Share This Article
Dopo aver cambiato da qualche tempo la sua denominazione, il festival italiano dal respiro più globale che ancora in tanti chiamano Club To Club è riuscito a darsi una propria identità ormai consolidata che travalica, senza accantonarli, i confini del clubbing abbracciando già da un po’ mondi e generi un tempo difficilmente immaginabili. Tutto ciò con venti esclusive italiane e, soprattutto sette “prime volte in Italia”, un aspetto da evidenziare in una realtà fatta di festival copincolla e nomi più o meno mestati e rimestati per mille motivi nella maggior parte degli eventi.
Non è stato facile riscrivere e raccontare con credibilità questo cambio di passo senza proclami autoreferenziali e senza marketing realmente aggressivo, in considerazione, soprattutto delle conseguenze che possono aver avuto sulla programmazione dei festival europei la Brexit e gli anni della pandemia. E non è stato facile riuscire a preservarne la sostenibilità e soprattutto i numeri.
L’edizione 2024 di C2C Festival, dal 31 ottobre al 3 novembre, divisa come da tradizione tra quartier generale del Lingotto e altre quattro venue in parallelo con un altro degli eventi torinesi dall’appeal veramente internazionale come l’Art Week, è andata nuovamente sold out (41mila presenze, ovvero 6mila in più rispetto al 2023) con un dato davvero eccezionale di partecipanti non italiani, addirittura il 33% da quasi cinquanta diversi paesi del mondo. Non è un dato che stupisce per chi era presente nella giornata inaugurale ospitata già dal giovedì da una delle due sale del Lingotto, quella del potentissimo e suggestivo sound system di Stone Island. La percezione era infatti quella di trovarsi da qualsiasi parte del mondo, non necessariamente in Italia.
Ciò anche grazie a una line up ambiziosa e poco incline al compromesso che ha dato spazio senza timidezzaq alle velleità di Mica Levi e Dean Blunt che hanno fatto lo stesso set che avrebbero fatto in un piccolo secret show per 200 persone: la prima in una sorta di live noise pop da bedroom accompagnata da chitarra distorta, il secondo in un set dove alternava senza riguardo tracce lo-fi vagamente affini alle produzioni che lo hanno reso personaggio di culto a impensabili classici del metal, partendo dai Metallica e i Pantera arrivando fino ai Deftones. Un’altalena emotiva che passando per la risposta gen Z alle sbandate electro Crystal Castles degli Snow Strippers e la freschissima, e la più rassicurante, Yaeji ha poi portato alla chiusura molto amarcord di KODE9 in un commovente set/narrazione dei vent’anni di Hyperdub e dintorni e un accomodamento verso la cara vecchia/nuova tendenza hard techno dell’assedio finale di Gabber Eleganza in b2b con Bill Kouligas di PAN.
Basterebbe questo giovedì per dare una chiave di lettura al tipo di proposta di C2C oggi, ma con le scelte pomeridiane o post-pomeridiane del weekend se ne coglie meglio l’essenza (come già nelle ultime due edizioni e anche grazie a un’area food molto curata e per qualità dei prodotti superiore alla media per decomprimere e riprendere energie): la lectio magistrale ambient di Kali Malone, l’ibrido art-pop dal retrogusto latino di Mabe Fratti, un guru del rap più nebbioso e conscious di New York come billy woods, e due preziosi ritorni da weekend a teatro, come quello della conturbante Nala Sinephro e dell’infallibile Shabaka nel suo nuovo progetto al flauto.
Basterebbe un mini-bill del genere per fare un festival, se consideriamo il valore degli ultimi album di questi act appena menzionati, ma ovviamente i “big” ammesso che si possa rintracciare in questa edizione un nome che in Italia ha il peso di un comodo headliner riempisala sono altri e sono per lo più dei ritorni: Arca che ha fatto Arca nel live set che ha portato negli ultimi mesi in giro per il mondo, i Darkside di Nicolas Jaar e Dave Harrington che hanno fatto i Darkside, i Bicep che a dispetto di quanto accade o accadeva spesso quando certi nomi venivano da queste parti, non si preoccupano o non si accorgono di essere in Italia proponendo un set tutt’altro che furbo o da big room, certamente aiutato da un armamentario visuale non da poco, esaltato dallo stage e dalla struttura della sala principale (dove sabato hanno chiuso a sorpresa gli ormai resident two shell, per la gioia delle migliaia di britannici presenti).
Romy e Sofia Kourtesis non sono riuscite del tutto a essere all’altezza di quel tipo di room, ma il pubblico ha apprezzato molto e nel clima di generale chill e vivibilità che caratterizza C2C malgrado i numeri, come si dice in questi casi l’hanno portata anche loro due agevolmente a casa. Era meno facile per Sega Bodega stretto tra gli act più artsy del pre-serata e quello che sarebbe successo dopo (situazione simile a quella della talentuosa John Glacier sull’altro palco, accolta con un entusiasmo che in Italia sarebbe difficile rintracciare altrove) di lui eppure ha ammaliato la platea in una perfetta alternanza, alla sua maniera, di emo-ballad frantumacuori e frizzanti esplosioni latin. Quando si hanno i brani, si supera tutto in scioltezza, in fondo. Ed era ancora meno facile per l’unico act italiano in orario non da apertura, anzi tutt’altro, come Mace. Instancabile frequentatore di club e festival, assurto con merito a volto noto del pop italiano, ha portato il suo set Voodoo People in main room per un pubblico, come detto sopra, solo per 2/3 italiano (e forse ancora meno a una certa ora). E con in contemporanea un altro dei momenti C2C è stato CLUB TO CLUB, regalando una delle nottate migliori della storia di Club to Club (chi scrive, però, si è perso la prima dozzina, quindi diciamo più correttamente dell’ultimo decennio).
Nascosta dalla struttura elusiva e senza visual del palco Stone Island (non fa notizia, ma a livello di light design, sound e palchi, tutto sempre come dovrebbe sempre e ovunque essere) finalmente insieme in Italia, il venerdì, per un set di quasi cinque ore la triade Hessle Audio al completo, i tre tenori del sound UK dell’ultimo decennio e passa, Pearson Sound, Pangaea e Ben Ufo, in grado di portare al Lingotto il meglio di chi è cresciuto e continua a vivere le sue migliori serate underground in giro per il mondo annichilito da quell’attitudine e da quelle basse. Prima di loro la promettente producer inglese Amaliah e l’ubriacante set dagli echi latin di Olof Dreijer (sì, uno dei due The Knife). Il clubbing è stato clubbing anche di sabato con una menzione d’onore ad altri due nomi italiani che in B2B hanno mostrato quell’attitudine UK che talvolta nemmeno gli inglesi riescono a sprigionare in determinate situazioni. Stiamo parlando dei due co-fondatori di Gang of Ducks, XIII e Sabla che hanno regalato uno dei migliori set del weekend prima degli scenari post-dub di John T. Gast e delle sferzate più classic di Delroy Edwards.
La chiusura molto contemporanea, è stata affidata invece alle travolgenti e ossessionanti ritmiche del set di uno dei nomi del momento, il fondatore della colombiana TraTraTraax Verraco prima dell’estasi di trance e hyperpop di A.G. Cook che inevitabilmente hanno riportato alla memoria, per suggestioni, reazioni e percezioni condivise quello di Sophie del 2019.
C
Sono anche queste connessioni a costruire l’identità di un festival che racconta e si racconta da ormai ventidue edizioni molto più delle dinamiche legate a determinate scelte musicali che ne escludono altre. Il claim di questa edizione “Living With The Gods: On Beliefs and People” non a caso si rifà al saggio di Neil MacGregor che a partire dalla storia del mondo in 100 oggetti prova a definire come l’esistenza umana nelle sue credenze e visioni sia parte di un’identità condivisa attraverso le storie e le creazioni che ogni singolo individuo e realtà costruisce per dare forma alle singole esistenze.
Non è solo un discorso di line-up, anche se con una buona identità o rappresentazione della stessa chi è sul pezzo sa benissimo se è un nome è o meno “da Club To Club” prima ancora dell’annuncio della programmazione dell’edizione successiva.
Ancora prima di immaginare dei manifesti programmatici o di porsi obiettivi altisonanti con determinate strategie di marketing, riuscire a leggere e decifrare quanto lega e connette le identità di chi si riconosce in un evento di dimensioni più o meno grandi, per pianificare un certo tipo di esperienza, rappresenta oggi più che mai il fattore decisivo per organizzare con lungimiranza un evento come questo.
E, come conferma il comunicato finale, C2C in questo è già impegnato nella preparazione della prossima edizione, “accogliendo con entusiasmo nuovi spunti per continuare a creare meraviglia”.
e
Credits fotografici: LLumcollettivo e Kimberley Ross