Share This Article
“Nella natura vuota dei simboli appassiti“ è il nuovo album di Carlot-ta, nome d’arte di Carlotta Sillano, in uscita venerdì 15 novembre per Incipit records/Egea. Per l’autrice e compositrice nata nel 1990 a Vercelli, si tratta del primo album in italiano, prodotto da Taketo Gohara (Vinicio Capossela, Mauro Pagani, Elisa, Verdena, per fare alcuni nomi) ed é stato registrato tra Islanda e Italia, con la produzione elettronica di Corgiat e la partecipazione di Alessandro “Asso” Stefana (organo Vox, chitarre), Paolo Pasqualin (percussioni), Cecilia Lasagno (arpa), Christopher Ghidoni (voci) e il quartetto Edodea arrangiato e diretto da Stefano Nanni.
Carlot-ta oltre a cantare e scrivere ha suonato pianoforte, tastiere, synth, chitarra in queste 10 conturbanti tracce sui temi della natura, della conoscenza e della memoria. Un chamber pop oscuro ed elegante, di matrice folk ma fortemente votato all’elettronica, si nutre di pianoforti, tastiere, synth, archi, organi e percussioni. Liriche complesse ma vivide descrivono un immaginario fuori dal tempo che si compone di spazi aperti (montagne sacre, laghi artificiali, giardini rinascimentali), simbolici (monumenti, icone, wunderkammer) e privati (gli oggetti, il ricordo e il pensiero).
Per entrare in questa “natura vuota dei simboli appassiti”, Carlot-ta si è racconta attraverso 7 fonti di ispirazione, come da nostro format.
Mnemotecniche
Questo disco colleziona moltissimi dispositivi, strategie, oggetti capaci di fermare il tempo: wunderkammer, rovine, monumenti, icone. Li interroga nel loro ruolo ed efficacia nell’epoca in cui tendiamo ad affidare il ricordo alla tecnologia e li usa come pretesto per pensare alla realtà.
Megastrutture
Niente mi procura un senso di sublime terrore quanto questi oggetti giganteschi. Nel disco un brano è dedicato alle dighe ad arco-gravità e ai paesaggi artificiali che sono in grado di generare.
Tastiere
In questo disco ci sono tantissimi strumenti a tastiera, di ogni epoca – spinette, synth, organi, pianoforti preparati, pianoforti normali, pianoforti elettrici. Niente mi diverte quanto suonare le tastiere. Per altro, noto che se scrivi o pensi la parola “tastiere” quattro volte di seguito l’effetto è straniante. Tastiere.
“Foreign Affair“
Volendo inserire una canzone in questo elenco di 7 cose, ho scelto Foreign Affair di Mike Oldfield. L’ho ascoltata per caso in radio un paio di anni fa ed è diventata una vera ossessione. Pur trattandosi di una canzone estremamente “leggera” (quella che ho scoperto essere stata una grande hit in passato) è capace di evocare spazi lontani, quasi digitali, che non so descrivere e che mi sospendono.
“Moderata Fonte“
Forse non vale, perchè è il titolo del brano che apre il disco. Ma prima di questo è lo pseudonimo della poetessa cinquecentesca Modesta Pozzo de’Zorzi. Questa arguta analogia nella scelta del nome de plume mi ha lasciata di stucco e l’ha resa la musa da invocare all’inizio dell’album.
Cattedrale di Delft
Ci sono alcuni luoghi nominati o evocati in queste canzoni. Per esempio la città di Pyramiden nelle isole Svalbard, il lago del Moncenisio o la cattedrale di Delft, dove mi si è parato dinanzi un pannello illustrativo con la grande scritta “Furia iconoclasta”, che ha poi ispirato l’omonimo brano.
Climi caldi
Detesto i climi caldi ma incredibilmente mi piacciono spesso canzoni che parlano di spiagge solitarie, deserti aridi e paesaggi di questa guisa, come la suddetta Foreign Affair, Summer on a Solitary beach, La isla bonita, A horse with no name, per citare alcune super-hit. La prima canzone che ho scritto di quelle che fanno parte di questo album è “Vanitas”, che pure suona abbastanza algida ma che invece descrive un’apocalisse di calore. Il primo verso di Vanitas dà il titolo all’album: “Nella natura vuota dei simboli appassiti”.