Dice Consequence che in un giorno del 2024 è stata pubblicata più musica che in tutto il 1989. Non stento a crederlo. Però è davvero pazzesco: conosciamo il rischio di tutta questa produzione sterminata: un rumore di fondo che si aggiunge al rumore di fondo già presente nelle nostre vite fatte di notifiche e scroll, un mondo che ci cannibalizza l’attenzione per succhiare via la nostra capacità di concentrazione. Tutta questa musica può rischiare di essere mero music-tainment: oddio la musica è per definizione intrattenimento ma per noi è anche una cosa seria. Per evitare dunque che tutto questo possa essere solo un confuso suono di sottofondo, le classifiche di fine anno sono un bel modo di (cercare) di arrivare ad una sintesi, di mettere un punto fermo, un qualcosa su cui basarsi il prossimo anno. Una sicurezza.
Riuscire quindi ad identificare solo 10 brani dal mare magnum della produzione musicale odierna è una bella sfida. Ma anche quest’anno ce l’abbiamo fatta, grazie a una votazione che si sostanzia per livelli successivi come se fossero tre turni in cabina elettorale. Ne fuoriesce una classifica come sempre, crediamo, sia contemporanea che kalporziana, se mi riesco a spiegare.
Più sotto trovate la compilation su Spotify con tutte le songs entrate in nomination, per 2 ore e 45 minuti di ascolto vario e che ci rappresenta molto.
1. Cindy Lee, “Kingdom Come”
Scrivere di “Kingdom Come” come il brano che in un disco normale – ovvero che segue la norma, cosa che di certo non è successo in questo caso specifico – sarebbe probabilmente stato scelto come uno dei singoli di anteprima è un gesto di una violenza sottile che non ho intenzione di fare. Quello che mi importa fare è invece utilizzare questo pezzo, questo disco per riflettere su una domanda: a che punto siamo arrivati? – utilizzo un “noi” inteso in senso generazionale, culturale, quella nicchia di persone che dall’adolescenza in poi si è sempre sentita parte di una piccolissima minoranza mal coagulata e forse coagulata soltanto per razione allo scorrere del tempo e all’accadere delle cose in una direzione che raramente è quella che stavamo percorrendo. A noi – pochissimi, i soliti, sempre noi, in fondo ci si conosce tutti – il disco di Cindy Lee, di cui “Kingdom Come” è solo uno dei tanti momenti memorabili nel corso della sua durata, sembra arrivare come un regalo inaspettato, una umile ma ispirata celebrazione di quel piccolo mondo che per noi era, e non è più, la musica indipendente. O almeno, quel tipo di musica, quel modo di fare arte e fare musica e frequentarla e fruirne che adesso non si vede quasi più da nessuna parte. Un disco superstite, mi verrebbe quasi da dire. Non è forse solo di questo che si tratta, quando si sente cantare “The other day I could have sworn I heard you call my name. All through the melodies of yesterday, ’Til kingdom come”?
2. Jessica Pratt, “Get Your Head Out”
Siamo soliti ascoltare la voce ipnotica e suadente di Jessica Pratt accompagnata solamente da una chitarra acustica o da un pianoforte immersi in una coltre di nebbia. Se in “Here in the Pitch”, il suo ultimo disco, pubblicato a maggio, questo tipo di atmosfere continuano a essere preponderanti, tali panorami sonori pulviscolari e misteriosi ampliano ulteriormente la loro densità e profondità in pezzi stratificati e ammalianti come “Get Your Head Out”, dove a un ritmo ossessivo e incalzante creato dalla chitarra si accompagna la voce alienante e sussurrata di Pratt, che insieme agli strumenti crea una melodia che sembra provenire da un tempo lontano, indistinto e selvaggio. Come altri brani del disco, anche questo sembra dar vita a un circolo potenzialmente infinito e ammaliante. «Get your head out, start your way up / Cut along a seam of life / There’s just no time to say how / Our spirit’s high», canta Pratt con tono soffuso, cercando di prolungare questo inquietante incantesimo.
3. Mabe Fratti, “Oidon”
Due anni dopo il primo LP, che già abbastanza clamore aveva destato in Europa, il ritorno di Mabe Fratti ha certamente smosso ancora più ascoltatori. La violoncellista e polistrumentista di base a Città del Messico si adagia su una formula più affine al pop, che le ha fatto conquistare spazi in alcuni dei festival più in vista anche in Italia. Al netto di tutto, anche a questo giro ci ha convinti: la qualità, al netto della forma, rimane immutata.
4. Charli XCX, “365”
Impossibile confonderla, immediatamente riconoscibile, straordinariamente brava a cavalcare l’hype, nel giusto equilibrio tra uno sguardo in avanti e un’occhiata indietro, Charli XCX non ha sbagliato nemmeno questa volta. E, dopo aver vinto anche gli Awards Album di quest’anno qui a Kalporz, piazza ben due brani in questa classifica. Questo è il primo.
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5. Arooj Aftab, “Last Night Reprise”
Nei dischi di Arooj Aftab la tradizione viene ibridata con il “qui e ora” dell’oggi. Non è quindi un caso che brani di album precedenti ritornino spesso in quelli successivi in una nuova veste: in “Vulture Prince” (2021) ricompariva con un nuovo arrangiamento (che alla fine era quello originale) un pezzo del suo esordio “Bird Under Water” (2014): “Baghon Main” (pubblicato sette anni prima con il titolo “Baghon Main Pade Jhoole”).
In “Night Reign” (uscito quest’anno) l’artista rivisita, invece, “Last Night” di “Vulture Prince” e insieme a diversi ospiti – Maeve Gilchrist all’arpa, Cautious Clay al flauto, Kaki King alla chitarra ed Elvis Costello al Wurlitzer – il brano rinasce dalle proprie ceneri e diventa un’araba fenice notturna e jazzata: “Last Night Reprise”.
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6. Vampire Weekend, “Mary Boone”
Lo sappiamo come funziona la scrittura di Ezra Koenig, no? Ecco. Allora che cos’è questa “Mary Boone”, canzone intitolata come una delle galleriste più importanti dell’arte contemporanea a New York finita in disgrazia per grossi guai con il fisco, se non un’ode alle cose che finiscono, che non possono accadere di nuovo, e che rimangono dentro di noi in qualche posto caldo del cuore? Nel loro disco della maturità – l’ennesimo loro disco della maturità, a dire il vero, visto che ci ritroviamo qui ad ogni uscita a ripeterci, sorpresi della nostra stessa sorpresa, “che band grandiosa” – i Vampire Weekend riescono in quello che riesce solo ai grandi, ovvero continuare a trasformarsi pur rimanendo inconfondibilmente loro stessi. A guardare indietro con una nostalgia che non è intrisa di tristezza, anzi è fertile e serve a guardarsi allo specchio e riuscire comunque a riconoscersi, nonostante il tempo che passa.
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7. MJ Lenderman, “Wristwatch”
“Manning Fireworks”, il disco della maturità di MJ Lenderman, che segna la sua definitiva affermazione nel panorama cantautorale folk-rock contemporaneo, presenta numerosi episodi memorabili che si intersecano e si susseguono magistralmente costruendo un album poderoso e potente. “Wristwatch”, che ne è uno dei momenti chiave, è un rock torrido e gelatinoso che si irradia dalle acide pennate della chitarra elettrica e dalla voce levigata di Lenderman che mette a nudo tutte le ridicolezze e vacuità dei machos di questa fase storica spesso contraddistinta da superficialità e ipocrisie. Il ricco e arrogante self-made man con una «beach home up in Buffalo» e una «houseboat docked at the Himbo Dome» nel momento stesso in cui si vanta della sua «funny face» che gli procura denaro non si rende per nulla conto della sua irrilevanza.
8. Kendrick Lamar, “Not Like Us”
Kendrick Lamar, dopo il beef con Drake che ha sconvolto il web, sembra aver recuperato quella affilata anima da West Coast che più di dieci anni fa l’aveva lanciato come rapper più promettente del pianeta. E una canzone come “Not Like Us” lo dimostra.
9. Charli XCX, “Girl, so confusing”
E questo è il secondo brano di Charli.
10. The Waeve, “Druantia”
Coxon deve essersi ispirato il troppo presto dimenticato Chris Squire per questo giro di basso che tiene su il brano come delle solide fondamenta su cui si sviluppano muri di sax e chitarre e organi hammond avviluppati insieme, mentre la batteria nervosa ticchetta le voci di Dougall/Coxon che si stagliano lontano, in un’altra galassia (o in un’epoca druidica).
La playlist completa (2h e 45 minuti di bella musica):
La storia delle classifiche kalporziane delle canzoni
Best Songs 2023 | Kalporz Awards
Best Songs 2022 | Kalporz Awards
KALPORZ AWARDS – The 20 Best Songs of 2019
KALPORZ AWARDS – The 20 Best Songs of 2018
KALPORZ AWARDS – The 20 Best Songs of 2017
Kalporz Awards Songs – Top 7 Best Songs of 2016