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Si intitola “TO ALL THE LOST SOULS”, l’album di debutto di Guinevere, uscito il 29 novembre su La Tempesta.
Con l’EP del 2023 “Running In Circles” (La Tempesta) l’artista e compositrice aveva attirato l’attenzione degli ascoltatori più curiosi e della critica, affermandosi come uno dei talenti più interessanti della scena indipendente italiana grazie a un folk ibridato da contaminazione jazzy, rock e classiche. Dopo aver aperto nel suo primo tour ad artisti del calibro do Bon Iver, Kings of Convenience, Japanese Breakfast, Erika de Casier, per fare alcuni nomi, in “To All The Lost Souls”, Guinevere conferma e amplifica le sue ambizioni. “To All The Lost Souls” si presenta come uno schermo infinito, su cui scorrono vecchie pellicole di memoria, una finestra che si affaccia su un diario aperto. È traccia degli anni in cui l’artista ha lottato contro la depressione, affrontando una serie di temi profondi prima di riuscire a ritrovare la luce. “To All The Lost Souls” è anche una dedica ad Andrea, caro amico di Guinevere, che si è tolto la vita nel settembre del 2019 e che rappresenta il motore emotivo dell’intero progetto.
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Per farci addentrare nel suo immaginario, Guinevere si è raccontata attraverso 7 ispirazioni che ne hanno forgiato il background artistico e musicale.
1. Divano
La maggior parte dei brani di TO ALL THE LOST SOULS sono stati scritti sul divano. Generational Fear è nata lì (“Please pack your things, go away for a while / ‘Cause I just want to lay here”), così come I Need A Glass Of Water e Restless Fleshes.
Terra di mezzo tra letto e quotidianità, per me il divano è stato un luogo-buco nero in cui rifugiarmi, una calamita da cui era davvero difficile staccarsi nei cinque anni in cui ho sofferto di depressione.
2. Sogni
Molte delle idee che finiscono nei miei brani, o nell’immaginario che li circonda, arrivano dai sogni che faccio.
Unravel mi è arrivata in sogno, così come il suo video musicale. Ho sognato alcuni degli arrangiamenti e alcune strutture dei brani. In generale, la notte è per me (purtroppo o per fortuna) un momento della giornata in cui rielaboro moltissime idee creative: le metto in ordine, ne catturo di nuove e le trasformo nei miei lavori.
Non è sempre facile svegliarsi e ricordare tutto, ma quando accade, è pura magia.
3. Voci bianche
In I Need A Glass Of Water c’è un punto in cui indago l’origine del mio malessere parlando alla me bambina (When did it start to hurt so much? / It’s inside now, and I drown / Do my wounds go back to you?).
Ho fatto cantare questa parte a un coro di voci bianche, otto meravigliose bambine.
In realtà, inizialmente non avevo collegato le due cose; ci ho trovato un senso in un secondo momento. Ho avuto la chiara sensazione che dovesse esserci un coro lì, luminoso come solo le anime dei bambini sanno essere.
Così, con l’aiuto di Vincenzo Parisi, abbiamo trovato il coro di voci bianche della Scuola Primaria e Secondaria Gandino Guidi di Bologna, diretto dalla meravigliosa Susanna Rossi, che ha dato vita a un mio piccolo grande sogno.
Avere le bambine in studio è stata un’emozione incredibile che non dimenticherò mai.
4. Amici
“TO ALL THE LOST SOULS” ha dentro tutto di me, anche i miei amici.
Non sono solo qua e là nascosti tra le parole dei testi, ci sono anche le loro voci! In “Be Like A Spider – She Said” ho chiesto a Claudia Gianangeli – una delle mie più care amiche – di venire in studio.
Volevo ricreare il momento in cui il brano è stato scritto: io e lei in spiaggia, Claudia sussurrava una melodia e io ci cantavo sopra.
A fine brano, invece, c’è proprio un coro di amici, gli stessi che hanno cantato con me (e con Andrea) in “Per Andrea, Per Sempre”. Avere tutti loro in studio e creare uno spazio nostro, protetto, dove poterci sentire vicini è stato fortissimo, ricordo ancora le lacrime, le emozioni, i sorrisi, noi in cerchio che ci tenevamo strette le mani.
5. Cernusco Lombardone
Se mi avessero detto che avrei passato tutta l’estate a Cernusco Lombardone non ci avrei mai creduto, eppure così è stato.
Ebbene signore e signori, Cernusco Lombardone non offre solo una gran bella vista sulla Pianura Padana e lo smog milanese, non vanta soltanto delle ottime osterie in cui spendere il giusto e mangiare benissimo, non è solo il mistico incontro tra due stazioni (Merate e Cernusco Lombardone): è soprattutto il luogo in cui risiede il Turangalîla Recording Studio di Simone Coen, che ha accolto me, Damon Arabsolgar e Giacomo Carlone in una calda, intensa estate fatta di registrazioni, corse, folli imprese di reverse-engineering e pause gelato.
È anche il luogo in cui, con lo stesso Simone al comando della scialuppa, abbiamo iniziato, portato avanti e concluso i mix del disco.
Un luogo in cui mai mi sarei immaginata di passare così tanto tempo, eppure è diventato un po’ casa e mi manca già moltissimo.
6. I 4 Arcangeli Maggiori: Damon Arabsolgar, Riccardo Carugati, Simone Coen e Giacomo Carlone
Questo disco è stato un parto cesareo di 15 gemelli in posizione podalica: doloroso, complesso e travagliato. Ci sono state un paio di occasioni in cui ero sul punto di mollare per davvero, ma sono stata circondata da angeli che mi hanno tenuto la mano dandomi la forza di cui avevo bisogno per proseguire con il lavoro e continuare a crederci.
Ma tra questi angeli (che sono tanti) ci sono senz’altro 4 Arcangeli Maggiori: Damon Arabsolgar, Riccardo Carugati, Giacomo Carlone e Simone Coen.
Senza questi quattro santi io non avrei pubblicato questo disco, non sto scherzando.
Damon Arabsolgar ha rinunciato alla sua estate per aiutarmi nella seconda parte della produzione e seguire tutte le restanti registrazioni (incluse quelle dei brani che abbiamo deciso di rifare da zero!); Riccardo Carugati mi ha seguito giorno e notte (letteralmente) con gli edit e le comp, ho un’immagine impressa di Riccardo in una piazza a mezzanotte: con una mano smontava il palco dopo un concerto, con l’altra faceva gli stems di Unravel per poter registrare le voci il giorno dopo.
Giacomo Carlone ha un cuore di una grandezza, veridicità e profondità immensa. Anche lui con tutto il suo affetto (e la sua pazienza) ci ha dedicato il suo tempo e le sue competenze fino all’ultimo secondo, per seguire le registrazioni assieme a me e Damon e registrare alcune batterie e percussioni, credendo in questo progetto come fosse il suo.
Infine, last but absolutely not least, Simone Coen. Anima dall’altrettanto enorme cuore, che ci ha aperto le porte del suo studio quando la vita ce ne ha sbattute in faccia cento, mi ha aiutata nel momento in cui avevo più bisogno in assoluto e mi ha seguita in tutti i miei trip di perfezionismo durante il mix senza mai mandarmi a quel paese.
Chiunque avrà la fortuna di incrociare il proprio cammino con uno di questi 4 Arcangeli, sarà una persona molto fortunata.
7. Resilienza
resiliènza s. f. [der. di resiliente]. – 1. Nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d’urto 2. Nella tecnologia dei filati e dei tessuti, l’attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l’aspetto originale. 3. In psicologia, la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, ecc.
Re-si-lien-za. È ciò che questo disco mi ha insegnato ad avere.
Sarà perché il momento dell’uscita dell’album è ancora molto vicino alla sua elaborazione, ma questo ultimo anno e mezzo di duro lavoro è stato una vera e propria palestra, un’università di stress management e problem solving. È stato anche un’enorme opportunità per uscirne più forte, consapevole e sicura.
È stato difficile affrontarlo, ma ora posso dire di avere molto chiaro cosa mi fa bene e cosa no, come voglio registrare un disco, con chi voglio lavorare e con chi no. Ma soprattutto, ho scoperto che sotto un grande strato di insicurezze e fragilità, nascondo una grandissima forza e coraggio. E non è mai facile per me farmi dei complimenti.