Trentemøller, Alcatraz, Milano, 8 novembre 2024
Perso il primo brano per colpa di uno sciopero dei mezzi milanesi che ha creato più traffico del solito, entro in un Alcatraz con il palco girato per il lato lungo e gremito (anche se non sold out) di persone.
Anders Trentemøller sul palco dietro a tastiere e synth con ‘Behind my eyes’ sta innestando quella sensazione di ultraterreno che ammalierà tutta la performance.
Disa Jakobs alla voce riesce a introdurci nella nebbia sonora intessuta da Silas Tinglef (batteria), Brian Batz (chitarra) e Jacob Haubjerg (basso).
Paesaggi sonori velati, ritmi pulsanti e melodie eteree passando per i suoi riferimenti musicali che non esita a mostrare: Cure, Joy Division e Slowdive.
Il mix di elettronica dark e linee di synth esplosive taglia l’aria, creando un’esaltazione ipnotica che travolge il pubblico concentrato su ogni singolo passaggio.
I visual proiettati alle spalle della band sono un caleidoscopio di colori e motivi astratti, complementari alla musica, rendendo l’esperienza immersiva.
La set list ha visto un mix di brani classici e materiale più recente dal suo ultimo album, Dreamweaver. La folla è esplosa in applausi quando ha lanciato brani iconici come ‘Moan’ e la delicata ‘Miss you’.
Menzione speciale per la chicca ‘No more kissing in the rain’ aggiunta all’ultimo per assecondare un fan che l’aveva richiesta all’artista danese prima del concerto, un bel gesto ‘umano’ e una sorpresa nonché un piacere sentirla live.
Trentemøller è la testimonianza del talento come produttore e performer, molto comunicativo ed espressivo, parte dello show che va ben al di là del mero esecutore. La capacità di creare un’esperienza così potente ed emozionante è davvero impressionante.
“Niente fuori posto, brani solidi, tutto perfetto”, ho poi scritto ad un’amica una volta tornato a casa: mi è sembrato un modo per rendere bene l’idea di cosa sia accaduto all’Alcatraz di Milano l’otto novembre duemilaventiquattro.