò a parlare di cose che ho, come dire, curato già da tanto tempo. È stato un anno, come dicevo, di storie.
Ripenso alle idee che mi hanno proposto con grandissima passione gli sceneggiatori. Con loro abbiamo lavorato insieme, a volte a più riprese, perché magari la base del soggetto era buona, ma mancava qualcosa, o magari il finale non era soddisfacente, non raccoglieva tutto quello che la storia aveva seminato. Per queste ragioni ci siamo ritrovati a parlare tanto con l’intenzione di farle splendere al massimo. In tutto questo non è mai mancata la presenza di Tiziano Sclavi che offre sempre un’ultima lettura. Tiziano ha una creatività dirompente. In un istante è capace di individuare un dettaglio che potrebbe risultare problematico in fase di sceneggiatura. A volte offre spunti risolutivi per migliorare il finale. Ci sentiamo sempre via mail, le telefonate sono rarissime: abbiamo una sorta di… rapporto epistolare. Tiziano, a dispetto di un immaginario per cui si crede sia nottambulo, scrive sempre la mattina presto, e in questo siamo affini. Cerco quindi di fargli trovare le mail nelle prime ore del mattino. È stato anche un anno in cui abbiamo ripreso i rapporti con sceneggiatori e disegnatori che mancavano da molto tempo nella serie regolare. Ci saranno dei bei ritorni, ma anche tantissimi esordi.
A proposito delle nuove penne su Dylan, si tratta di un aspetto che abbiamo curato con Tiziano, come dice sua moglie Cristina con uno schema nave scuola, che è una cosa che non si riusciva più a fare da un po’ per vari motivi, ma che io ho voluto riprendere. In pratica, dopo aver curato la storia di un nuovo autore, pensiamo a uno sceneggiatore veterano che possa affiancarlo nel suo esordio. Non si tratta per forza di principianti assoluti, sono capitati professionisti con grandi successi alle spalle, magari come nel cinema, ma Dylan è un’altra cosa e merita un tipo di attenzione tutta sua. Dylan Dog è un personaggio, anzi una persona, tra i più difficili da scrivere perché, se da un lato offre grande libertà, c’è anche un canone “dylaniato” ben preciso, che ha bisogno di essere conosciuto e compreso.
Vi racconto come è nata una di queste collaborazioni. Franco Busatta, il curatore di Old Boy, ha ricevuto una proposta di soggetto da parte di Mauro Aragoni. Franco me lo ha fatto leggere – succede spesso che io chieda un consiglio a lui, o che lui lo chieda a me. Non appena l’ho letto l’ho trovato perfetto per la mia linea editoriale sulla serie regolare, e ho cominciato a seguirlo personalmente. Mauro è un regista e sceneggiatore affermato anche oltreoceano, ma per i motivi di cui sopra, ho pensato di affiancarlo per la sceneggiatura a Pasquale Ruju, suo amico e conterraneo.
A proposito di novità, qui a Lucca è stato presentato il nuovo bis.
Questa è una novità a cui tengo molto. Il primo bis di Halloween uscirà il prossimo 14 novembre. L’ho concepito come uno ‘speciale’ particolarmente horror. Si tratta di storie oscure, senza compromessi. Mi piace chiamarlo “Halloween special” non solo perché Halloween è una festa che conoscono anche i bambini, ma è proprio perché legato alla notte dei morti, all’oscurità. Questa nuova uscita, per la quale abbiamo lavorato intensamente per concretizzarla già quest’anno, farà sì che avremo due “bis” a scandire le due stagioni più horror: l’estate (spiagge affollate, code autostradali, caldo soffocante), e il cuore “nero” dell’autunno. Il primo sarà proprio l’albo di Aragoni/Ruju, per i disegni di Antonio Marinetti. Antonio, oltre a essere molto bravo a realizzare le sequenze horror (aveva già disegnato Hazel la Morta), lo è anche nelle sequenze d’azione.
Quindi sì, ci sono tante idee in ballo, tante novità, perché non è finita, la mente è sempre in fibrillazione (dato che dormo pochissimo, anche per colpa dei miei gattini). In questa storia compare un corvo, una creatura che da un po’ di tempo mi volteggiava intorno: diversi autori mi hanno sottoposto soggetti che contemplavano la presenza di un corvo, due in particolare sono molto forti. Così, mi sono detta: “Aspetta, ma non è che Poe sta cercando di dirmi qualcosa?” Ho effettuato un controllo e ho scoperto che la poesia Il corvo compie 180 anni nel gennaio del 2025. Così, ho pianificato tutte le uscite a ridosso dell’anniversario.
Quindi c’è un ciclo legato al corvo per omaggiare la poesia al corvo di Poe per i suoi 180 anni e che si lega anche a un Dylan Dog storico, il #33 , tra l’altro.
Assolutamente sì. La seconda storia di questo ciclo di albi autoconclusivi conteneva già nella proposta di soggetto la poesia di Poe. È di Lorenza Ghinelli, un altro esordio “eccellente”. Lei è una scrittrice che stimo tantissimo, autrice del best-seller Il Divoratore. L’ho affiancata a Giovanni Eccher per la sceneggiatura, sempre seguendo lo schema della nave-scuola; un soggetto fortissimo affiancato a uno sceneggiatore veterano.
Insieme a questo trittico di storie con il corvo, che sono tutte autoconclusive e legate tra loro da un unico elemento ricorrente, ovvero il corvo, con questo “bis” si apre anche il “ciclo dei mostri”. Si tratta di una rivisitazione in chiave contemporanea e insolita di mostri “classici”. In sintesi, quest’anno ha portato un lavoro incessante, fatto da persone che si sono trovate e lavorando assieme, condividendo una passione comune, sono arrivate una cascata di nuove idee ed è stato stimolante.
Pochi minuti fa hai finito una sessione di firme. L’anno scorso arrivavi in punta di piedi, quest’anno invece sei stabilmente nel ruolo e i lettori hanno imparato a conoscerti. Che tipo di riscontri hai avuto incontrando persone in coda per te?
Guarda, è stato bellissimo, perché Dylan Dog per me è un fratello e i lettori hanno dimostrato che anche per loro è così e, in un certo senso, mi hanno adottata. Ho fatto tanti firmacopie con i miei thriller e capita che ti ringrazino, ma raramente ti chiedono anche di abbracciarti. Oggi ho ricevuto tantissimi abbracci ed è stato davvero emozionante.
Invece, tornando a un passo indietro, una delle uscite più importanti di questa Lucca, per mille ragioni non ultima la presenza della sceneggiatura in calce, è Il lungo addio. In merito a un volume tanto importante volevo chiedere alla Barbara adolescente all’epoca dell’uscita di questa storia, come accolse quella storia.
Oggi è il primo novembre ed è passato un anno dalla morte di Carlo Ambrosini, ma in un certo senso lui non se n’è mai andato. L’arte fa sì che i nostri autori del cuore, scrittori, disegnatori, non muoiano mai; è come se andassero solamente da un’altra parte, ma ci lasciano un’eredità che è grandissima. Carlo Ambrosini vive ed è qui. È bellissimo ritrovarlo in un volume così grande, pregiato, curato, con la sceneggiatura completa del nostro Tiziano che si rivolge direttamente a lui, come in un dialogo creativo. Il mio ricordo d’adolescente dell’albo è – credo di essere banale in questo senso – quello di gran lacrime. E poi, la meraviglia di scoprire da dove arriva la Bodeo, la pistola di Dylan: considerai un regalo trovare questa scheggia del suo passato. E poi, come hai già anticipato, in questa edizione è presente la sceneggiatura di Sclavi, che da sola vale il “prezzo del biglietto”.
Tu prima parlavi di un rapporto epistolare con Tiziano. Leggendo la sceneggiatura, che parte dal soggetto di Marcheselli, oltre a essere suggestivo perché si ascolta la voce del creatore del personaggio, si osserva come la stessa sia una lunga lettera tra sceneggiatore e disegnatore, tra Tiziano Sclavi e il compianto Ambrosini.
E’ assolutamente così, è una lunga lettera e poterla leggere è un dono grandissimo, perché è come sentire la voce di Tiziano e ritrovare anche Carlo, osservando come le indicazioni di Tiziano siano diventate le tavole che conosciamo tutti.
Tra i lettori che hai appena incontrato ovviamente ci saranno i lettori che avevano incontrato Il lungo addio da ragazzi. Ti è capitato di incontrare ragazzi di oggi a cui Il lungo addio sta parlando adesso. Oggi mio figlio fa 16 anni e lo ha appena letto e io l’ho letto che avevo più o meno la stessa età.
Sì, ho visto anche dei ragazzi e delle ragazze ma soprattutto – una cosa bellissima – ho visto dei nostri coetanei con i figli. Spesso sono stati proprio questi ultimi a chiedermi la foto e gli autografi, e non la mamma o il babbo. È davvero un’emozione vedere che Dylan continui a parlare ai più giovani. Noi lo abbiamo “rubato”, che so, a un amico, al cugino o al fratello più grande… e oggi la tradizione continua.
In un momento in cui esci con un nuovo romanzo, impossibile non chiedere quando ti troveremo di nuovo ai testi e alla sceneggiatura di Dylan
Ebbene sì, sono riuscita anche a scrivere. La fortuna è che ci sono disegnatori che mi vogliono bene e chiedono le mie storie (mi tengono marcata!). Una piccola anteprima: sto lavorando a una sceneggiatura che nasce da una suggestione di Corrado Roi, che mi ha chiesto di scrivergli una fiaba nera, dandomi solo due parole: “Homo Selvaticus”. Partendo da queste due parole, mi sono lasciata trasportare dalla leggenda dell’uomo selvatico e ho scritto una storia nerissima per Corrado, cucendogliela addosso. L’ispirazione ha iniziato a scalciare e, alla fine, non sarà un solo albo ma due, una doppia che uscirà come da tradizione la prossima estate. Quando in redazione hanno visto le prime tavole mi hanno chiamata e mi hanno detto “ma cosa sta facendo Roi?”, perché è incredibile dirlo conoscendo il suo talento, ma si è di nuovo superato.
Abbiamo incontrato Omar Rashid, regista di Generazione fumetto, un documentario a cui hai partecipato anche tu. Come è stato fare parte di un progetto che raccontasse l’arte di fare fumetto e lo esplorasse come media e attraverso la voce di alcuni dei fumettisti più importanti del momento?
Guarda, mi è piaciuto tantissimo, anche perché si parla di una generazione che ha fatto cose fantastiche, dimostrando (una volta di più) che il fumetto è un mezzo che può veicolare qualsiasi messaggio. Sono stata felice di farne parte. Inizialmente dovevo parlare del lavoro degli altri, ma poi Omar mi ha chiesto di far parte del progetto da protagonista. Ho parlato di quello che il fumetto ha significato (e significa) per me, e di come una grande passione sia diventata poi un lavoro, ma anche di Dylan Dog. Sono fiera di poter dire che ho imparato a leggere sui fumetti. Il primo è stato Alan Ford, rubato a mio padre che nascondeva la collezione in soffitta (infestata, naturalmente). Mentre il primo che ho comprato con i miei soldi è stato, ovviamente, Dylan.
Quindi sono questi i fumetti a cui sei più legata?
Sì, diciamo che hanno significato dei punti ben precisi della mia vita. Quando oggi me lo chiedono non ho dubbi però nel dire che quello decisivo sia stato Dylan Dog e lo curo perché ne sono parte come lui è parte della mia formazione. Eddie Van Halen disse: “Non sono così perché sono nei Van Halen. Sono nei Van Halen perché sono così.” Il mio rapporto con Dylan Dog si spiega nello stesso modo.
Ti ringrazio ancora per questo incontro è sempre bello ritrovarti
Grazie a voi!
Intervista registrata a Lucca, il primo novembre 2024.
Barbara Baraldi
Emiliana, classe 1975, è autrice di thriller e sceneggiature di fumetti. Nel 2012 esordisce nello staff della Bonelli con la storia breve Il Bottone di Madreperla, disegnata da Paolo Mottura e pubblicata su Dylan Dog Color Fest #9. Nel corso degli anni ha firmato decine di storie del personaggio, tra le quali Jenny, ispirata alla canzone di Vasco Rossi, Gli Anni Selvaggi, Casca il mondo e La ninna nanna dell’ultima notte.
Pubblica per Giunti editore la serie thriller Aurora Scalviati, profiler del buio di cui fanno parte i romanzi best-seller Aurora nel buio (2017), Osservatore oscuro (2018), L’ultima notte di Aurora (2019), La stagione dei ragni (2021) e Cambiare le ossa (2022). Il suo ultimo romanzo è La bambola dagli occhi di cristallo (Giunti).
Nel corso della sua carriera ha pubblicato per Mondadori, Castelvecchi, Einaudi ed ha collaborato con la Walt Disney Company come consulente creativa. Ha pubblicato graphic novel con editori indipendenti in Italia e con l’editore Soleil in Francia.
I suoi libri sono accolti con favore dalla critica e dal pubblico e sono pubblicati in vari Paesi, tra cui Germania, Polonia, Inghilterra e Stati Uniti.
Lo Spazio Bianco è una rivista online, amatoriale e indipendente, dedicata a informazione, critica e divulgazione del fumetto, attiva dal 2002. Le ragioni della collaborazione tra Kalporz e Lo Spazio Bianco puoi leggerle qui