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The trainer, sceneggiato da Vito Schnabel, che è andato a risvegliare la creativa follia del regista Tony Kaye (uno dei più grandi registi di spot pubblicitari del mondo), è un film Helzapoppin, cioè a dire: teatro dell’assurdo al limite del nonsense; oggi accompagnato anche da tutta la tecnologia di immagini ed effetti speciali (di un gruppo interdisciplinare chiamato Blackball), ormai più che popolari per la cultura di massa: video-art, body-art, post-modern art, in senso lato.
Ed è un successo travolgente, zeppo di dialoghi sulle immagini psichedeliche ed ossessive che non danno tregua alla storia. Innovativo e profetico sotto la spinta come attore dello stesso vitalissimo Vito Schnabel (mercante d’arte, artista, figlio di Julian, noto pittore e regista e) e con la partecipazione di Tony Kaye nel ruolo di un urug (guru), che scambia il ruolo con il protagonista e, visto alla Festa del Cinema, è esattamente così: un allucinato santone pieno di capelli e barba lunghissimi, vestito solo di pelle grezza.
Ma in questo film visionario e bello visivamente non mancano nemmeno i contenuti, che sono poi anche loro molto attuali, se non futuribili. In questo mondo di manipolazioni e menzogne qual è la verità? Nell’epoca della civiltà delle immagini esiste solo l’ipocrisia dello showbiz per alimentare i consumi di cose inutili. E poi ancora il sogno americano (l’american dream), al quale non crede ormai più nessuno, ma realizzato dal cinema libero indi, tra il grottesco ed il surreale, assume un valore critico e liberatorio.
Jack Flex, esperto di fitness e palestrato egli stesso, vive ancora con la mamma (l’attrice nota anni fa Beverly D’Angelo) a Los Angeles ed ha come amico consigliere Steven Van Zandt (musicista fra l’altro della band di Bruce Springstein). Jack è un inventore assetato di fama ed ha brevettato un cappello pesante, un cappello pop astrale, con pesi d’acciaio incorporati sui dodici chilogrammi, che rinforza i muscoli del collo e permette di allenarsi senza palestra.
Viene chiamato per essere visionato da un noto canale di televendite per presentare il suo prodotto. Jack cercherà, dopo aver conquistato l’amore della centralinista della rete televisiva (l’italiana Giulia Volpe detta Fox), con una serie naif ed arruffata di bluff, di avere la partecipazione alla sua presentazione di alcune celebrità, che ossessiona in ogni modo e dalle quali viene rigettato come un fastidioso millantatore, complicando comunque la situazione con le sue compulsive e mirabolanti bugie.
Pazzoide ma razionale, Jack, insisterà nella sua ricerca di notorietà da self-made-man, accompagnato da una estetica artistica nuova e sofisticata, un complesso di suoni, colori, grafica ed effetti speciali, che concede più visionarietà a quel suo prezioso personaggio, sempre sotto la ripresa in diretta, alternati a raggi luminosi e radiazioni che irradiano dal cappello, con un montaggio stretto e fuori degli schemi, che poi sono la cifra dei video pubblicità dello stesso Kayne e della sua troupe.
Le parti più divertenti sono quelle in cui Jack Flex perseguita Lenny Kravitz (musicista), Paris Hilton (attrice), John Mc Enroe (tennista), Gus Van Sant (regista), Bella Thorne (influencer e cantante) ed altri personaggi notissimi della scena mondiale, entrando nella loro intimità con telefonate e blitz sul lavoro, creando sempre situazioni incresciose. Ed anche quando si propone agli scettici manager, produttori e presentatori dello show, senza sapere cosa dire sul suo prototipo e senza avere prodotti finiti da vendere, se per caso ci fossero delle richieste.
Travolgendo in questa sarabanda, la madre, il marito, la centralinista innamorata, la Ceo della stazione di televendite (la brava Gena Gershon) e la spigliata presentatrice. Il bello è che come persona fuori degli schemi e quindi molto libera ed anticonvenzionale la sua presentazione sarà un successo diventando famoso.
Belle le musiche del film (consigliate dai tanti musicisti presenti), che hanno anche allietato piacevolmente il lunghissimo finale dei titoli di coda, in cui si alternano i complimenti degli interpreti (la Paris Hilton richiederà un casco rosa) a quelli di tutti gli americani per la scoperta di Jack, che si accompagnano ai milioni di like e di dollari guadagnati. Una simpatica presa in giro della grande illusione dell’American dream.
art a part of cult(ure) è il magazine online nato con l’intento di promuovere, diffondere, valorizzare l’arte contemporanea e più in generale la complessità della cultura nelle sue molteplici manifestazioni.
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